La storia della Chiesa

Indice

II. Il Modernismo e la sua condanna

1. Mentre in questi pensatori cattolici il problema ricevette delle soluzioni in armonia con lo spirito della Chiesa, altri teologi, già all'inizio del secolo, si allontanarono invece, più o meno, dalla dottrina ortodossa.

Le differenze, nei singoli casi, sono enormi e la nota di condanna va attentamente distinta.

Comune ad essi fu l'entusiasmo nel difendere la dottrina della Chiesa nei confronti dell'ateismo e del materialismo e nel respingere l'abuso della ragione introdotto dall'illuminismo.

a) Questo contrasto però indusse gli uni ad escludere completamente l'attività dell'argomentazione razionale e ad insegnare il fideismo e il tradizionalismo247 ( Luigi Boutain, + 1867, Luigi de Sonala, + 1840 ed altri ).

Il pio Antonio Rosmini ( + 1855 ) e Vincenzo Gioberti ( + 1852 ), anche Alfonso Gratry in Francia, propugnavano a loro volta il cosiddetto ontologismo.

Anche questo sistema disconosceva il valore dimostrativo della ragione.

L'esistenza di Dio restava, ciononostante, assicurata: l'atto del pensiero dell'essere implicherebbe l'esistenza, l'atto del pensiero dell'idea di « Dio » implicherebbe necessariamente l'esistenza di Dio.

Si confondeva il pensiero con la realtà fuori di noi, l'ordine del pensiero cioè con l'ordine dell'essere.

b) Soluzioni del tutto opposte, ma di risonanza culturale maggiore, presentavano le posizioni dei professori Georg Hermes ( + 1831 ) a Bonn e Anton Gunther ( + 1865 ) a Vienna.

Ambedue attribuivano troppo valore alla ragione, così da pretendere di dimostrare con essa tutte le verità della dottrina cristiana.

A tal fine era necessario adottare un metodo radicale, ricominciare « tutto da capo », mettere da parte tutte le verità basilari già acquisite precedentemente e ricostruire, mediante il pensiero, tutto il sistema dottrinale.

Ciò sarebbe stato possibile servendosi del dubbio positivo ( per Gunther del dubbio metodico ) che avrebbe dovuto rappresentare il punto di partenza di ogni ricerca.

Il che significava confondere la ragione con la fede.

La sintesi dei due elementi era così raggiunta, ma a detrimento della fede, così come presso il gruppo precedente era stata raggiunta a detrimento della ragione.

Le dottrine di ambedue i gruppi, i cui esponenti principali erano fedeli alla Chiesa, furono condannate da Roma.

2. A nessuno di questi gruppi appartenne Ignavo D'attinger ( 1799-1890 ) che proveniva dalla cerchia di Górres ( § 115, II, 7 ).

Le sue opere scientifiche, nel campo della storia ecclesiastica, sono di primissimo piano.

La sua storia della Riforma ( 1846-48 ) in un certo senso fece epoca; essa corresse con energia e con armi valide il quadro unilaterale delineato dai ricercatori protestanti, anche se il materiale da lui raccolto era ben lungi dall'essere sufficiente per un quadro equilibrato.248

Più tardi si dedicò prevalentemente a preparare un avvicinamento delle confessioni.

Dollinger non era un pensatore speculativo, ma uno storico puro con sensibilità ecclesiastico-politica.

Anche lui era pervaso dall'ardente desiderio di stabilire un collegamento più immediato tra vita di fede e scienza moderna.

Tuttavia, e qui si dimostra figlio del suo tempo, sopravvalutava la scienza ( come i rappresentanti del secondo gruppo suaccennato ) al punto che questa gli impedì di farsi un'idea cristianamente credente della Chiesa.

Quest'idea, infatti, anche prima del Vaticano I, implicava la precedenza assoluta del magistero dogmatico e morale della Chiesa universale sulle convinzioni individuali, sia pure le più rispettabili.

Dopo la proclamazione del dogma dell'infallibilità, Dollinger non trovò più in sé questa fede.

Non riuscì a riconoscere il nuovo dogma e si irrigidì in quella tragica posizione fino alla morte.

Personalmente non fece mai parte dei « vecchio-cattolici », al cui sorgere aveva collaborato, anzi, a quanti si rivolsero a lui, egli consigliò sempre di rimanere fedeli alla Chiesa cattolica.

In fondo egli, come molti suoi contemporanei, ha frainteso il dogma dell'infallibilità; così come di fatto si è realizzato e soprattutto come si presenta oggi, lo avrebbe potuto riconoscere anche Dollinger.

