La città di Dio

Indice

Demonologia ermetica e cristianesimo

23.1 - Dèi creati dagli uomini secondo Ermes Trismegisto

Nei suoi scritti sostenne una diversa concezione su di loro l'egiziano Ermes denominato Trismegisto.

Apuleio sostiene che non sono dèi ma quando afferma che si trovano in certo modo di mezzo fra dèi e uomini, sicché sembrano indispensabili agli uomini nel rapporto con gli dèi stessi, non disgiunge il loro culto dall'adorazione agli dèi superiori.

Invece l'egiziano sostiene che alcuni dèi sono stati prodotti dal sommo Dio, altri dagli uomini.

Chi ascolta questo discorso come è stato formulato da me, pensa che si parli degli idoli perché sono opere delle mani degli uomini.

Ma il Trismegisto afferma che gli idoli visibili e palpabili sono quasi il corpo degli dèi e che in esso sono presenti come ospiti alcuni spiriti capaci di far del male oppure di soddisfare determinati desideri di coloro dai quali sono loro deferiti gli onori divini e gli omaggi del culto.

Produrre dèi significa secondo lui congiungere mediante una determinata arte gli spiriti invisibili agli oggetti visibili della materia corporea, in modo che siano come corpi animati assoggettati e idoli sottomessi a quegli spiriti; gli uomini avrebbero ricevuto questo grande e stupendo potere di creare dèi.

Citerò le parole dell'Egiziano che sono state tradotte nella nostra lingua: E poiché ci si presenta il discorso sulla comune origine e sorte degli uomini e degli dèi, rifletti, o Asclepio, sullo straordinario potere dell'uomo.

Come il Signore e Padre, cioè Dio l'essere sommo, è creatore degli dèi celesti, così l'uomo è artefice degli dèi che nella loro somiglianza con l'uomo sono conservati nei templi.

E poco dopo soggiunge: L'umanità sempre memore della propria natura e origine persevera nell'imitazione della divinità.

Perciò come il Padre e Signore ha creato eterni gli dèi affinché siano simili a lui, così l'umanità raffigura i suoi dèi nella somiglianza col proprio aspetto.58

A questo punto Asclepio, per il quale soprattutto parlava, lo interruppe con le parole: Parli delle statue o Trismegisto?

Ed egli rispose: Sì, parlo delle statue o Asclepio, e sai tu il motivo per cui ne diffidi?

Parlo delle statue animate che sono pienezza di senso e di spirito, che fanno grandi e meravigliose cose, delle statue che prevedono il futuro e lo preannunziano con gli oracoli, la divinazione, i sogni e molti altri mezzi, che producono le infermità degli uomini e le curano e generano il dolore e la gioia secondo i meriti.

Ignori forse, o Asclepio, che l'Egitto è l'immagine del cielo oppure, e questo è più vero, il muoversi e il calarsi di tutte le cose che sono mosse secondo ordine nel cielo?

E se si deve parlare con maggiore esattezza, il nostro paese è il tempio di tutto il mondo.

E tuttavia poiché è opportuno che il saggio conosca in precedenza tutte le cose, non è conveniente che voi ignoriate la seguente verità: verrà un tempo quando apparirà che gli Egiziani hanno invano con mente devota adorato la divinità mediante una religione zelante e tutto il loro culto sacro sarà reso vano fino a cessare.59

23.2 - Ermes prevede la fine dell'idolatria …

In seguito Ermes sviluppa ampiamente questo argomento, nel quale, come appare, predice il tempo in cui la religione cristiana tanto più efficacemente e liberamente, quanto è più veracemente santa, abbatterà tutte le fallaci finzioni per liberare, con la vera grazia del Salvatore, l'uomo dagli dèi creati dall'uomo e per renderlo sottomesso a quel Dio da cui è stato creato l'uomo.

