La storia della Chiesa

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II. Antiochia. La controversia sulla « Legge »

1. La seconda visibile stazione di tappa, del Cristianesimo sulla sua strada dal Giudaismo, o meglio da Gerusalemme, verso il grande mondo, fu Antiochia.

Qui si formò una nuova comunità cristiana.

I suoi mèmbri erano in così grande maggioranza non-giudei, che anche all'esterno essi apparivano inequivocabilmente come diversi dal giudaismo.

Si riconobbe che essi si ricollegavano decisamente alla persona, alla vita e alla dottrina di Gesù Cristo e per questo, proprio qui, essi ebbero per la prima volta la denominazione di cristiani.

a) I capi della comunità antiochena erano Barnaba e Saulo.

Barnaba venne inviato colà dalla comunità di Gerusalemme e prese con sé Saulo di Tarso ( At 11,22-25 ).

Da questa base in maggioranza etnico-cristiana cominciò l'opera missionaria dell'Apostolo delle Genti.

Presto passò in primo piano la contesa sulla libertà dei figli di Dio di fronte alla « Legge » giudaica.

I giudei di nascita avanzavano ancora la pretesa che tutta la legge dovesse restare valida e obbligatoria per tutti i cristiani.

Paolo invece annunciava: se noi siamo giustificati dalla legge, allora Cristo è morto invano.

Da Abramo in poi ogni giustificazione avviene soltanto per fede.

- Paolo esprimeva spesso questi pensieri; ne dette la presentazione più efficace nella lettera ai Romani, nella quale egli, il giudeo, oppone al Giudaismo della Legge un durissimo rifiuto: la legge ( che però non deve essere disprezzata [ Rm 3,31 ] ) non esisteva forse già nel passato per rendere gli uomini peccatori?

Quanto più essa è senza forza ora, dal momento che soltanto la vita in Cristo può vincere il peccato che, contro la nostra volontà, insorge nelle nostre membra?

Si giunse ad una disputa violenta nella stessa comunità di Antiochia ( At 15,2 ).

Fu inviata a Gerusalemme una delegazione con Barnaba e Paolo.

Il « Concilio degli Apostoli » si occupò della questione.

Tra gli altri era presente Giacomo, « il fratello del Signore », che godeva molta considerazione anche fra i giudeo-cristiani di stretta osservanza.

In una lettera si decise all'unanimità che gli etnico-cristiani dovessero essere liberi dalla legge.

La decisione fu presa dagli « Apostoli, dagli Anziani e da tutta la comunità » ( At 15,22 ), ciò che venne espresso anche nella lettera ( At 15,23 ).

L'importante passo dice: « È parso bene allo Spirito Santo e a noi … » ( At 15,28 ).

Per la definizione dottrinale il Concilio si appella all'assistenza dello Spirito Santo!

b) La questione era pertanto risolta, ma le contese non erano terminate.

Non si era ancora trovato nella pratica l'esatto atteggiamento da tenere o questo non si era ancora imposto.

I giudeo-cristiani non partecipavano ancora ai conviti con gli etnico-cristiani.

Lo stesso Pietro si lasciò intimorire e, ad Antiochia, si ritirò da essi.

In questo momento critico Paolo soprattutto si dimostrò propugnatore della libertà del lieto messaggio nei confronti di ogni ristrettezza della legge.

Egli rimproverò a Pietro la contraddizione del suo contegno oscillante e ridiede anche a lui il coraggio di non andar troppo incontro ai fratelli giudeo-cristiani ( Gal 2,11ss ).

Un fatto importante: la pietra della Chiesa, il primo Apostolo ( § 9 ) si lasciò rimproverare dal minimo fra di essi in una questione importante e, col suo contegno, riconobbe giustificato il rimprovero.

2. a) Ma il pericolo non era ancora scomparso.

Nella grande opera di evangelizzazione dei pagani, di conquista del « mondo » al Cristianesimo, furono sempre i « falsi fratelli » della Palestina che crearono le più gravi difficoltà all'Apostolo delle Genti e al suo lavoro.

