Gesù Cristo rivelazione dell'uomo

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Capitolo terzo - VI

VI. Angolo d'approccio: tutto l'universo e tutto l'uomo a partire da una fenomenologia

L'interpretazione teilhardiana dell'universo si basa su due premesse: un approccio fenomenologico del fenomeno umano, considerato nella sua globalità; una visione evolutiva dell'universo.

Prima premessa: una visione totalizzante dell'universo.

Adottando quest'angolo d'approccio, Teilhard è perfettamente cosciente che si espone ad avere contro di lui i puri scienziati, come anche i filosofi e i teologi.

Ma è del parere che nelle vicinanze del Tutto, fisica, metafisica e religione convergono straordinariamente.

Esaminiamo più attentamente le componenti di questo approccio.

1. Come scienziato, Teilhard parte dall'osservazione scientifica e dall'analisi, ma considera che l'analisi non è l'operazione più importante per farci penetrare nella comprensione dell'universo.

L'analisi, infatti, ci mette in presenza di un mucchio di meccanismi smontati: essa disgrega, dissolve la realtà in frammenti sempre più piccoli.

Ma in definitiva perde di vista la realtà analizzata, perché questa è altra cosa che un brulichio di particelle.

La scienza non vede che la crosta delle cose.

A forza di atomizzare prescinde da tutto ciò che è unificazione superiore a un certo livello.

La scienza moderna, per ossessione dell'analisi, ha proiettato il centro del mondo verso il basso, cioè verso « l'infimo ».

Essa deve « convertirsi » e fare più attenzione alla « totalità » del reale.

Una interpretazione dell'universo deve raggiungere il di dentro tanto quanto il di fuori delle cose, lo spirito tanto quanto la materia.

Non basta scomporre un fenomeno per comprenderlo.

A questo proposito l'evoluzione ci ricorda opportunamente che il movimento principale del reale è la sintesi, che si manifesta sotto forme sempre più complesse e organizzate.

Occorre prendere come oggetto di scienza la « totalità » del fenomeno.

Ora, il centro di coerenza del reale non è da cercare in basso, nell'elemento, ma in alto, nell'uomo, centro di prospettiva e di costruzione dell'universo.

Il mondo non va verso il basso, ma in avanti e verso l'alto.

La scienza segna il passo perché non ha mai cercato di integrare il pensiero nelle sue categorie.

Di conseguenza, Teilhard rovescia i dati del problema: invece di poggiare sul basso, nell'elemento, il mondo non dipenderebbe piuttosto dall'alto, tramite ciò che sta avanti?

In altre parole, non siamo in presenza di un mondo orientato, finalizzato?

In conformità a questa convinzione Teilhard si applica a operare sulla totalità del reale.

Non ammette compartimenti stagni tra scienza e filosofia, tra scienza della natura e metafisica.

Evidentemente una tale ambizione lo conduce a un'estensione, di cui lo hanno rimproverato ( nonostante le precisioni che ha dato ), di alcuni concetti, come quelli di coscienza e di energia.

Così egli applica la nozione di « coscienza » anche a sistemi elementari che il senso comune considera sprovvisti di ogni bagliore psichico.

Teilhard insiste sul fatto che ogni materia, vivente o no, possiede un di dentro tanto quanto un di fuori, un aspetto psichico quanto uno fisico.

Questo aspetto psichico, effetto della complessità interna, lo chiama coscienza.

La parola non è sinonimo di pensiero: indica ogni specie di interiorità, dalle forme più elementari di attività interna fino al fenomeno umano della coscienza riflessa.62

Questo postulato di un di dentro delle cose è essenziale per capire lo studio che Teilhard fa dell'evoluzione.

Materia e coscienza non si oppongono, ma fanno parte integrante di un solo e medesimo schema dell'universo: « La materia puramente inerte, dice Teilhard, la materia totalmente bruta non esiste.

Ma ogni elemento dell'Universo contiene a un grado per lo meno infinitesimale, qualche germe di interiorità e di spontaneità, cioè di coscienza.

Nei corpuscoli molto semplici … questa proprietà ci rimane impercettibile, come se non esistesse.

In compenso la sua importanza cresce con la complessità, o, ciò che vuol dire la stessa cosa, col grado di centrazione dei corpuscoli su se stessi ».63

Di conseguenza, più l'organizzazione è grande, più la centrazione è importante e più la coscienza stessa è sviluppata.

La coscienza è proporzionata alla complessità: è la legge della complessità-coscienza.64

Queste nozioni onnipresenti nell'opera di Teilhard, non devono essere irrigidite, ma conservate nella fluidità che egli stesso ha dato loro.

