La storia della Chiesa

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§ 82. Evoluzione interiore di Lutero. La sua dottrina

I. Elementi generali

1. Comprendere la natura e l'evoluzione di Lutero nel loro intimo è facile e difficile nello stesso tempo.

Facile, perché una grande quantità di fonti ce ne da notizia e perché le numerose sue opere non sono altro, in fondo, che delle continue confessioni.

Difficile, perché queste confessioni non provengono da un pensatore sistematico.

Al contrario, Lutero è anzitutto un temperamento violento sino all'eccesso, un volitivo passionale, che durante l'intero corso della sua vita ha lavorato in modo vulcanico.

Dopo una lunga preparazione, per molti aspetti inconscia, ma molto intensa, segue la cristallizzazione interna.

Allora è l'idea intravista, il contatto immediato con un determinato testo della Sacra Scrittura, oppure è il senso lungamente cercato di esso che lo scuote interiormente costringendolo all'espressione, ma anche all'esagerazione.

Negli anni dello sviluppo, Lutero cresce attraverso le sue esperienze interiori.

L'« esperienza » avrà un'importanza capitale per tutta la sua vita.

Ciò non significa che Lutero non abbia anche saputo operare delle distinzioni precise ed esprimere delle formulazioni ponderate.

Le sue vere e proprie formulazioni accademiche, specialmente nel suo primo corso di lezioni sui salmi ( 1513/15 ), nelle lezioni sulla Lettera ai Romani ( 1515/16 ) e nelle sue dispute attestano una capacità espressiva, scolastico-formale, di estremo vigore.

Anche altre parti dell'enorme produzione letteraria che investe tutto l'arco della sua vita, o anche il suo piccolo Catechismo, testimoniano, nella maniera più felice, come Lutero sapesse mettere in evidenza ed esprimere, in maniera prettamente biblica, la ricchezza della Rivelazione.

Ma le nuove visioni in ambito dottrinale e le relative formulazioni che sono all'origine della separazione religiosa ( specialmente negli anni di lotta e ancora molto più tardi, in alcuni libelli pieni di livore ), non lasciano più intravedere, sorprendentemente, quella ponderazione severa.

Emergenti da una posizione essenzialmente polemica, ed insufficientemente controllate, testimoniano che quella designazione di Lutero come doctor hyperbolicus attestatesi già nei primi anni ha ben colto un dato importante ( anche se sfruttato in modo esagerato ).

Lutero in molti passi delle sue opere soggiace, in maniera funesta, alla tentazione del superlativismo.

Questo è un dato centrale nelle confessioni di Lutero, nelle sue asserzioni e nei suoi postulati.

Questo superlativismo da un'impronta precisa per così dire al modo della sua espressione, che predilige, in modo profondamente fecondo, ma anche pericoloso, il paradosso.

Detto questo, si può ben capire quanto poco rottamente si giudichi Lutero ( come avviene nella maggior parte degli studi su di lui ) quando si pesa ogni sua parola con una bilancia di precisione; cioè quando si forzano teologicamente le sue espressioni e quando si vuole riassumere l'enorme massa delle espressioni, tanto condizionate dalle situazioni, nella univocità di una formulazione scolastica.

Lutero riformatore più che teologo confessa la sua fede.

In teoria ciò vien detto molto spesso; ma gli studi su Lutero sono molto lontani dal tener conto, con estrema coerenza, di questo fatto.

2. La costituzione psichica e mentale di Lutero è fondamentalmente introversa, soggettivistica.

Cioè: egli reagisce alla totalità del patrimonio ecclesiastico-cristiano e della Bibbia non in modo equilibrato, ma molto arbitrariamente e unilateralmente.57

Lutero ha un bisogno irresistibile di concentrare tutto intorno ad un unico punto, o a pochi punti di vista.

In ciò traspare e si attesta una notevole comprensione del messaggio cristiano, anzi quella intima affinità ad esso che dal fondatore della Chiesa era stata riassunta nell'unico comandamento dell'amore di Dio e del prossimo e nella migliore giustizia interiore.

Ma Lutero opera in realtà una scelta.

E il criterio usato è il suo personalissimo opinare e sentire.

La scrupolosità attribuita a Lutero - coscienza delicata in una situazione di labilità - non è accidentale in lui; essa rivela piuttosto in lui, in modo impressionante, che il suo atteggiamento soggettivistico è espressione della sua più profonda disposizione personale, per la quale, in ultima analisi, vale solo il proprio giudizio.

È importante capire, naturalmente, che ciò non ha affatto nulla a che vedere con la cattiva volontà.

Non si può affermare, motivatamente, che Lutero abbia, intenzionalmente, eluso taluni contenuti della Sacra Scrittura.

Egli li conosceva e li valorizzava tutti.

Lo si potrebbe dimostrare con grande abbondanza di testi.

È invece una questione di temperamento psichico e mentale se e come, attraverso di esso, la valorizzazione del materiale della Rivelazione abbia subito, nella predicazione di Lutero, una esposizione equilibrata oppure unilaterale.

