La città di Dio

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L'atto creativo di Dio fuori del tempo

4.1 - Dio ha creato il mondo …

Il mondo è il più grande degli esseri visibili, Dio il più grande degli esseri invisibili.

Noi percepiamo l'esistenza del mondo, l'esistenza di Dio la crediamo.

E crediamo che Dio abbia creato il mondo perché nessuno ne può dare la certezza che ne dà Dio stesso.

Dove abbiamo udito la sua voce?

In nessun luogo frattanto così bene come nelle Scritture sante, in cui ha detto un suo Profeta: Nel principio Dio creò il cielo e la terra. ( Gen 1,1 )

Questo Profeta non era presente quando Dio creò il cielo e la terra, ( Pr 8,27 ) ma v'era la sapienza di Dio, mediante la quale furono fatte tutte le cose.

Essa si svela nelle anime sante, forma gli amici di Dio e i Profeti, ( Sap 7,27 ) fa conoscere nel silenzio le opere di lui.

Parlano loro anche gli angeli di Dio che vedono sempre la faccia del Padre ( Mt 18,20 ) e annunziano il suo volere a chi è dovuto.

Uno di essi era il Profeta che ha detto e scritto: In principio Dio creò il cielo e la terra.

Ed egli è teste tanto idoneo a farci credere in Dio appunto perché mediante l'ispirazione divina, con cui conobbe queste verità rivelategli, ha previsto anche tanto tempo prima che si sarebbe avuta la nostra fede.

4.2 - … e l'anima ponendoli nel tempo

Ma perché Dio eterno ha voluto a un certo punto creare il cielo e la terra che prima non aveva creato?

Coloro che pensano così, se intendono che il mondo è eterno senza alcun inizio e che quindi non è stato creato da Dio, sono molto lontani dalla verità e sragionano a causa della funesta malattia della irreligiosità.

A parte le parole della Scrittura, il mondo stesso con l'ordinato divenire e movimento e con la grande bellezza di tutte le cose visibili in certo senso afferma tacitamente che è stato creato e che poteva esser creato soltanto da un Dio di grandezza e bellezza inesprimibile e invisibile.

Altri invece sostengono che il mondo è stato creato da Dio, ma che non ha avuto l'inizio del tempo ma della sua esistenza.

Direbbero con un concetto appena comprensibile che è stato creato nell'eternità.

Costoro, è vero, esprimono una teoria con cui ritengono di difendere Dio da un atto di fatale sconsideratezza.

Non si dovrebbe credere, cioè, che gli sia venuta all'improvviso in mente l'idea, che prima non aveva, di fare il mondo e gli si sia presentata incidentalmente la decisione mai avuta, giacché è del tutto immutabile.

Ma non vedo come questo loro modo di impostare il problema possa avere un fondamento per le altre cose e soprattutto per l'anima.

Se sosterranno infatti che essa è coeterna a Dio, non potranno spiegare in nessun modo come le sia capitata una nuova infelicità che non si ebbe dall'eternità.

Se ribatteranno che dall'eternità ha alternato infelicità e felicità, devono per forza affermare anche che l'alternerà in eterno.

Ne seguirebbe l'assurdo che anche quando si considera felice, proprio per questo non sia felice se prevede che in seguito si avranno la sua infelicità e depravazione.

Se non lo prevede e non pensa di poter divenire depravata e infelice ma eternamente felice, sarebbe felice in base a un falso convincimento.

E non si può dire nulla di più sciocco.

Se poi ritengono che dall'eternità attraverso l'infinita successione dei tempi, ha alternato la infelicità spirituale alla felicità, ma per il tempo che rimane, ormai liberata, non tornerà più alla infelicità, si deve obiettare loro che mai è stata veramente felice, ma che in seguito comincia ad esserlo con una nuova e non passeggera felicità.

Dovranno ammettere che le avviene qualche cosa di inusitato e veramente sublime che mai le era avvenuto in passato dall'eternità.

E se negheranno che Dio comprendeva in un decreto eterno la ragione ideale di questo fatto nuovo, negheranno insieme che egli è l'autore della felicità dell'anima.

Ed è un'affermazione di esecrabile irreligiosità.

Se poi diranno che anche egli con un nuovo decreto ha disposto che per il tempo restante l'anima sia felice in eterno, non saranno in grado di ritenerlo immune da quel divenire che anche essi non ammettono.

Se infine sono d'accordo che l'anima creata nel tempo ma immune da morte per qualsiasi tempo futuro ha, come il numero, un inizio ma non una fine e che sebbene una volta soggetta alla infelicità, qualora ne sarà liberata, non sarà più infelice, non avranno dubbi che ciò si può verificare senza che l'ordinamento divino si ponga nel divenire.

Credano dunque che il mondo ha potuto esser creato nel tempo e che non per questo tuttavia Dio, nel crearlo, ha mutato l'eterno ordinamento del suo volere.

5 - Dio creatore fuori dello spazio e del tempo

Si deve inoltre esaminare che cosa rispondano sullo spazio del mondo costoro i quali sono d'accordo che Dio è il creatore del mondo, ma poi vengono a chiedere a noi che cosa rispondiamo sul tempo del mondo.