Ma Ermes, quando predice questi eventi, parla come sostenitore delle mistificazioni dei demoni e non parla esplicitamente della religione cristiana ma fa capire che sarebbero definitivamente eliminati i riti mediante la cui osservanza veniva conservata in Egitto la somiglianza col cielo.

Quindi deplorando tali futuri avvenimenti li previene per così dire con un triste presentimento.

Era uno di quelli, di cui parla l'Apostolo, che pur conoscendo Dio, non gli hanno dato lode e ringraziamento come a Dio ma si sono smarriti nei propri pensieri e si è accecato il loro cuore sciocco, perché ritenendo di esser sapienti sono divenuti stolti e hanno sostituito la gloria del Dio fuori della materia con la raffigurazione dell'uomo soggetto alla materia. ( Rm 1,21-22 )

Si aggiungano gli altri concetti che sarebbe lungo citare.

Ermes infatti esprime secondo verità molte idee sull'unico vero Dio creatore del mondo.

Non so proprio quindi come per l'accecamento del cuore decade al punto da volere che gli uomini siano sottomessi per sempre a dèi che per sua confessione sono stati fatti dagli uomini e deplori che nell'avvenire vengano aboliti quei riti, quasi che ci sia un essere più disgraziato dell'uomo se lo signoreggiano le proprie invenzioni.

Al contrario è più verosimile che nell'adorare dèi che ha prodotto, egli stesso cessi di essere uomo, anziché diventino dèi mediante la sua adorazione esseri che ha prodotto l'uomo.

Avviene infatti più facilmente che l'uomo, sebbene più perfetto, si adegui alle bestie ( Sal 49,13 ) perché non usa l'intelligenza, anziché un'opera dell'uomo sia considerata superiore all'opera di Dio fatta a sua immagine, cioè l'uomo stesso.

Pertanto l'uomo fa defezione da chi lo ha fatto quando fa superiore a sé ciò che egli ha fatto.

23.3 - … ma non si converte

L'egiziano Ermes provava nostalgia per i riti falsi, ingannevoli, funesti e sacrileghi perché sapeva che sarebbe giunto un tempo in cui sarebbero stati aboliti, ma si rattristava da impudente perché da insensato ne era venuto a conoscenza.

Infatti non glielo aveva rivelato lo Spirito Santo come ai santi profeti, i quali, prevedendo questi eventi, dicevano con esultanza: Se l'uomo farà degli dèi, essi non sono dèi, ( Ger 16,20 ) e in un altro passo: Sarà in quel giorno, dice il Signore, e io farò scomparire dalla terra i nomi degli idoli e non se ne avrà il ricordo. ( Zc 13,2 )

E proprio dell'Egitto, per quanto attiene all'argomento, dice il profeta Isaia: E saranno allontanati gli idoli dell'Egitto dal suo territorio e il cuore degli Egiziani proverà lo smarrimento. ( Is 19,1 ) E così via.

Simili ai profeti erano gli individui i quali godevano perché era venuto colui che essi sapevano sarebbe venuto, come Simeone e Anna che riconobbero Gesù appena nato, ( Lc 2,25-38 ) come Elisabetta la quale avvertì che era concepito nello Spirito, ( Lc 1,41-45 ) come Pietro che per rivelazione del Padre dice: Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivo. ( Mt 16,16 )

All'Egiziano invece indicarono che sarebbero venuti i tempi della loro rovina quegli spiriti i quali tremando dissero anche al Signore presente nel mondo: Perché sei venuto a mandarci in rovina prima del tempo? ( Mt 8,29 )

Forse fu per loro un fatto improvviso perché ritenevano che dovesse avvenire, sì ma più tardi, oppure affermavano che era per loro una rovina il fatto che una volta smascherati venivano disprezzati.

E questo era prima del tempo, cioè prima del tempo del giudizio nel quale devono essere puniti assieme anche a tutti gli uomini che sono loro legati.

