Gesù Cristo rivelazione dell'uomo

Indice

Capitolo nono - VI

VI. Il Dio crocifisso: sola risposta

All'interrogazione dell'uomo sul problema del male, Dio non propone spiegazioni filosofiche; d'altra parte non rimane indifferente al peccato, ne ai suoi danni.

La risposta di Dio, è il volto sfigurato di suo Figlio « crocifisso per noi ».

L'incontro di questo volto è la risposta più decisiva, la più sconvolgente al problema del male.

Senza la croce, Dio resta dalla sua parte e noi dall'altra.

Ma, mediante la croce, Dio si mette dalla parte delle vittime, dei torturati, degli oppressi, dei degradati.

La fede cristiana regge o crolla davanti a questo sguardo: « Signore, mostraci il tuo volto e noi saremo salvi » ( Sal 80,4 ).

Conosciamo il dialogo drammatico, scritto da G. Bernanos ne Il diario di un curato di campagna,25 tra quest'ultimo e la castellana del villaggio, che avendo perso il suo bambino, vive nell'odio e nella ribellione contro Dio.

Se la prende con Dio!

Il curato, timidamente, osa parlargli di rassegnazione.

« Se non fossi rassegnata, replica la contessa, sarei morta ».

Appena cosciente delle sue parole, il curato prosegue: « Non si mercanteggia con Dio, occorre arrendersi alle sue condizioni.

Le dia tutto, egli vi renderà ancora di più ».26

Irata, la contessa grida: « Se esistesse in questo mondo, o altrove, un luogo in cui Dio non fosse presente … vi porterei il mio piccolo morto e direi a Dio: soddisfati! schiacciaci! ».

Il curato pensava ai singhiozzi, ai rantoli strappati alla nostra povera umanità sotto il torchio.

Dice: « Signora, se il nostro Dio fosse quello dei pagani e dei filosofi … potrebbe rifugiarsi nell'alto dei cieli, la nostra miseria lo farebbe precipitare.

Ma lei sa che il nostro Dio è venuto incontro a noi.

Lei può mostrargli il pugno, sputargli in faccia, e infine, inchiodarlo su una croce, che importa?

Questo è già avvenuto, figlia mia … L'inferno è di non amare ».

Allora, sfinita da una lotta interiore che dura da undici anni, la contessa si arrende.

Con un rapido gesto, getta nel fuoco la ciocca di capelli biondi del suo piccino che conservava in un medaglione e che testimoniava la sua ribellione contro Dio.

Essa sfugge così alla solitudine terribile: incontra l'Innocente sfigurato.

Improvvisamente il suo cuore si era aperto.

La speranza vi entrava, accorrendo dal largo, e la invadeva come un grande soffio di primavera.

Nello sguardo di Cristo, ella aveva ritrovato la serenità, la pace, la gioia incommensurabile.

La notte seguente, infranta dall'agonia che aveva vissuto da tanti anni, la castellana moriva, riconciliata con l'Amore.27

Due cuori spezzati nello stesso frantoio: ma l'amore aveva prevalso sull'odio.

Ugualmente, se noi vogliamo capire senza sfuggire, dobbiamo avere fiducia nella croce, in questa follia agli occhi del mondo, che si rivela più saggia di ogni spiegazione, più forte di ogni contestazione, più potente di ogni violenza.

Ciò che la croce ci insegna è che il primo ad essere colpito dalla libertà che ci ha dato, è Dio stesso: ne muore.

La legge suprema del mondo, non è una legge cosmologica, ma quella di un misterioso dialogo instaurato tra la libertà umana, alla quale è data la possibilità di avere l'ultima parola, e la libertà di Dio, la cui ultima parola, non è una parola, ma un atto, una passione che ci scopre fin dove va il peccato, ma nello stesso tempo fin dove va l'amore.

La ribellione non è padroneggiata dall'esterno, ma immersa nell'abisso dell'amore.

Invece di incontrare la resistenza, l'uomo incontra due braccia distese.

Per disarmare le nostre ribellioni, Dio propone una sovrabbondanza d'amore.

