Gesù Cristo rivelazione dell'uomo

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Capitolo quinto - IX

IX. Concetto di Cristo

Cristo è entrato nella vita di Pascal al momento della sua conversione, come ne testimonia il Memoriale.

Ora il Cristo del Memoriale è il Cristo dell'agonia, della passione e della croce: il Cristo del mistero di Gesù.

Il Cristo glorificato della risurrezione sembra cancellato.

Ciò che le scienze ci fanno conoscere, non ha niente a che vedere con la « scienza » di Gesù Cristo, di cui parla san Paolo.

Le grandezze della materia e dello spirito non sono niente in confronto alle grandezze della carità manifestata in Gesù Cristo: è di un altro ordine.

Per Pascal, Gesù Cristo è il termine della sua apologetica perché solo il Cristo può rivelare l'uomo rivelandogli Dio.

Non soltanto Cristo è Luce, Verità, ma è anche rimedio alla miseria umana.

È il Salvatore.

Perché il nostro vero male, tutto il nostro male, è il peccato, e il Cristo soltanto ce ne libera mediante la sua obbedienza fino alla morte di croce.

Dio si è incarnato, meno per regnare sulla sua creazione che per salvare e unire a sé coloro che credono in lui.

Il fondo della miseria dell'uomo è il suo peccato, l'assenza di Dio.

Il grande mistero, di conseguenza, è quello della croce.

La vera gioia ( quella del Memoriale ) è quella che nasce dal riconoscimento di questo dono di salvezza, che è l'inizio della vita eterna.

Pascal, come scienziato, lavora certamente al progresso della scienza, ma non chiede al cristiano di costruire il mondo.

In nessun momento, secondo lui, il mondo sembra interessare il fondo della condizione umana.

Piuttosto che una realtà da costruire, il mondo è una realtà alla quale si corre il rischio di attaccarsi troppo.

Pascal non pensa alla collettività umana come tale, ma al « prossimo » personale, al « vicino » che si incontra nella vita, come membro di Gesù Cristo.

Questa visione individuale e interiore ha tuttavia una risonanza universale nell'idea del corpo mistico: « il minimo movimento importa a tutta la natura; il mare intero cambia a causa di una pietra.

Così è nella grazia, la minima azione importa, per le conseguenze, a tutto.

Quindi tutto è importante » ( B505 C656 ).

Ogni azione ha una risonanza universale, in quanto appartiene all'ordine della carità.

In Teilhard, non si tratta di conversione ( al punto di partenza ), ma piuttosto di vocazione, in cui fedeltà al mondo e fede in Dio sono un tutt'uno, in cui ogni sforzo umano, fosse esso profano, deve concorrere a costruire il Regno.

Lo sforzo umano è la continuazione, fino al suo termine, dell'evoluzione universale.

E l'evoluzione, a sua volta, nel suo esercizio concreto, non è che il volto visibile di un'opera che è insieme creazione, incarnazione e redenzione.

L'evoluzione, in definitiva, è l'edificazione del Cristo totale.

Per Pascal, Cristo viene incontro al cuore umano, ferito, peccatore, per guarirlo.

Per Teilhard, Cristo viene incontro all'uomo, freccia dell'evoluzione, per assicurare il successo del suo cammino in avanti.

Il Cristo di Teilhard è il Cristo evolutore, che fa andare avanti l'evoluzione; è il Cristo universale che riunisce l'universo e l'umanità mediante l'amorizzazione.

Teilhard certo, non nega le rotture, le discontinuità di questo cammino dell'evoluzione, ma la sua attenzione va innanzitutto al progresso da promuovere, all'umanizzazione da realizzare.

Fin d'ora il mondo riceve, fin nelle sue fibre materiali, gli effetti della discesa di Dio in una carne d'uomo e in una materia transustanziata dall'eucaristia.

Il Cristo di Teilhard è il Cristo dell'Apocalisse, il Cristo cosmico della lettera ai Colossesi, il Cristo universale, il Cristo ricapitolatore e parusiaco, il super-Cristo.

Teilhard cerca di esprimere in immagini volutamente eccessive ( moltiplicazione dei super e dei superlativi ) l'influenza del Verbo incarnato su tutto l'universo materiale.

Influenza che egli riallaccia soprattutto alla risurrezione e all'eucaristia.

Il Cristo di Teilhard guadagna in estensione ma perde molto della interiorità pascaliana.

Si trovano, certo, nell'opera di Teilhard ( specialmente nell'Ambiente divino ) pagine nelle quali si tratta dell'incontro personale dell'uomo con Gesù, ma il cuore a cuore del cristiano con un Cristo intensamente presente, come lo descrive san Paolo, per esempio, affiora raramente nei testi.

In generale, il dettaglio della vita di Gesù, il messaggio delle parabole, delle beatitudini, in breve la lettera del Vangelo tiene poco posto negli scritti di Teilhard.

La croce appare come la legge dell'evoluzione.

Non vi è progresso, non vi è evoluzione, non vi è unificazione del multiplo, senza sofferenza e senza dolore.

La croce è il simbolo più del lavoro arduo dell'evoluzione che della condizione del cristiano che, ogni giorno, deve morire al peccato.

La via regale della croce, è il cammino dello sforzo umano, arduo e continuamente rettificato.

Il peccato appare meno come responsabilità individuale che come responsabilità collettiva della carovana umana.

L'umanità consentirà a unirsi per amorizzazione?

Oppure comprometterà il successo dell'evoluzione?

È votata al suicidio o all'adorazione?

Senza alcun dubbio vi è più posto in Teilhard per il Cristo vincitore e pantocrator che per il Cristo salvatore e giudice.

Tuttavia, ciò che è passato sotto silenzio, o capito in un'altra prospettiva ed espresso in altri termini, non è, per questo, negato.

Blondel, a differenza di Pascal e di Teilhard, non presenta il Cristo apertamente come chiave d'intelligibilità del mistero dell'uomo o del mistero dell'evoluzione dell'umanità.

L'ipotesi cristiana è semplicemente presentata come la risposta possibile al voto profondo dell'agire umano.

Senza dubbio, nel pensiero di Blondel, Cristo è quell'Assoluto personale al quale è sospeso tutto il dinamismo volontario.

Ma nei termini espliciti de L'Azione, che vuole essere un discorso solo filosofico, Cristo non è al proscenio.

Cristo rimane tuttavia il cifrario intimo, la chiave del pensiero e dell'azione di Blondel.

Cristo per. Blondel è innanzitutto il Verbo incarnato e il Cristo eucaristico.

Il pancristismo di Blondel è il Cristo totale, il Verbo incarnato, che assume tutta la realtà ( cosciente o incosciente, storia e universo ) e gli da consistenza e unità.

Senza il Cristo, che, per l'incarnazione, è il legame e il fine della creazione, l'universo sarebbe irrimediabilmente incompiuto.

Cristo è l'Amalgamante universale, il Vinculum di tutta la realtà eterogenea che egli unifica e consolida.

A differenza di Pascal che separa i tre ordini, Blondel, mediante il suo pancristismo ( come Teilhard del resto, mediante il suo Cristo universale ) cerca di unirli.1

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1 Ma se si deve parlare di filiazione, occorrerebbe senza dubbio affermare che l'influenza va da Blondel a Teilhard, poiché la corrispondenza Blondel-Valensin sul pancristismo risale al 1902, dunque molto prima degli scritti di Teilhard.