Parla in tal senso la religione che non inganna e non s'inganna a differenza di Ermes che, sbattuto per così dire di qua e di là da ogni vento di dottrina ( Ef 4,14 ) e mischiando vero e falso, si rattrista che una religione divina possa cessare e poi ammette che è un errore.

24.1 - L'incoerente pensiero di Ermes sulla idolatria magica

Infatti dopo un lungo discorso ritorna sull'argomento per parlare di nuovo degli dèi che sono stati fabbricati dagli uomini.

Ecco le sue parole: Sugli dèi può bastare quanto è stato detto.

Ritorniamo all'uomo e alla sua ragione.

Da questo dono divino l'uomo è stato definito un animale ragionevole.

Sono meno ammirevoli, ma sempre ammirevoli, le cose che sono state dette dell'uomo.

Il fatto appunto che l'uomo è riuscito a scoprire l'essere divino e a crearlo supera la meraviglia delle meraviglie.

Dato dunque che i nostri antenati erravano grandemente perché non conoscevano per fede la nozione degli dèi e non volgevano lo spirito al culto e alla religione divina, scoprirono l'arte di fabbricare dèi.

Una volta scopertala, dalla natura del mondo vi aggiunsero, mescolandola, un'energia vitale conveniente, e poiché non avevano il potere di creare anime, evocarono le anime di demoni o di angeli, le introdussero nelle immagini sacre e nei misteri divini, in modo che per loro mezzo gli idoli potessero ricevere le forze di fare del bene e del male.60

Non saprei se i demoni deporrebbero sotto giuramento nei termini in cui egli ha deposto.

Dice infatti: Dato che i nostri antenati erravano grandemente perché non conoscevano per fede la nozione degli dèi e non volgevano lo spirito al culto e alla religione divina, scoprirono l'arte di fabbricare dèi.

Non si è limitato a dire che erravano un po' nello scoprire l'arte di fabbricare dèi o soltanto che erravano, ma ha aggiunto l'affermazione che erravano grandemente.

Dunque questo grande errore e la mancanza di fede da parte di individui che non volgevano l'animo al culto e alla religione divina scoprirono l'arte di fabbricare dèi.

Eppure quell'uomo sapiente si rattrista perché nell'avvenire a un determinato tempo sarà abolita come religione divina la tecnica umana di fabbricare dèi.

Eppure l'avevano introdotta un grande errore, la mancanza di fede e l'allontanamento dello spirito dal culto religioso.

Puoi osservare che dal potere divino è costretto a manifestare il passato errore dei propri antenati e dal potere diabolico a rattristarsi per la futura pena dei demoni stessi.

Dunque i loro antenati, errando grandemente sulla nozione degli dèi, per mancanza di fede e per allontanamento dello spirito dal culto religioso scoprirono l'arte di fabbricare dèi.

Che meraviglia quindi se quest'arte esecrabile, qualunque cosa abbia fatto mentre era distolta dalla religione divina, viene abolita dalla religione divina, quando la verità corregge l'errore, la fede confuta la mancanza di fede, il ritorno rettifica l'allontanamento?

24.2 - La vera conversione

Ermes si sarebbe potuto limitare a dire che i suoi antenati avevano scoperto l'arte di fabbricare dèi senza indicarne le cause.

Allora sarebbe stato nostro dovere, se intendiamo l'onestà e la religione, di riflettere ed esaminare che non sarebbero giunti all'arte con cui si fabbricano gli dèi se non si fossero allontanati dalla verità, se avessero accettato per fede verità convenienti a Dio, se avessero volto lo spirito al culto e alla religione divina.

E tuttavia se noi dicessimo che cause di tale arte sono un grande errore umano, la mancanza di fede e l'allontanamento dello spirito errante per infedeltà dalla divina religione, sarebbe in certo senso sopportabile la pervicacia di chi resiste alla verità.

