Gesù Cristo rivelazione dell'uomo

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Capitolo nono - IV

IV. Precisazioni necessarie

Anche se la follia della croce è la sola che possa affrontare la follia del male, non si può impedire che il problema si ponga, ne che la ragione umana rifletta a suo riguardo.

Anche se l'ultima parola spetta alla rivelazione, la filosofia ha il suo contributo da dare, ed è un contributo valido: essa situa il problema, vi porta delle precisioni, evita i vicoli ciechi.21

Dio può non creare essere liberi, ma se crea angeli e uomini, potranno fallire, perché ogni volontà creata, finita, è subordinata a una regola increata che non si identifica con essa.

L'uomo è libero, ma non è impeccabile.

Una creatura libera « naturalmente impeccabile » sarebbe una contraddizione: se non pecca, è « per grazia ».

Dio, senza dubbio, avrebbe potuto creare esseri di colpo beatificati, glorificati, ma in un tale ordine non vi sarebbe stato posto per il perdono, l'incarnazione, la croce » - Jacques Maritain scrive a questo proposito: « La peccabilità della creatura è la condizione dell'effusione stessa della bontà creatrice, la quale per donarsi personalmente al punto di trasformare in sé un essere distinto da sé, deve essere liberamente amata d'amicizia, e per essere liberamente amata d'amicizia, deve fare delle creature libere, e per farle libere, deve farle fallibilmente libere.

Senza la libertà fallibile, non vi è libertà creata; senza libertà creata, non vi è amore d'amicizia tra Dio e la creatura; senza amore d'amicizia tra Dio e la creatura, non vi è trasformazione soprannaturale della creatura in Dio, non vi è entrata della creatura nella gioia del suo Signore.

Ed era bene che questa suprema libertà fosse liberamente conquistata.

Il peccato, il male è il prezzo della gloria ».22

Il peccato esiste, ma ciò che è voluto è il compimento di un'opera d'amore che trascende tutto l'ordine del mondo.

Il peccato non può essere considerato al di fuori della trasfigurazione dell'uomo mediante la grazia.

Esiste dunque un legame tra libertà-peccato, da parte dell'uomo, e l'eccesso d'amore manifestato mediante l'incarnazione, la redenzione, la divinizzazione, da parte di Dio.

Nello stesso progetto, Dio ha decretato un ordine dove abbonda il peccato è dove sovrabbondano il suo amore, la sua grazia, la sua misericordia.

Davanti alle soluzioni insoddisfacenti dell'acquietamento e della ribellione, la filosofia ha moltipllcato le precisioni per meglio delimitare il problema, senza pertanto risolverlo.

Ha innanzitutto sottolineato che il male è la privazione di un bene, di una perfezione necessaria all'essere perché sia se stesso.

Il danaroso che non ha potuto arrotondare il suo patrimonio perché ha perso al gioco, e l'uomo che ha perso la vista in un incidente stradale, non sono afratto nella stessa situazione.

La vista rappresenta per l'uomo un bene necessario alla sua integrità d'uomo.

Bene e male quindi non si oppongono come due realtà positive, fatte della stessa stoffa.

Il male è relativo al bene, ma non ne è il contrario, come caldo e freddo.

Precisiamo ancora che il male è l'assenza di un bene ( per esempio la salute ) necessario per essere pienamente se stesso.

Si deve tener conto dell'idea di compimento inscritta in ogni cosa.

Il male infatti scivola in questo intervallo che separa ciò che gli esseri sono da ciò che possono diventare: è legato a un non-compimento radicale.

In un universo dove ogni essere possedesse subito la pienezza di cui è capace, la sola alternativa sarebbe di essere o di non essere.

Se, d'altra parte, una volta realizzati, gli esseri non potessero perdere niente di ciò che sono, nessun male li potrebbe colpire.23

La verità è che Dio non ha voluto creare un museo, ma un universo vivente e libero, che si crea o si discrea.

Ciascuno è fonte di un potere creatore, fonte di un superamento possibile, capace anche di mancare alla sua dignità.

L'idea statica del miglior mondo possibile è incoerente.

Il mondo attuale, in un certo senso, non è il migliore possibile, perché dipende da noi che sia sempre migliore, sempre più unito a Dio, partecipe della sua stessa vita.

Il nostro compimento, come quello del mondo, dipende dalla nostra libertà.

La libertà verte su un punto preciso: io posso rifiutare di di ricevere il mio compimento da un Altro.

Se non ci fosse in me uno slancio, un'aspirazione verso un Valore supremo solo capace di colmarmi, non ci sarebbero in me che deficienze tecniche: non ci sarebbe il problema del male.

Il dilemma è il seguente: o io sono per me stesso la sola regola, la sola misura dei miei atti, e allora io sono Dio; oppure mi riconosco finito, limitato e di consegunza cosciente che non posso completarmi, realizzarmi che dipendendo da Qualcuno che non sono io.

Dio, da parte sua non può che volere la pienezza del mio compimento.

Ma la potenza della libertà umana è di poter dire no all'attrattiva che si completerà.

La fonte del male è questo potere di rottura legato alla libertà.

Il male morale non consiste nell' « uscire dalla regola », ma nel « rifiutare di entrarvi »

Io posso volere non riferirmi a un altro diverso da mee, per il fatto stesso, perdere la realtà che sarebbe il mio completamento.

Parlare di « privazione » senza aggiungere subito l'idea di compimento e di superamento dell'uomo, conduce alla caricatura atroce di un Dìo sadico, che ha creato degli esseri liberi e dunque fallibili per soddisfare il suo piacere d'esteta.

La verità è che se Dio ha creato degli esseri liberi, è per meglio conformarli a se stesso, per dare loro il potere di decidere essi stessi del loro libero completamento mediante una risposta d'amore a colui che si presenta egli stesso come mendicante d'amore.

Queste precisioni segnano il cammino, ma non acquietano le questioni concrete dell'uomo di fronte al crimine, all'odio, all'ingiustizia, al martirio dell'innocente.

All'enigma del peccato, Cristo non propone una spiegazione metafisica, ma un intervento, una presenza: il castigo dell'Innocente al nostro posto di peccatori.

Comprenda chi può.

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21 Su questo soggetto vedere: B. GEIGER, L'expérience humaine du mal, « Voi vivante », Paris, 1969;
C. JOURNET, Le mal. Essai théolo-gique, Paris, 1962; E. BORNE, Le problème du mal, Paris, 1958;
R. VERNEAUX, Problèmes et Mystères du mal, Paris, 1956; J. NABEKT, Essai sur le mal, Paris, 1955 e 1970 (trad. it. Saggio sul male, La Garangola, 1974);
O. RABUT, Le mal, question sur Dieu, Tournai, 1971;
TH. DEMAN, Le mal et Dieu, Paris, 1943; J.-C. BARREAU, Où est le mal?, Paris, 1969;
F. HAINAUT, Le mal. Enigme scandaleuse, contestation radicale, Paris, 1971.
22 J. MARITAIN, « S. Thomas d'Aquin et le problème du mal », in AA.VV., Le mal est farmi nous, Paris, 1948, pp. 290-291.
23 Resta lo scandalo per eccellerla del non-compirnento dovuto alla morte.
Solo la possibilità di un superamento incommensurabile può aprire qui uria via che gli sia proporzionata essere vulnerabile, cioè di essere toccato da questa dipendenza da Qualcuno che non sono io; posso voler essere me stesso da me stesso; posso rifiutare di « dipendere »