La storia della Chiesa

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III. Gerolamo

1. Anche Gerolamo ( circa 345-420 ), nato da famiglia cristiana in Dalmazia, a Stridone ( e battezzato relativamente giovane ), è uno dei grandi Padri della Chiesa latina.

Egli si convertì dalla vita secolare a quella religiosa e abbracciò una specie di vita monastica in comunità con alcuni amici ad Aquileia.

Instancabile fu la sua lode dell'ascesi, da lui praticata per lunghi anni, e della verginità per la quale entusiasmò molti.

Aveva imparato a conoscere la vita monastica a Treviri, dove Atanasio scrisse la sua « Vita di sant'Antonio ».

Attraverso la sua propaganda letteraria, rese veramente noto in Occidente l'ideale monastico.

Le sue omelie e la direzione spirituale nel suo convento di Betlemme, il suo amore ardente per Cristo e la sua semplice fedeltà alla Chiesa di Roma e soprattutto i servigi, mai abbastanza encomiabili, che il filologo ( possedeva la lingua greca ed ebraica ) ha prestato alla Chiesa, fornendole un testo più preciso della Sacra Scrittura dell'Antico e del Nuovo Testamento99 accanto ad una grande quantità di commenti, sono tanti altri titoli onorifici.

2. Ma di fronte a queste grandi opere sta un carattere irto di debolezze umane, focoso, facilmente irritabile, che perseguita i suoi avversari con invitta e mordente ironia e persino con odio e che non è capace di superare un'illimitata vanità.

Insomma il suo carattere non corrisponde proprio all'idea che generalmente ci si fa di un santo.

Egli visse come monaco e per due anni persino come eremita ( nel deserto di Calcide presso Aleppo ).

C'è da osservare però che questo « monachesimo » non significava povertà e vero assoggettamento di obbedienza.

Più importante è il fatto che anche la sua aspirazione ascetica personale da l'impressione di essere assai poco unitaria e interiormente niente affatto libera.

Secondo le sue parole fu la « paura dell'inferno » a condurlo alla solitudine, dove non riesce a liberarsi dalle suggestioni e « dall'ardente brama » della vita e dell'ambiente raffinato della Grande-Roma.100

Tuttavia egli resistette.

3. Il vero e proprio elemento che lo contraddistinse fu una incessante aspirazione alla cultura.

Anche nel suo « monachesimo » quello che a lui importava in particolare modo era che la devota ritiratezza gli offrisse sufficiente tempo e protezione per gli studi.

È un appassionato amante e raccoglitore di libri; la biblioteca che continuamente accresce a spese proprie e di altri lo segue dovunque, sia nell'abitazione del suo amico in Aquileia, che nella grotta del deserto quand'è eremita, sia a Roma, quando è influente segretario privato del Papa Damaso, che vicino a Betlemme in Palestina quando è superiore del suo monastero.

È un desiderio di cultura che tende costantemente allo scambio di idee, orale o scritto, con amici e amiche, ciò che porta anche ad un'ampia corrispondenza: tutti e due tratti veramente « umanistici ».

Piccoli e grandi circoli di nobili donne, che egli entusiasma per l'ascesi e la vita claustrale, che lo ascoltano e lo ammirano, s'interessano al suo lavoro, fanno tipicamente parte del quadro della sua vita.101

Gerolamo ha vivamente sentito il problema umanistico « cultura mondana e desiderio di perfezione cristiana » e lo ha descritto ( per esempio nel suo famoso sogno ciceroniano ); la sua tensione egli non l'ha mai completamente superata.

4. Come sia stato in fondo egoistico il suo interesse per la cultura teologica, alla quale dedicò un così ingente lavoro, lo dimostra la sua posizione nei confronti della controversia ariana.

Eppure si trattava di un problema di vitale importanza per la Chiesa.

Ma Gerolamo era un tipo adogmatico.

Le formule teologiche avevano per lui l'aspetto di sofisticherie greche o anche di litigi di monaci.

Ciò è evidente, non per ultimo, nel periodo che egli passò a Costantinopoli; erano gli anni decisivi 379-82, gli anni della vittoria del Niceno.

Anche più tardi del resto, nelle controversie cristologiche egli non ha mai tenuto una posizione univoca.102

( Dovremo ripensare a questo fatto, quando più tardi parleremo di un « adogmatismo » di Erasmo; Gerolamo era il suo patrono ).

Significativo però, e particolarmente importante per il tempo futuro, è il suo concetto di Chiesa.

Egli lo concepì, con Roma come centro, partendo dalla successione apostolica nella quale ufficio e sacramento hanno una tale consistenza che una scissione è fondamentalmente impossibile.

5. Dovremo richiamarci di continuo al lavoro di Gerolamo attorno alla Bibbia.

Fonte e modello del suo lavoro scientifico, per cui egli si sforza di comunicare ai latini la « verità » ebraica e greca, fu soprattutto Origene.

In effetti, egli ha rinnovato la Bibbia latina e chiarito radicalmente la confusione esistente.

Da allora noi leggiamo il sacro testo nella versione da lui condotta, la « Volgata ».

Egli ha commentato anche la maggior parte di libri della Scrittura.

Basandosi sulla verità storica, e perciò anche sul senso letterale, voleva mettere in evidenza il contenuto spirituale.

Per tale motivo, in un secondo tempo, egli ha combattuto aspramente il suo venerato modello Origene a causa della sua allegoria.

A Gerolamo ciò che importava era unicamente l'esattezza del testo.

La sua interpretazione, anche a causa del lavoro incredibilmente spedito, che diede origine, per forza di cose, a errori d'inavvertenza, è lacunosa.

Il fatto delle traduzioni nasconde in sé un importante problema in rapporto alla conservazione integrale del deposito della Rivelazione.

Lo avvertiamo specialmente nel passaggio dal greco in una lingua di spirito così radicalmente diverso qual è il latino.

Il problema storico-ecclesiastico di così enormi dimensioni, nel quale ci siamo già imbattuti in altro contesto ( § 25,7 ), affiora nella traduzione di una parola come « metanoeite = mutate proposito » con « poenitentiam agite = fate penitenza » ( Mt 3,2; Mt 4,17 ).

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99 È interessante la naturalezza con cui Gerolamo descrive le notevoli difficoltà che ebbe da superare come scolaro quando si accinse a studiare seriamente l'ebraico.
100 Se la sua critica ha ragione, la situazione media della società cristiana deve essere stata poco esemplare.
101 Strano, come gli stessi tratti di vita comune ascetica ed erudita dovevano ritornare in certi rigorosi monaci umanisti del '500! Cfr. per esempio Giustiniani ( v. « Riforma cattolica », vol. II, pp. 171 ss ).
102 Quale simpatico complemento a tutto ciò, dobbiamo però ricordare la sua distinzione tra errore ed errante ( sopra pag. 129 ).