Ma nel nostro caso lo stesso individuo esalta sopra ogni altra cosa il potere di questa arte nell'uomo perché con essa gli è stato consentito di fabbricare dèi, si rattrista perché nell'avvenire sarà prescritto anche dalle leggi che siano eliminate tutte le figurazioni di dèi realizzate dagli uomini e tuttavia ad un tempo dichiara apertamente le cause per cui si giunse a questi usi.

Afferma infatti che i propri antenati per grande errore e per mancanza di fede e perché non volgevano lo spirito al culto e religione divina scoprirono l'arte di fabbricare dèi.

E noi che dovremmo dire o piuttosto fare se non ringraziare, per quanto ne siamo capaci, il Signore Dio nostro che ha fatto cessare questi usi con le cause contrarie a quelle per cui erano stati instaurati?

Infatti la via della verità ha abolito ciò che ha instaurato la grandezza dell'errore, la fede ha abolito ciò che ha instaurato la mancanza di fede, il ritorno all'unico vero Dio santo ha abolito ciò che aveva instaurato l'allontanamento dal culto della divina religione.

E questo non soltanto in Egitto, sebbene di esso soltanto ha nostalgia secondo Ermes lo spirito dei demoni, ma in tutta la terra; essa canta al Signore un canto nuovo, come gli Scritti veramente santi e veramente profetici hanno preannunciato con le parole: Cantate al Signore un canto nuovo, cantate al Signore, o paesi tutti della terra. ( Sal 96,1 )

Il titolo di questo salmo è: Quando si edificava la casa dopo la schiavitù.

Si edifica appunto in tutti i paesi della terra come casa per il Signore la città di Dio, che è la santa Chiesa, dopo quella schiavitù con cui i demoni possedevano come prigionieri gli uomini con i quali, dopo che hanno creduto, si edifica la casa come con pietre vive. ( 1 Pt 2,5 )

E l'uomo che fabbricava gli dèi era egualmente posseduto da essi che egli aveva fabbricato, quando adorandoli veniva trasferito nella loro società; società, intendo, non di idoli insensibili ma di accorti demoni.

Gli idoli sono infatti soltanto ciò che dice la Scrittura: Hanno gli occhi e non vedranno, ( Sal 114,5; Sal 135,16 ) e il resto che si doveva dire di materie che, per quanto effigiate con arte, mancano tuttavia di vita e di senso.

Ma gli spiriti immondi costretti a vivere negli idoli da quell'arte esecranda fecero miseramente prigioniera l'anima dei propri adoratori trasferendola nella propria società.

Per questo dice l'Apostolo: Sappiamo che l'idolo non è nulla ma i sacrifici del paganesimo sono offerti ai demoni e non a Dio; non voglio che voi diventiate soci dei demoni. ( 1 Cor 10,20 )

Dopo questa schiavitù in cui gli uomini erano tenuti dagli spiriti maligni, si edifica la casa di Dio in ogni parte della terra.

Da questo ha preso il titolo il salmo in cui si dice: Cantate al Signore un canto nuovo, cantate al Signore tutte le regioni della terra.

Cantate al Signore, benedite il suo nome, di giorno in giorno annunziate la sua salvezza.

Annunziate fra le genti la sua gloria, fra tutti i popoli le sue meraviglie, poiché grande è il Signore e degno di grande lode, terribile su tutti gli dèi, perché tutti gli dèi del paganesimo sono demoni, il Signore al contrario ha creato i cieli. ( Sal 96,1-5 )

24.3 - I dèmoni di Ermes non sono intermediari

Ermes il quale deplorava l'avvento del tempo in cui sarebbero stati aboliti l'idolatria e il dominio dei demoni sugli idolatri, istigato da uno spirito malvagio desiderava che per sempre rimanesse tale schiavitù.

Il salmo invece celebra che dopo di essa verrà edificata una casa in tutte le parti della terra.

Ermes preannunciava questi avvenimenti nel dolore, il profeta nella gioia.