Di fronte ad essi egli dovette difendere continuamente, e talvolta con parole forti, il diritto della sua missione e del suo lavoro e affermare contemporaneamente la libertà dei figli di Dio, che sono chiamati allo spirito di figliolanza e di maggiore età, non di schiavitù ( Rm 8,16ss; Gal 5,13 ).

b) Paolo, finalmente, con l'aiuto della grazia, riuscì a vincere il giudaismo mediante la larghezza della sua concezione del Cristianesimo.

Ma certe tradizioni secolari hanno spesso una forza insospettata.

La tenacità delle pretese dei giudei fu colpita a morte solo da un avvenimento che annientò completamente la patria di quelle tradizioni: la distruzione di Gerusalemme da parte di Tito, figlio dell'imperatore Vespasiano ( 70 d. C. ).

Questo fatto segnò l'annientamento definitivo dell'unità nazionale del giudaismo.

Fu anche la fine del Tempio, il quale col suo culto divino-sacrificale era stato il cuore di tutta la vita del popolo giudaico.

La scomparsa di Gerusalemme e del Tempio creduto indistruttibile, inflisse alla coscienza dei giudei un colpo mortale; inoltre, mediante la dispersione, fu resa impossibile ogni evoluzione unitaria della religione giudaica all'interno e ogni azione unitaria all'esterno.

Nel II secolo poi scomparve anche il cristianesimo giudaico.

La causa principale fu la penetrazione del Vangelo nel mondo pagano.

Si aggiunse a ciò la seconda catastrofe del popolo giudaico sotto Adriano nella guerra di Bar-Cochba ( 135 ); Gerusalemme divenne una città pagana, Aelia Capitolina, con templi pagani nei luoghi santificati dal Signore, nella quale a nessun giudeo era lecito abitare.

La comunità cristiana locale ebbe un vescovo etnico-cristiano: la situazione si era capovolta in una maniera che ad ogni giudeo appariva quasi incomprensibile, antidivina.20

Del resto già nel I secolo, e ancora durante la vita di Paolo, era iniziata una dissoluzione interna del giudaismo per causa di infiltrazioni di concezioni « gnostiche ».

3. I cristiani, fedeli alla parola del Signore ( Mt 24,15 ), all'approssimarsi della burrasca, erano fuggiti nell'anno 68 in Perea e a Pella, al di là del Giordano.

Per essi, come per tutta la cristianità, la distruzione di Gerusalemme e la conseguente dispersione della Chiesa cristiana ivi esistente, rivestirono un significato fondamentale: il suolo ov'era sorto il Cristianesimo non sarebbe rimasto la sua patria.

La distruzione del Tempio predetta da Gesù s'era fatta realtà.

Quanti erano emigrati a Fella rimasero giudeo-cristiani in un senso stretto ed esclusivo che più tardi, come è già stato accennato, fu ancor più accentuato in senso giudaico;21 ma il Cristianesimo camminava già vigorosamente verso la nuova patria e il suo nuovo centro: il paganesimo, l'Europa, Roma.

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20 Nel periodo degli imperatori divenuti cristiani, la Chiesa di Gerusalemme e il suo Vescovo assumono nuovamente maggiore importanza.
La tendenza all'ascesa tuttavia, che stava facendosi strada ( 325: priorità onoraria del Vescovo; 381: Gerusalemme madre di tutte le Chiese ) non giunse a compimento perché fu innalzata, per motivi politici, la sede di Costantinopoli ( cfr. § 27 ).
21 Resti della comunità originaria di Gerusalemme fuggita a Pella ( chiamati Ebioniti, ossia « i poveri » ), che si trasformarono sempre più in un movimento a tendenza eretica, si conservarono ancora per alcuni secoli in Oriente.
In questa forma conobbe il Cristianesimo per esempio Maometto.
Ne ebbe quindi un quadro intorbidato dall'eresia.