2. Un approccio totalizzante del reale suppone che si dia all'uomo nell'universo un posto preminente.

Teilhard è convinto che non si può penetrare profondamente il senso dell'universo se lo si separa dal « fenomeno umano », perché il senso di ogni cosa risiede nell'uomo.

Precisiamo tuttavia che Teilhard, quando studia l'uomo, non lo considera innanzitutto nella sua vita psicologica, come Pascal, o nella sua natura di animale ragionevole, come il filosofo; ma dal di fuori, come uno scienziato.

Non studia l'individuo, ne la natura umana astratta, ma la massa degli uomini, la collettività umana, la carovana umana, il fenomeno umano, così come si potrebbe osservare con un telescopio gigante, attraverso i secoli.

Teilhard studia l'uomo da un punto di vista obiettivo e globale, come fenomeno inserito nello spazio e nella durata dei secoli, e all'interno del fenomeno più vasto ancora dello sviluppo dell'universo.

In breve, egli studia l'uomo e l'universo come un solo blocco.

Fino ad ora si è costruita una scienza dell'universo senza l'uomo, e una scienza dell'uomo ai margini dell'universo.

Si deve ora costruire una scienza dell'universo che abbraccia sia l'uomo che l'universo.

E questo ci porta a precisare ciò che si deve intendere per « fenomenologia »65 di Teilhard, così come si svolge nel fenomeno umano ( 1940 ) e nel gruppo zoologico umano ( 1949 ).

La sua fenomenologia non si deve confondere con quella di Husseri, Merleau-Ponty o Sartre, che vuol essere un'analisi rigorosa dell'atto cosciente.

Non è una fenomenologia della coscienza, ma della natura.

Teilhard ha conservato alla parola « fenomeno » il suo senso elementare, pre-filosofico, vale a dire tutto ciò che si presenta come un dato oggettivo alla conoscenza e alla sperimentazione.

La sua fenomenologia è rivolta verso le realtà del mondo esteriore e si imparenta con le scienze naturali.

Per i fenomenologi l'uomo è centro di riferimento, perché è la coscienza umana che da alle cose senso e valore; per Teilhard, l'uomo è centro dell'universo perché costituisce oggettivamente il coronamento e lo scopo dell'evoluzione.

La sua fenomenologia è una prima riflessione scientifica il cui oggetto è « l'osservabile »: niente di più del fenomeno, ma si deve subito aggiungere, tutto il fenomeno.

Questa precisazione è capitale.

Teilhard infatti non vuole semplicemente descrivere e analizzare l'osservabile.

Si mantiene sul terreno della scienza senza dubbio ( e non della filosofia propriamente detta ) ma cerca un legame tra le cose, come può apparire a livello delle scienze.

È a questo livello che cerca di scoprire un ordine coerente tra antecedenti e conseguenti.

Il principio di questo ordine strutturante, sarà un princìpio di valore scientifico, cioè il principio dell'evoluzione, che da a questa realtà terrena il suo posto nel processo del divenire: l'evoluzione, con la sua legge fondamentale di complessificazione interiorizzante e crescente, conglobante la totalità dei fenomeni.

Questa legge o principio dell'evoluzione si snoda seguendo un ritmo di divergenza, cioè di diversificazione a ventaglio; di convergenza, cioè di raduno, di unificazione, di unione; d'emergenza, cioè di convergenza che sfocia in una sintesi superiore che, pur restando in continuità con quanto precede, porta del completamente nuovo.66

Questa dialettica a tre tempi permette di includere anche la socializzazione umana, secondo un ritmo di espansione ( divergenza ), di compressione ( convergenza ), e di superamento ( emergenza ), vale a dire l'apparizione di un Omega ultra-umano.

Benché questa fenomenologia abbia per oggetto i fenomeni così come si presentano alla scienza, essa non si indentifica semplicemente con la scienza; essa non è neppure una pura metafisica.

Il suo ideale è di essere una riflessione scientifica, che congloberebbe tuttavia la totalità dei fenomeni, per scoprirne la struttura e l'unità.

È una specie di iperfisica o di ultra-fisica,67 che corona i due abissi di Pascal con un terzo abisso: un abisso di complessità.

Questa scienza nuova integra i dati delle scienze particolari, ne supera i limiti e abbraccia la totalità della realtà terrena: dalla materia all'uomo.

Si propone di riunire tutti i dati dell'esperienza umana in una visione unica, che va dalla fisica e dalla chimica alla storia e alla religione.