Si chiede perché il mondo è stato fatto in questo tempo e non prima; per lo stesso motivo si può chiedere perché è stato fatto nello spazio in cui è e non in un altro.

Essi pensano a infinite estensioni di tempo prima del mondo, perché ritengono che Dio non ha potuto interrompere la propria azione.

Pensino allora anche a infinite estensioni di spazio fuori del mondo perché, se si afferma che in esse l'Onnipotente non poté rimanere inattivo, ne consegue che sono costretti a immaginare con Epicuro infiniti mondi.

La differenza sta soltanto in questo, che, secondo lui, i mondi si generano e dissolvono mediante casuali movimenti di atomi; costoro diranno invece che sono stati prodotti dall'azione di Dio.

L'ipotesi vale se essi affermeranno che Dio non rimane inattivo attraverso la sconfinata immensità degli spazi aperti all'infinito e che questi non possono essere dissolti da causa alcuna, come ammettono anche per il mondo attuale.

Parlo così perché tratto con pensatori i quali ritengono con noi che Dio è immateriale ed è creatore di tutti gli esseri che non sono ciò che egli è.

Per quanto riguarda gli altri è indecoroso ammetterli a questo discorso sulla religione, soprattutto perché anche secondo coloro i quali affermano che si deve il culto dei sacrifici a molti dèi, i filosofi spiritualisti hanno superato gli altri per insigne autorevolezza, non per altro motivo che, per quanto ancora da lontano, sono comunque più vicini degli altri alla verità.

Essi considerano l'essere di Dio come non circoscritto, non determinato, non esteso nello spazio, ma sono d'accordo, come è giusto che Dio si concepisca, che è tutto in ogni spazio con presenza immateriale.

Non potranno sostenere dunque che è assente dagli infiniti spazi fuori del mondo e che è limitato al solo spazio in cui è il mondo, che è molto piccolo in confronto di quell'infinità.

Non penso che arriveranno a discorsi così insensati.

Essi affermano che un solo mondo finito, per quanto di enorme estensione e limitato nel suo spazio, è stato prodotto dall'azione di Dio.

Dunque la risposta che danno degli infiniti spazi fuori del mondo sul motivo per cui Dio in essi non agisce, la diano anche degli infiniti tempi prima del mondo sul motivo per cui Dio in essi si astenne dall'agire.

Non è logico pensare che Dio, più a caso che secondo ragione divina, abbia stabilito il mondo non in un altro spazio ma in questo in cui è.

Esso ovviamente, poiché nessuno era il migliore, poteva essere scelto egualmente fra infiniti spazi aperti all'infinito.

Rimane che la ragione umana non può assolutamente comprendere la ragione divina per cui questo è avvenuto.

Così non è logico pensare che a Dio si sia presentata un'occasione per cui ha creato il mondo in questo anziché in un tempo anteriore, giacché i tempi egualmente anteriori erano passati nella successione infinita e non v'era differenza perché si preferisse un tempo anziché un altro.

Se poi dicono che sono insensati i pensieri umani con cui si immaginano spazi infiniti, giacché non esiste spazio fuori del mondo, si risponde loro che per la stessa ragione insensatamente gli uomini pensano ai tempi passati di un'inattività di Dio, giacché non esiste tempo prima del mondo.

6 - Il mondo ha inizio col tempo

È logico distinguere eternità e tempo, poiché non si ha il tempo senza un qualche divenire del movimento, nell'eternità al contrario non si ha divenire.

Chi non capisce dunque che non si avrebbe il tempo se non fosse prodotta la creatura per porre la realtà nel divenire di un determinato movimento?

Si ha infatti il tempo di tale movimento e divenire quando due momenti diversi, che non possono aversi insieme, si pongono in una successione con intervalli più brevi o più lunghi.

Dio, nella cui eternità non si ha alcun divenire, è creatore e ordinatore del tempo.

Non capisco perciò come si possa affermare che ha creato il mondo dopo successioni di tempo, se non si afferma anche che prima del mondo esisteva già qualche creatura perché dai suoi movimenti si avesse il succedersi dei tempi.

La sacra Scrittura, che è sommamente verace, dice che in principio Dio ha creato il cielo e la terra ( Gen 1,1 ) per fare intendere che prima non ha creato nulla.

Sarebbe stato detto che in principio aveva creato un determinato essere se lo avesse creato prima di tutti gli altri che ha creato.

Dunque senza dubbio il mondo non è stato creato nel tempo ma col tempo.

Infatti ciò che si produce nel tempo si produce dopo e prima di un tempo determinato, e cioè dopo il passato e prima del futuro, ma non poteva essere un passato, perché non v'era una creatura dai cui movimenti nel divenire fosse attuato.

Il mondo poi è stato creato col tempo, se al suo inizio è stato prodotto il divenire del movimento.