E poiché lo Spirito che prediceva l'evento per mezzo dei santi profeti è vincitore, perfino Ermes fu costretto per una suggestione fuori dell'ordinario ad ammettere che le pratiche, la cui abolizione egli non voleva e deplorava, erano state istituite non da uomini saggi, credenti e religiosi ma da individui caduti in errore, miscredenti e lontani dal culto della religione divina.

E sebbene egli li consideri dèi, tuttavia quando dice che sono stati fabbricati da individui quali noi non dobbiamo essere, lo voglia o no, mostra che non devono essere adorati da individui che sono diversi da quelli da cui sono stati fabbricati e cioè dai saggi, dai credenti e religiosi.

Nello stesso tempo dichiara anche che gli individui che l'hanno fabbricati si sono sobbarcati ad avere dèi che non erano dèi.

È vero appunto il detto del Profeta: Se l'uomo fabbrica gli dèi, essi non sono dèi. ( Ger 16,20 )

Ermes dunque ha considerato dèi simili esseri, dèi di simili individui, costruiti da simili artigiani, ha considerato cioè come dèi costruiti dagli uomini demoni imprigionati negli idoli con le catene delle proprie passioni e mediante non saprei quale arte.

Tuttavia non ha dato loro il potere che ha dato il platonico Apuleio.

Ne abbiamo già parlato abbastanza e abbiamo dimostrato quanto sia sconveniente e assurdo.

Secondo lui sarebbero interpreti e intercessori fra gli dèi che ha creato Dio e fra gli uomini che il medesimo Dio ha creato, portando dalla terra i desideri e riportando dall'alto i favori.

È veramente sciocco credere che gli dèi fabbricati dagli uomini possano di più presso gli dèi creati da Dio che gli uomini creati dal medesimo Dio.

Il demone infatti imprigionato con arte detestabile in un idolo è stato reso un dio dall'uomo ma per quell'uomo e non per ogni uomo.

Di che stampo è questo dio che l'uomo non produrrebbe se non errasse, se non fosse miscredente e non voltasse le spalle al vero Dio?

Dunque non sono intermediari e interpreti fra uomini e dèi i demoni adorati nei templi che mediante non saprei quale arte sono stati inseriti in figurazioni, cioè in idoli visibili, da uomini che con questa arte li hanno resi dèi perché erano caduti in aberrazioni e si erano allontanati dal culto e dalla religione divina.

Inoltre i demoni hanno pessima e abominevole moralità e gli uomini, sebbene in errore, miscredenti e lontani dal culto religioso divino, sono indubbiamente migliori degli dèi che hanno fabbricato con la propria arte.

Rimane dunque che ciò che i demoni possono lo possono come demoni facendo più del male, perché ingannano di più, o col concedere dei supposti favori o col fare apertamente del male, nell'uno e nell'altro caso soltanto se è loro consentito dall'alta e occulta provvidenza di Dio; ma non possono molto negli uomini mediante l'amicizia degli dèi come intermediari fra gli uni e gli altri.

È assolutamente impossibile infatti che siano amici degli dèi buoni, che noi cristiani chiamiamo santi angeli e creature intelligenti della santa abitazione del cielo, siano essi Sedi, Dominazioni, Principati o Poteri, ( Col 1,16 ) perché ne sono tanto lontani per disposizione spirituale come i vizi dalle virtù, la malvagità dalla bontà.

25 - Elevazione spirituale verso gli angeli

Quindi non si deve affatto ricorrere alla benevolenza o beneficenza degli dèi o piuttosto degli angeli buoni attraverso la funzione intermediaria dei demoni ma attraverso la concordanza della buona volontà.

Con essa infatti noi siamo con loro, viviamo con loro e adoriamo con loro il Dio che essi adorano, sebbene non ci sia possibile scorgerli con gli occhi del corpo.

