Gesù Cristo rivelazione dell'uomo

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Capitolo nono - V

V. Cristo difronte al peccatore

Non abbiamo altro modo di conoscere il punto di vista di Dio sul peccato che a partire da Cristo.

Se c'è qualche cosa da capire, lo si capisce guardandolo.

Se la luce deve venire, è da lui che viene, la luce che approfondisce il mistero invece di rimuoverlo, che si fa più intensa a mano a mano che l'accogliamo.

Dalla Genesi al Vangelo, da Osea a Giovanni, la Scrittura non cessa di presentare Dio come un « amante ».

La creazione è una storia a due dove il sì di Dio sollecita il sì della sua creatura.

La creazione, per compiersi, ha bisogno del consenso dell'uomo, perché Dio non crea degli schiavi come lo pretendeva il Grande Inquisitore, ma dei liberi.

Non è un despota, ma un amante: invita, chiama, prega: « Se tu vuoi! ».

Dio ama abbastanza gli uomini per deporre la sua potenza e correre il rischio di un rifiuto.

Se vi è un inferno sarà quello che ciascuno avrà voluto.

L'uomo infatti, può sottrarsi a questa collaborazione, soffocare quest'appello e trascinare con sé una « de-creazione » dell'universo, ma non può impedire all'Amore di continuare ad amare.

A mano a mano che si capisce Dio e il suo amore, si entra negli abissi della sua tenerezza e della sua fragilità.

Creando delle libertà, Dio accetta di essere crocifisso da coloro che rifiutano di amarlo, ma non può per questo cessare di essere sempre « in stato d'amore ».24

Nella prospettiva della rivelazione si deve invertire la negazione di Camus e d'Ivan Karamazov.

Invece di dire: « Se il male esiste, Dio non esiste », si deve dire: « Se il martirio degli innocenti è così grave, è perché Dio esiste ed è vittima con l'innocente ».

Se il peccato è così mostruoso, è perché colpisce l'uomo nella sua dignità infinita.

È perché Dio esiste che il male può avere quel volto orribile, scandaloso, di un tradimento.

Dio è preso di mira nell'innocente, crocifisso con lui.

Il peccato siamo noi stessi « in stato di rifiuto ».

Davanti a una umanità ostinata, chiusa su se stessa, murata nella sua ribellione, che può fare l'amore, se non continuare ad amare, perché Dio è Amore?

Continuare ad amare, come lo sposo ferito dal tradimento della sposa e che offre la sua fedeltà lacerata e lacerante, nella speranza che l'amore infine risponda all'amore.

È proprio così che Cristo si rivela nelle sue parabole, nei suoi atteggiamenti, nei suoi gesti che sono dei segni.

Davanti alla samaritana avremmo noi agito come Cristo?

A questa peccatrice, propone la via della più alta riconciliazione.

Avremmo noi scelto dei traditori come Pietro e Giuda, per farne uomini di fiducia?

Agli occhi di Cristo, il più miserabile è capace del più grande amore, il cattivo ladrone è il primo candidato al Regno dei cieli.

L'originalità del cristianesimo, è di aver definito il rapporto dell'uomo con Dio, dell'infinita piccolezza con l'infinita grandezza, in termini di « reciprocità ».

Dio attende di essere amato in contraccambio, e per amore del nostro amore, ci lascia il potere della rottura o del consenso.

È questo il significato della parabola del figlio! prodigo.

Dio fa il gioco della libertà: tace di fronte alle nostre partenze.

Al ritorno del figlio, che ha sperperato tutto quanto ha ricevuto, non è ne la collera, ne la giustizia, ne il perdono che si esprimono nel comportamento del padre: è il padre che attende il figlio, che lo vede venire da lontano, che interrompe le scuse, che gli fa indossare la veste, gli mette l'anello e le scarpe, che corre incontro a suo figlio e gli getta le braccia al collo, perché colui che soffre di più è colui che ama di più.

Dio ama, ma « alla misura di Dio », di un amore totalmente diverso da quello degli uomini.

La prima vittima del peccato, è Cristo.

La lavanda dei piedi anticipa l'atteggiamento di Cristo, definitivamente fissato nel « plastico » della croce.

Al momento di celebrare la sua ultima cena coi suoi, Cristo si abbassa, si abbassa fino a lavare i piedi dei suoi discepoli, compresi quelli di Giuda.

Incontro dell'amore e del rifiuto, della luce e delle tenebre, di Cristo e di Satana, del potere del male e della onnipotenza dell'amore.

Perché qui la onnipotenza è quella della fragilità, dell'abbassamento, della povertà.

Deliberatamente, Cristo assume la condizione di servo, interamente donato agli altri: al servizio degli uomini fino a quel servizio che consiste nel salvare gli altri a prezzo della propria vita.

La Cena, la lavanda dei piedi, la croce: è sempre l'amore che si dona, per amore, per disarmare l'odio e il rifiuto.

Ma il dramma dell'uomo, è di non credere all'amore di Dio per lui.

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24 M. ZUNDEL, « J'enrage quand on dit: Dieu permet le mal», Choisir 193 (gennaio 1976), pp. 14-17; ID., L'Évangile intérieur, Bruges, 1977, pp. 74-85.