Sembra che in tal senso sia ordinata la serie dei primi sei o sette giorni, in cui sono considerate mattina e sera, fino a che tutte le cose, che Dio ha fatto in quei giorni, siano compiute al sesto e nel settimo sia proposta ad esempio la cessazione dall'attività nell'essere grandemente ineffabile che è Dio.

È molto difficile e forse anche impossibile pensare e a più forte ragione esprimere che cosa significhino quei giorni.

7 - Tempo e creazione

Osserviamo che i giorni da noi conosciuti soltanto col tramonto del sole hanno la sera e soltanto con la levata del sole hanno il mattino.

Invece i primi tre di quei sei giorni si sono avuti senza il sole, giacché la sua creazione è riportata al quarto giorno.

Si dice inoltre che la luce fu prodotta dalla parola di Dio e che Dio la separò dalle tenebre e chiamò giorno la luce e notte le tenebre. ( Gen 1,3-4 )

Ma è inaccessibile alla nostra esperienza sensibile ed anche al nostro pensiero conoscere che qualità di luce era e con quale movimento alterno faceva sera e mattina.

Eppure si deve credere senza alcuna esitazione.

O è una luce materiale in una superiore sfera del mondo inaccessibile alla nostra facoltà visiva e da essa in seguito avvampò il sole; ovvero col nome di luce fu indicata la santa città nei santi angeli e spiriti beati.

Di essa dice l'Apostolo: La Gerusalemme che è nell'alto, la nostra madre eterna nei cieli; ( Gal 4,26 ) in un altro luogo ha detto: Voi tutti siete figli della luce e figli del giorno; non lo siamo della notte e delle tenebre. ( 1 Ts 5,5 )

Rimane comunque il problema se siamo in grado di avere, nei dovuti limiti, un'idea conveniente della sera e del mattino di quel giorno.

Infatti la conoscenza della creatura in relazione al Creatore si fa in certo senso sera ma diviene aurora e mattino quando anche essa si volge alla lode e amore del Creatore e non si volge alla notte se il Creatore non è abbandonato per amore della creatura.

In definitiva la sacra Scrittura nell'elencare la serie di quei giorni, in nessuno di essi ha interposto il concetto di notte.

Non ha mai detto: "Venne la notte", ma: Venne la sera e venne il mattino: si compì un giorno. ( Gen 1,5 )

Così per il secondo giorno e per gli altri.

La conoscenza della creatura appunto è in sé, più mancante di luce, per così dire, di come se ne ha conoscenza nella sapienza di Dio, che è l'idea in cui è stata fatta.

Pertanto con significato più attinente è chiamata sera anziché notte e quando si riconduce, come ho detto, alla lode e amore di Dio, risale verso il mattino.

E quando la creatura lo fa nella conoscenza di se stessa, si ha il primo giorno; quando nella conoscenza del firmamento, la cui parte posta fra le acque inferiori e superiori è stata chiamata cielo, il secondo giorno; quando nella conoscenza della terra e del mare e di tutte le piante che si riproducono mediante le radici della terra, si ha il terzo giorno; quando nella conoscenza dei corpi celesti luminosi, più grande e più piccolo, e di tutte le stelle, il quarto giorno; quando nella conoscenza degli animali sorti dalle acque che nuotano e di quelli che volano, il quinto giorno; quando nella conoscenza degli animali terrestri e dell'uomo stesso, il sesto giorno.

8 - Il riposo di Dio

Il riposo di Dio da tutte le sue opere e la consacrazione del settimo giorno non vanno intesi fanciullescamente, come se Dio si sia affaticato nell'agire, perché con la parola intelligibile ed eterna non suonante nel tempo egli parlò e le cose furono create. ( Sal 148,5; Sal 32,9 )

Ma il riposo di Dio significa il riposo di coloro che riposano in Dio, come la gioia della casa significa la gioia di coloro che gioiscono nella casa, anche se non la casa stessa ma qualche altra realtà li fa gioire.

A più forte ragione il traslato vale se la casa con la propria bellezza rende gioiosi coloro che vi abitano.

In tal caso si considera gioiosa non solo secondo quel modo di parlare con cui si indica il contenuto mediante il contenente.

Si dice appunto: "I teatri applaudono, i prati muggiscono", quando sono gli uomini ad applaudire e i buoi a muggire in essi.

Ma è gioia anche in quel senso con cui si designa l'effetto mediante l'efficiente, come quando si dice gioiosa una lettera perché indica la gioia di coloro che nel leggerla provano gioia.

Molto convenientemente quindi, quando l'autorità dell'agiografo dice che Dio si è riposato, è designato il riposo di coloro che in lui hanno riposo e ai quali egli concede di avere riposo in lui.

Il testo della Scrittura promette inoltre agli uomini, ai quali si rivolge e per i quali è stato scritto, che anche essi, dopo le buone opere che in loro e mediante loro Dio compie, avranno in lui il riposo eterno se in qualche modo si saranno avvicinati a lui con la fede durante la vita.

Questo significato si è avuto in figura anche nel riposo sabbatico disposto dalla legge nell'antico popolo di Dio.

Ritengo di doverne parlare più a fondo a suo luogo.

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