Al contrario noi siamo lontani da loro, non nello spazio ma nella perfezione morale, se siamo infelici per difformità del volere e per debolezza nell'inclinazione al male.

Che non si comunichi con loro non dipende dunque dal fatto che viviamo sulla terra, data la condizione del nostro essere fisico, ma che aspiriamo alle cose della terra per l'impurità del nostro spirito.

Ma quando otteniamo la guarigione in modo da esser come loro, frattanto con la fede ci avviciniamo a loro se crediamo che siamo resi felici da colui dal quale anche essi sono stati resi felici.

26.1 - Il culto dei martiri nel profetismo ermetico

Ma si deve esaminare il significato di alcune parole di Ermes l'egiziano, quando si rammarica per l'avvento di un tempo nel quale sarebbero state abolite dall'Egitto le pratiche che, come egli stesso riconosce, erano state istituite da individui caduti in un grave errore, miscredenti e lontani dal culto della religione divina.

Dice fra l'altro: Allora questa terra, sede santa di luoghi sacri e templi sarà piena di sepolcri e di morti.61

Sembrerebbe quasi che se quelle pratiche non fossero abolite, gli uomini non sarebbero più morti ovvero che i cadaveri si dovessero riporre altrove che sottoterra.

Ovviamente quanto più tempo e giorni fossero trascorsi, tanto maggiore sarebbe stato il numero dei sepolcri a causa del maggior numero dei cadaveri.

Ma, a me sembra, egli si rammarica che le tombe dei nostri martiri sostituiscano i loro templi e luoghi sacri.

Così coloro che leggono con animo empiamente maldisposto verso di noi possono pensare che dai pagani furono venerati gli dèi nei templi, da noi sono venerati i cadaveri nei sepolcri.

Gli uomini miscredenti a causa di una grande cecità vanno a sbattere, per così dire, contro i monti e non vogliono vedere cose che colpiscono la loro vista, al punto da non riflettere che in tutta la letteratura pagana non si trovano o a malapena si trovano dèi che non fossero uomini, ai quali dopo morte furono riservati onori divini.

Tralascio che secondo Varrone tutti i morti sono da loro considerati dèi mani.62

Lo prova mediante i misteri che sono celebrati quasi esclusivamente per i morti.

Fra di essi ricorda gli spettacoli funebri quasi ad indicare che il più grande indizio della divinità è il fatto che abitualmente gli spettacoli si celebrano soltanto in onore delle divinità.

26.2 - Il culto dei morti della tradizione ermetica

Ermes stesso, di cui ora si parla, nel medesimo libro in cui, quasi prevedendo il futuro, afferma con tristezza che allora questa terra, sede santa di luoghi sacri e templi sarà piena di sepolcri e di morti, dichiara che gli dèi dell'Egitto furono uomini morti.

Dopo aver detto infatti che i propri antenati scoprirono l'arte di fabbricare dèi, perché erravano gravemente sulla nozione degli dèi, mancavano di fede e non volgevano l'animo al culto e religione divina, soggiunge: Una volta scopertala, dalla natura del mondo vi aggiunsero, mescolandola, un'energia vitale conveniente, e poiché non avevano il potere di creare anime, evocarono le anime di demoni o di angeli, le introdussero nelle immagini sacre e nei misteri divini in modo che per loro mezzo gli idoli potessero ricevere le forze di fare del bene e del male.

Poi quasi a provarlo con esempi continua con queste parole: Un tuo antenato, o Asclepio, è l'inventore della medicina; a lui è stato dedicato un tempio in un monte della Libia in prossimità della spiaggia dei coccodrilli; in esso giace l'uomo terrestre, cioè il corpo, l'altro, o piuttosto l'intero, se l'uomo intero consiste nella coscienza del vivere, perché più perfetto è tornato al cielo per apprestare anche adesso col proprio potere divino agli uomini infermi tutti gli aiuti che era solito offrire con l'arte della medicina.63

In questo passo ha detto dunque che un uomo morto è adorato come dio nel luogo in cui aveva il sepolcro, ingannandosi e ingannando per quanto riguarda il ritorno in cielo.