Ambedue gli elementi - temperamento e orientamento soggettivistico - rivestirono fondamentale importanza per l'evoluzione di Lutero ( cfr. sotto II ).

3 Per la forza che emanò da Lutero fu significativo il suo sviluppo non premeditato.

Le sue espressioni decisive negli scritti, nel parlare e nell'agire non scaturiscono da un piano premeditato.

Egli vuole avvicinarsi a Dio e allontanarsi dal peccato.

Solo una terribile, intima lotta di coscienza, sostenuta con grande serietà religiosa e da lui - uno dei geni più originali della storia - combattuta per la salvezza della sua anima, fece di lui un riformatore.

Seguendo dapprima unicamente l'esigenza della sua coscienza, sorse in lui la fede riformatrice.

Ciò costituì per lui il punto centrale e semplice, al quale, per lo più, poté richiamarsi più tardi, nelle infinite complicazioni di natura teologica, ecclesiastica, sociale e politica.58

4. a) Il grande interrogativo è ora questo: come si giunse al mutamento interiore di Lutero?

Come fu possibile che il fedele cattolico e lo zelante frate che combatteva con tutti i mezzi per la salvezza della Chiesa, vecchia di 1500 anni, poté divenire un riformatore rivoluzionario?

Il dato di fatto preliminare e decisivo per il futuro sviluppo, sia per l'aspetto formale che sostanziale, è che Lutero era frate e che la sua formazione spirituale si attuò nel contatto quotidiano con la realtà monastica, dalla quale egli per lunghi anni trasse quasi tutto il suo nutrimento religioso e spirituale.

C'era

a) quale ideale sempre presente, la regola degli eremiti agostiniani, che egli aveva fatto voto di seguire; quindi

b) un determinato stile di vita nella preghiera, nel vestire, nell'abitare, nell'alimentazione, nel sonno e

c) una penetrazione praticospirituale di tutto il giorno, della settimana, dell'anno:

1) mediante la realtà sacramentale della messa all'inizio di ogni giornata;

2) le preghiere liturgiche della messa e la recita quotidiana dell'ufficio divino;

3) la lettura della letteratura agiografico-monastica ( privatamente o a tavola );

4) la formazione religiosa sotto la guida di un confratello.

Ma come fu possibile che Lutero vedesse il sistema ecclesiastico e monastico tradizionale, gli usi esterni, la dottrina, la disciplina e il significato più profondo di tutto questo, con occhi del tutto diversi da come egli aveva appreso a vederli? e da un sistema conchiuso e collaudato da lunghi secoli?

Come poté avvenire che abbandonasse una tradizione veneranda e recante l'impronta dell'autorità di Dio che legava tutto e tutti?

Che diventasse così completamente un altro, da falsare in maniera così evidente ( oggettiva ) in molti punti gli elementi più chiari della dottrina cattolica?

E - per dar subito a questi interrogativi tutta la loro veramente enorme portata - come fu possibile che tanti individui educati come lui nella fede cattolica, lo seguissero nella sua nuova interpretazione della Rivelazione?

b) È chiaro infatti che occorre riportarsi a quell'età, all'inizio cioè del secolo XVI, età diversissima dall'attuale, aperta per principio alla possibilità di tutte le opinioni e soluzioni, sia ragionevoli che dissennate.

Abbiamo fortemente sottolineato le notevoli crisi nella vita culturale del Medioevo, a partire dal secolo XII; ciononostante la Chiesa e la sua dottrina erano pur sempre, con evidenza veramente grandiosa, l'unica realtà in cui si trovavano la verità e la vita.

c) D'altra parte però costatiamo anche che l'unità interna della Chiesa e quindi della sua dottrina era non poco indebolita per molti aspetti e non possedeva più, da tempo, quella quasi evidente chiarezza caratteristica del primo e dell'alto Medioevo: la mancanza di chiarezza teologica, così come si manifesta nell'occamismo, nell'idea conciliare, nella rottura dell'unità nello scisma d'Occidente ( §§ 66-68 ) e nelle sue conseguenze, nella rudimentale predicazione e nell'amministrazione ecclesiastica, aveva compenetrato quasi tutto il pensiero e la vita della Chiesa.

Tutto ciò e i fatti di Wiclif, Hus e dei « preriformatori » documentano che alla fine del Medioevo la possibilità d'eresia era molto vicina.

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57 A integrazione e anche a definizione di questo fatto basilare, che non è tutto, vedi più avanti, specialmente a. p. 157 s.
58 L'eccezione contenuta in questo « per lo più » ci porta al problema della bugia in Lutero; basta soltanto sfiorarlo.
Talvolta infatti le diverse prese di posizione di Lutero a cui si è accennato nel testo non seguivano una linea diritta, ma - per parlare come Lutero, nel caso del doppio matrimonio di Filippo d'Assia - si servivano di « una buona grossa bugia » finendo così in una incresciosa doppia luce.
Ma in generale nella sua vita egli mostrò una incondizionata veracità.