3. Nelle suddette concezioni fu solamente il metodo divergente che sfociò in conflitto con la Chiesa; i suoi fautori non intendevano intaccare alcun dogma.

Ma, accanto a questi, sta la lunga serie di innovatori radicali, che minacciavano di distruggere alla radice la sostanza della religione rivelata, della Chiesa e della sua dottrina.

Sono tutti fautori di un radicale soggettivismo, criticismo e storicismo, applicati alla dottrina della Chiesa e più precisamente alla teologia.

4. Il magistero ecclesiastico si è occupato di questi errori nel secolo scorso con un triplice intervento: Gregorio XVI ( 1832 ) nell'enciclica Mirari vos; Pio IX nel « Sillabo » ( 1864 ); Pio X nel nuovo Sillabo e nell'enciclica contro il modernismo all'inizio del XX secolo ( 1907 ).

Gregorio XVI crede di individuare il male capitale del secolo nell'indifferentismo, cioè in quella concezione secondo la quale sarebbe possibile all'uomo salvarsi in qualsiasi religione, sempre che regoli « i costumi secondo le norme della giustizia e dell'onestà ».

Giustamente egli vide in tale atteggiamento un tentativo di fare della religione cristiana una istituzione puramente umana; si faceva palese la grande differenza tra la filosofia, che può mutare, e la Rivelazione, data da Dio, che obbliga incondizionatamente; è il grande tema teologico di tutto il secolo: solo natura ( naturalismo ), o anche Rivelazione?

Proprio dall'indifferentismo, secondo Gregorio XVI, deriva « quella dottrina assurda ed erronea, o, per meglio dire, quella illusione che ognuno debba poter godere della libertà di coscienza …

A quest'errore fa anche capo quella vergognosa e mai abbastanza deprecata libertà di stampa ».

Qui ci troviamo ancora in fase di restaurazione antirivoluzionaria, esasperatamente legata agli eventi del tempo.

L'intolleranza dogmatica è espressa in maniera chiara, fin troppo energica, in tono di condanna.

Le necessità e i diritti della strutturazione democratica della società e la possibilità di un'applicazione dei princìpi cattolici, così come la mostrerà Leone XIII, non sono ne scorte ne sfruttate; il concetto, difeso nella dottrina cattolica ( Tommaso d'Aquino ), della libertà di coscienza non riesce ancora ad imporsi.

5. Il « Sillabo ( compendio ) dei principali errori del nostro tempo » ( 1864 ) di Pio IX fa capire, più chiaramente di quanto non siano riuscite a fare tutte le altre prese di posizione di questo secolo, in che grado spaventoso il mondo, nel suo insieme, si fosse allontanato dal sentire della Chiesa.

Il mondo moderno, che deliberatamente si oppone alla Chiesa, viene accusato, nel modo più energico, di errore.

Anche qui l'esposizione si snoda quasi sempre in tono negativo.

Attacca il panteismo, il comunismo, il nazionalismo anticristiano, la chiesa di stato, la morale autonoma, il liberalismo e le sue conseguenze ( libertà di cultura e di stampa ).

La denuncia termina con un solenne rifiuto: « Il romano pontefice non può e non deve riconciliarsi con il progresso, ne con il liberalismo ne con la civilizzazione moderna ».

Per non fraintendere il tutto, e specialmente queste ultime parole, bisogna tener presente l'intero contesto.

Ciò che Pio IX vuole respingere è la civiltà moderna in quanto essa si emancipa dal soprannaturale e diventa quindi eretica.

Il desiderio di ricondurre la civiltà alla Chiesa traspare appena, e anzi troppo poco.

Anche questo manifesto è incentrato sul grande tema del secolo: natura o soprannatura.

L'idea di un compendio degli errori moderni era stata suggerita dall'arcivescovo di Perugia, card. Pecci.

Che il tono del linguaggio non si identificasse con il contenuto, e che non fosse la civiltà moderna in se stessa a venir attaccata, nessuno lo ha dimostrato, con tanta chiarezza, quanto lo stesso cardinal Pecci, non appena salì al soglio pontificio, col nome di Leone XIII.

Tuttavia va ancora fatto rilevare che il modo con cui Pio IX, in questo documento decisivo, colpì il liberalismo e il mondo moderno ha condizionato, per decenni, l'atteggiamento di quest'ultimo verso la Chiesa cattolica, non certo a vantaggio di essa, ne dell'umanità.