Poi soggiunge: Anche Ermes, l'antenato da cui prendo il nome, dimorando nella patria da lui denominata porge il soccorso per la salute a tutti i mortali che provengono da ogni parte.64

Qui si dichiara che Ermes il vecchio, cioè Mercurio, che, a sentir lui, fu suo antenato, visse ad Ermopoli, la città da lui denominata.

Egli dunque afferma che due dèi, Esculapio e Mercurio, furono uomini.

Su Esculapio sono d'accordo Greci e Latini, ma per quanto riguarda Mercurio molti ritengono che non fu un mortale.

Costui comunque lo dichiara suo antenato.

Ma forse, obiettano, sono diversi, sebbene abbiano lo stesso nome.

Non sto a polemizzare se sono diversi o no.

Comunque anche egli, come Esculapio, da uomo fu fatto dio stando alla testimonianza di un uomo celebre presso i suoi connazionali, questo Trismegisto che era anche suo discendente.

26.3 - Iside e gli dèi epomini in Ermes

Soggiunge poi queste parole: Sappiamo che Iside, moglie di Osiride, se è propizia concede molti beni, se è irata fa del male in molti modi.65

In seguito dichiara che di tali caratteristiche sono anche gli dèi che gli uomini producono con l'arte di cui si è parlato.

Fa capire appunto che secondo la sua opinione i demoni provengono dalle anime degli uomini morti, che mediante un'arte scoperta da uomini caduti in grave errore, miscredenti e irreligiosi sono stati chiusi negli idoli, perché coloro che fabbricavano simili dèi non potevano certamente creare le anime.

Dunque dopo il giudizio da me ricordato su Iside, di cui sappiamo che se è irata fa del male in molti modi, soggiunge: Per gli dèi della terra e del mondo è facile andare in collera perché sono prodotti dagli uomini nella mescolanza dall'una e dall'altra natura.

Dall'una e dall'altra natura significa dall'anima e dal corpo, perché in luogo dell'anima si ha il demone, in luogo del corpo l'idolo.

Da ciò deriva, soggiunge, che essi sono considerati i santi viventi e che nelle singole città si venerano le anime di coloro ai quali erano consacrate mentre erano in vita, in modo che siano rette con le loro leggi e chiamate col loro nome.66

Che cosa significa dunque il lamento che la terra di Egitto, sede santa di luoghi sacri e templi, si sarebbe riempita di sepolcri e di morti?

Certamente lo spirito impostore, per la cui suggestione Ermes così parlava, è stato costretto a confessare per suo mezzo che la terra d'Egitto era fin d'allora piena di sepolcri e di morti che gli Egiziani adoravano come dèi.

Ma in lui parlava il dolore dei demoni perché lamentavano che erano ormai vicine le proprie future pene presso le tombe dei santi martiri.

Infatti in molti di questi luoghi rimangono sconvolti, dichiarano il proprio essere e sono estromessi dal possesso del corpo degli uomini.

27.1 - Il culto dei santi nel cristianesimo …

Comunque noi cristiani non istituiamo per i martiri templi, sacerdozio, misteri e sacrifici perché non essi ma il loro Dio è Dio per noi.

Veneriamo, è vero, le loro tombe, in quanto furono uomini di Dio e combatterono fino alla morte fisica per la verità affinché fosse riconosciuta la vera religione nella confutazione delle false dovute alla leggenda.

Se alcuni prima del cristianesimo la pensavano così, stavano zitti per timore.

Nessuno dei fedeli ha però udito mai che il sacerdote in piedi all'altare, anche se eretto sul corpo di un martire a onore e adorazione di Dio, abbia detto nelle preghiere: "Ti offro il sacrificio, o Pietro, o Paolo, o Cipriano".