In breve, essa abbraccia il fenomeno umano nella sua globalità e totalità.

« Come avviene per i meridiani alle vicinanze del Polo, Scienza, Filosofia e Religione convergono necessariamente avvicinandosi al Tutto …

Impossibile tentare una interpretazione scientifica generale dell'Universo senza aver l'aria di volerlo spiegare fino in fondo ».68

Il principio di questa unità, l'abbiamo detto, è quello dell'evoluzione, che va dalle infime radici materiali della vita fino al suo sviluppo spirituale più elevato.

L'ambizione di Teilhard è la costruzione di una serie legata di fenomeni che si estendono, sotto l'azione del processo evolutivo, fondamentalmente unico, dal polo materiale al polo spirituale dell'esperienza.

Se il fenomeno umano è completato dal fenomeno cristiano è perché Teilhard ha sempre pensato il fenomeno umano nella sua totalità e nel suo completamento in Gesù Cristo.

L'ideale di Teilhard può lasciare scettico lo scienziato, stupire il filosofo, sconcertare il teologo.

Ma seduce incontestabilmente l'uomo che vede il reale con uno sguardo d'insieme.

Il pensiero di Teilhard è affascinante perché supera i limiti della specializzazione e tende a una visione che considera l'uomo nella sua totalità.

Teilhard vede il mondo intero rivolto verso l'uomo e, al di là di lui, verso Cristo.

Il punto di partenza di Teilhard è deliberatamente quello della scienza, non quello della rivelazione e della fede; la sua visione del mondo, tuttavia, ha una portata filosofica e teologica più grande di quanto lui voglia.

In particolare il modo in cui deduce l'esistenza e la natura del punto Omega, dipende dalle modalità di pensiero caratteristiche della filosofia.

Anche la sua visione del mondo è tributaria della sua fede cristiana.

Non avrebbe tracciato con mano cosi sicura l'immagine del punto Omega, se non avesse conosciuto prima Cristo e il mistero del Corpo di Cristo.

Questo lo confessa, ma rimane convinto che è condotto a queste prospettive da una fenomenologia strettamente scientifica: è sicuro che una riflessione imparziale sulla totalità dei fenomeni condurrà a modi di vedere che orienteranno per lo meno nella direzione della dottrina cristiana.

Perché ha sete di avvicinare la fede e la scienza, Teilhard presenta a volte forme affrettate d'armonizzazione.

In realtà Teilhard è un profeta, un veggente, che ha tutto l'ardore del neofita: egli vuole ispirare una fede, convenire l'uomo moderno a una visione, che è la sua, cioè il mondo nella sua potente ascensione verso l'uomo; e l'uomo nella sua vocazione di « costruttore » del Corpo di Cristo.

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62 Le Phénomène humain, 1940, Oeuvres 1, p. 53. Quando si tratta di psiche umana, Teiihard parlerà di coscienza riflessa, di riflessione.
63 La Piace de l'homme dans l'Univers, 1942, Oeuvres 3, p. 316. Non vi è realtà che non abbia un interno e un esterno. L'Universo, la realtà è bifronte.
Ogni essere possiede un focolaio di organizzazione materiale (l'esterno) e un focolaio di centro interiore, psichico: è la coscienza (Le Phénomène humain, 1940, Oeuvres 1, pp. 52-63).
64 « Per complessità di una cosa intediamo … la qualità che possiede questa cosa di essere formata:
1) da un maggior numero di elementi;
2) più strettamente organizzati tra loro. Dunque non semplice molteplicità ma molteplicità organizzata.
Non soltanto complicazione: ma complicazione intorno a un centro » (Vie et Planèfes, 1945, Oeuvres 5, pp. 137-138).
65 P. SMULDERS, Le visto» de Teiihard de Chardin, Bruges-Paris, 1964, pp. 27-29 (trad. it. La visione di T. de Chardin, Boria, Roma).
66 Illustriamo questa terminologia con degli esempi:
1) Divergenza: da un phylum nascono delle ramificazioni.
Per esempio: da un rettile indifferenziato, si passa a dei rettili che volano, che nuotano, che si arrampicano, che saltano.
2) Convergenza: forme diverse, a motivo di un identico ambiente, sviluppano una o più somiglianze.
Per esempio: insetti diversi sviluppano un sistema di ali.
3) Emergenza: salti maggiori e qualitativi: per esempio, apparizione della vita, del pensiero.
67 Le Phénomène Vumean, 1940, Oeuvres 1, p. 22.
68 Ibid., p. 22.