Anche quella fu un'occasione perduta per avvicinare il mondo con spirito missionario e per porre dei germi fecondi per il suo ritorno alla Chiesa.

Pio IX ebbe pienamente ragione nel condannare gli errori moderni e la sua dura censura fu, oggettivamente, un beneficio per l'umanità, spiritualmente per tanto tempo senza guida.

Ma il modo, con cui reagì al movimento spirituale del XIX secolo, provocò più che mai l'odio dei contemporanei e precluse alla Chiesa cattolica più di una possibilità che più tardi dovettero essere riacquistate faticosamente e a costo di molte perdite.

Il problema « Chiesa e mondo moderno » si ripropone di continuo nell'età moderna, dopo la condanna di Galileo.

Esso va risolto e il pericolo si può scongiurare soltanto partendo da una fede coraggiosa nella verità della Rivelazione cristiana e nella peculiarità della sua predicazione puramente religiosa della Croce, senza garanzie intellettuali o sociali.

La prima trasformazione, in tal senso, si ebbe sotto Leone XIII.

Dopo il conflitto modernista, l'esegesi e la storiografia cattolica si occupano dei problemi della scienza moderna, con una libertà interiore, che fu incoraggiata da Pio XII, ma, in seno alla Chiesa, incontrò anche movimenti retrivi e addirittura accusatori.

Oggi, nel complesso, e anche stando al giudizio degli evangelici, esse non sono sul piano scientifico-formale inferiori a nessun avversario.

6. a) Nel fervore della polemica l'accusa di « modernista » non fu sempre mossa con la necessaria discrezione.

Dove c'è il vero modernismo, là si trova una grave eresia.

Il vero e proprio modernismo non è altro che il trasferimento radicale di quegli errori, già condannati, nel campo della teologia, e più precisamente alla filosofia, alla religione, al dogma.

Più che un sistema di dottrine eretiche, è una maniera eretica di pensare.

Questo atteggiamento, corrispondentemente ai tre piani citati, ha una triplice radice:

1) una filosofica: l'agnosticismo ( influsso kantiano ) secondo il quale la ragione non può affermare nulla di sicuro circa le cose soprannaturali; esiste anche però ( in piena consequenzialità ) il capovolgimento radicale di questa proposizione, per cui soltanto la ragione è misura di ogni cosa e la Rivelazione non rappresenta affatto una legittima istanza nei confronti delle sue conclusioni;

2) una psicologico-religiosa: la religione è unicamente vita intima del singolo ( influsso di Schleiermacher ) e sintesi in proposizioni di queste esperienze e di questi bisogni;

3) una storica: l'evoluzionismo ( influsso dello storicismo relativista ) per il quale nulla era compiuto, nulla è compiuto, tutto è in divenire, tutto è un fluire perenne.

I dogmi sono suscettibili di sostanziale mutamento.

Una sola convinzione poteva far sì che i fautori di queste idee potessero ritenersi ancora cattolici: la teoria della doppia verità o quella che comunque corrispondesse a questa teoria mediante una separazione assoluta fra la scienza, intellettualisticamente intesa, e la sfera della fede.

Riassumendo, potremmo definire il modernismo come una relativizzazione radicale del dogma, sulla base dello storicismo e del razionalismo soggettivo.

b) Il modernismo fu condannato nel « nuovo » Sillabo ( il decreto Lamentabili e l'enciclica Pascendi, del 1907 ) da san Pio X.

I suoi maggiori esponenti erano francesi: il sacerdote Alfred Loisy ( 1857-1940 ) il quale, dopo aver condotto una vita moralmente esemplare, morì senza riconciliarsi con la Chiesa.

Le sue dotte opere di esegesi dimostrano, pur nella loro parabola che va ben differenziata, l'incertezza del metodo ipercritico: i risultati dei diversi stadi non concordano gran che fra di loro, neppure in ciò che è essenziale.

In Germania il modernismo ebbe pochi sostenitori.

Il fatto che, nonostante tutto, si sospettasse di molti studiosi, i quali, pur rimanendo fedelissimi alla Chiesa, cercavano di elevare la scienza cattolica al livello dei tempi, costituisce una delle colpe dell'integralismo cattolico, contro il quale papa Benedetto XV si vide costretto ad intervenire ( § 125 ).

c) Fra i teologi del XIX secolo spicca, per vita religiosa e scienza, la nobile figura di Hermann Schell ( + 1906 ), professore a Wùrzburg.