Sulle loro tombe si offre il sacrificio a Dio che li ha resi uomini e martiri e li ha associati ai suoi angeli nella gloria del cielo.

Quindi con quel rito noi ringraziamo il vero Dio per le loro vittorie, ci sproniamo alla imitazione di tali trionfi invocando l'aiuto di lui nel ridestare il loro ricordo.

Quindi tutti gli atti di venerazione dei devoti nei sepolcri dei martiri sono decoro delle tombe, non misteri o sacrifici a morti come a dèi.

Alcuni vi recano anche il proprio cibo.

I cristiani migliori non lo fanno e in molte regioni non esiste questa usanza.

Tuttavia quelli che lo fanno, dopo averlo collocato vicino, pregano e poi lo portano via per cibarsene e per offrirne anche ai bisognosi e intendono che il cibo venga santificato per loro mediante i meriti dei martiri nel nome del Signore dei martiri.

Chi conosce l'unico sacrificio dei cristiani, che si offre anche sulle tombe, sa che questi non sono sacrifici per i martiri.

27.2 - … è soltanto sprone all'imitazione

Noi dunque non adoriamo i nostri martiri con onori divini o con delitti umani, come fanno i pagani nell'adorare i propri dèi; non offriamo loro sacrifici e non cambiamo le loro dissolutezze in misteri.

Ma torniamo a Iside, moglie di Osiride, dea egiziana, e ai suoi antenati che, stando alla tradizione, furono tutti re.

Mentre sacrificava ai propri antenati, scoperse un seminato di orzo e ne fece conoscere le spighe al re suo marito e al consigliere di lui Mercurio.

Per questo la identificano anche con Cerere.67

Ma coloro che hanno voglia e possibilità di leggere e coloro che hanno già letto ricordino le molte e gravi azioni malvagie di lei che sono state consegnate al ricordo non dai poeti ma dai loro scritti misterici, come scrive Alessandro alla madre Olimpiade dietro rivelazione del sacerdote Leone.

Riflettano quindi a quali uomini morti e in riferimento a quali loro azioni furono istituiti per essi i misteri come a dèi.

Non oserebbero in alcun modo paragonarli, sebbene li considerino dèi, ai nostri santi martiri, sebbene noi non li consideriamo dèi.

Noi non ordiniamo sacerdoti per i nostri martiri e non offriamo loro sacrifici perché è sconveniente, indebito, illecito e dovuto soltanto all'unico Dio.

Non li facciamo divertire con le loro colpe o con spettacoli, nei quali i pagani celebrano le magagne dei propri dèi se, essendo stati uomini, le commisero, oppure celebrano poetici sollazzi di demoni, se non sono stati uomini.

Socrate non avrebbe avuto un dio di questa risma di demoni se avesse avuto Dio; ma forse coloro che vollero eccellere nell'arte di fabbricare dèi avrebbero introdotto in un uomo alieno da quell'arte e inoffensivo un dio di quella specie.

Ma perché continuare? Nessuno, anche se mediocremente saggio, mette in discussione che questi spiriti non si debbano onorare in vista della vita eterna che si avrà dopo la morte.

Ma forse diranno che tutti gli dèi sono buoni e i demoni, alcuni buoni e altri cattivi, e sosterranno che sono da adorarsi quei demoni per mezzo dei quali possiamo raggiungere la vita eternamente felice e che essi ritengono buoni.

L'argomento sarà esaminato nel seguente volume.

Indice

58 Corpus hermet. 2 (Ascl.) 9, 23
59 Ivi 9, 24
60 Corpus hermet. 2 (Ascl.) 13, 37
61 Corpus hermet. 2 (Ascl.) 9, 24; cf. sopra 23.1
62 Varrone, De ling. lat. 5, 144
63 Corpus hermet. 2 (Ascl.) 13, 37
64 Ibid
65 Ibid
66 Ibid
67 Erodoto, 2, 59