In Germania fu colui che maggiormente si adoprò per trovare una conciliazione tra la Chiesa e il progresso.

Alla condanna di alcuni punti del suo sistema, egli si sottomise; non sono giustificabili, naturalmente, i molti ingiusti e malevoli sospetti di cui fu oggetto.

La sua opera esercita ancor oggi un'influenza benefica sulla Chiesa, per la quale egli ardeva d'amore e alla quale avrebbe voluto restituire l'antico prestigio, che essa godeva nel mondo dello spirito.

7. a) Parallelamente alla lotta che il papato conduceva contro il dissolversi dell'armonia tra fede e scienza, il suo sforzo era rivolto all'elaborazione positiva di una teologia che potesse realizzare vittoriosamente quest'armonia e salvaguardarla.

E ci si volse naturalmente alla Scolastica del periodo aureo.

Già Pio IX aveva contribuito alla sua rinascita, il Vaticano I aveva redatto il suo decreto sui fondamenti della fede ( Rivelazione, fede e ragione, prove dell'esistenza di Dio ) nello spirito dell'Aquinate.

Leone XIII, in una sua enciclica, aveva proclamato san Tommaso d'Aquino il modello dei teologi cattolici e aveva incoraggiato una nuova edizione delle sue opere; Pio X si era instancabilmente preoccupato di prendere tutte le misure necessarie affinché la dottrina di san Tommaso fosse la sola normativa nella Chiesa, soprattutto nella formazione del clero.

b) In seguito a queste iniziative e disposizioni, si pervenne effettivamente ad una neo-Scolastica.

L'ordine dei gesuiti ( Giovanni Ferrane, + 1876; Matteo Liberatore, + 1892; Giovanni Battista Franzelin, + 1886; Giuseppe Kleufgen, + 1883, per tanti anni tutti docenti alla Gregoriana di Roma ) e numerosi sacerdoti secolari come Giovanni Battista Heinrich ( + 1891 ), Francesco Moufang a Magonza ( + 1890 ), poi il futuro cardinale di Malines Desiderato Mercier ( + 1926 ) e la scuola di Lovanio ne furono i promotori nel XIX secolo.

Tuttavia 1) in generale si avvertì ancora troppo poco la viva pienezza dell'alta Scolastica ricca di tensioni interne, la quale non si risolveva in un sistema di proposizioni chiuso e rigido, ma in una ricerca aperta delle verità supreme con delle tesi altamente diverse e partendo da posizioni base formalmente differenti;

2) si dimenticò che, secondo Pio IX ( lettera del 21 dicembre 1863 all'arcivescovo di Monaco ) e più ancora secondo Leone XIII, non doveva trattarsi di una servile ed unilaterale restaurazione del XIII secolo, bensì di una prosecuzione della costruzione, con la rianimazione di quel sistema nella sua totalità.

La neo-Scolastica del XIX secolo non ha creato opere di valore veramente superiore.

Ma alla fine del secolo passato è stato preparato, attraverso un'importante serie di ricerche storiche sulla Scolastica, condotte dai cattolici Heinrich Suso Denifie O. P. ( + 1905 ), Franz Ehrie S. J. ( + 1924 ), Clemens Baeumker ( + 1934 ), Pierre Mandonnet ( + 1936 ), Martin Grabmann ( + 1949 ) e i loro discepoli, il terreno per un fecondo risorgere della Scolastica, ai cui progressi, in reciproca emulazione, lavorarono domenicani, gesuiti, sacerdoti secolari e, finalmente, anche laici in Germania, Francia, Italia e Stati Uniti.

È un ulteriore indice di vita spirituale autentica il fatto che venga riconosciuta la necessità di uno sviluppo autonomo e che lo si persegua decisamente.

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247 La Rivelazione soltanto viene riconosciuta quale unica fonte della verità religiosa ( cosa che fu condannata, poco dopo, nel Vaticano I ).
La ragione viene meno in campo religioso.
Molto spesso però furono tacciati, troppo in fretta, di « fideismo » anche quegli spiriti religiosi che accentuavano ciò che è strettamente connesso al mistero, quella parte della Rivelazione cioè irraggiungibile in modo adeguato all'intelletto e sostenevano pertanto una teologia rigidamente anticoncettualistica.
248 Al tempo stesso però, non vanno dimenticate le iniziali parole del Dollinger ( 1828 ) con le quali egli considera Lutero « uno degli uomini più eccellenti di tutti i secoli ».