Diventa sulla croce, innalzata all'incrocio dei secoli, il contrappeso dell'amore lacerato, sanguinante, che in un certo modo squilibra per eccesso tutto il peso dei nostri disordini, disinnesca tutti i nostri odii.

Cristo in croce riesce a mettere nel mondo più amore di quanto potrà mai esserci di odio.28

Occorre quindi revisionare tutte le nostre idee su Dio.

Per rispetto della nostra libera decisione, Dio si lascia schiacciare e crocifiggere dal peccato.

Davide, venendo a conoscenza della morte di suo figlio Assalonne, grida: « Figlio mio, fossi morto io al posto tuo » ( 2 Sam 19,1 ).

Quando Dio vede i suoi figli scegliere la morte rifiutando di rispondere al suo appello, prende il loro posto: muore per loro, si fa il loro « garante ».

La croce ci trasferisce quindi in un universo situato al di là di ogni giustizia, nell'universo dell'amore, ma di un Amore totalmente altro, che è Mistero, perché è a « misura di Dio ».

Il peccato tende a eliminare Dio: Dio si lascia eliminare, senza dire nulla.

In nessun luogo, Dio è più se stesso che sulla croce: rifiutato, maledetto, condannato dagli uomini, ma senza cessare di amare, sempre fedele agli uomini che lo rifiutano, sempre « in stato d'amore ».

In nessun luogo Dio è più potente che nella sua impotenza.

Se il mistero del male è indecifrabile, quello dell'amore di Dio lo è ancora di più.

La croce è l'ultimo tentativo dell'amore per dissolverein noi l'odio, per smantellare l'egoismo, per togliere Dio dalla croce.

Ma che vi è dunque nell'uomo, in questa umanità pervertita, perché provochi un tale eccesso d'amore, se non la possibilità di un amore che può nascere, di un essere nuovo da generare, per sempre libero e liberato, di un « figlio » da introdurre nella vita trinitaria?

Sospeso al legno della croce, Cristo invita gli uomini a consegnarsi nelle mani del Padre, come figli che ha concepito col suo amore.

La croce di Cristo è la morte di Dio, è l'estremo dell'irragionevole, la vittoria più sbalorditiva, più allucinante delle forze del male su colui che è la Vita, la Potenza.

Ma nello stesso tempo è la rivelazione di un amore che prevale sul male, non attraverso la forza, non mediante un più d'amore, ma con un eccesso d'amore che consiste nel ricevere la morte dalla mano stessa di colui che ama e nel sopportare il castigo che gli è destinato, nella speranza di convertire all'amore l'amore ribelle.

La onni-debolezza di Dio diventa allora la sua onnipotenza.

« Le grandi acque non potranno spegnere l'amore, ne i fiumi sommergerlo » ( Ct 8,7 ).

Questo mistero dell'amore che si consegna è ancora più insondabile di quello dell'amore che si ribella.

« Sì, Dio ha tanto amato il mondo che ha dato il suo unico Figlio, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna.

Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui » ( Gv 3,16-17 ).

« Sì, dice san Paolo … noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani, ma, per coloro che sono chiamati … potenza di Dio e sapienza di Dio.

Perché ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini ( 1 Cor 1,22-25 ).

«Colui che non ama, non ha conosciuto Dio, perché Dio è Amore » ( 1 Gv 4,8 ).

Che poteva fare l'Amore che non abbia già fatto?

Ormai noi viviamo la nostra vita presente nella fede nel Figlio che ci ha amati e ha dato se stesso per noi ( Gal 2,20 ).

Non siamo più noi che viviamo, cioè noi stessi egoisticamente centrati su di noi, ma è Cristo che vive in noi.

Noi viviamo di un amore donato, consegnato, per Colui che si è prima consegnato, donato per noi.29

In Gesù Cristo e la sua croce, è Dio che si riconcilia il mondo ( 2 Cor 5,18 ).

D'ora in poi siamo figli di Dio e il suo Spirito abita in noi, ma per trasformare così la nostra condizione, è stato necessario che Dio diventasse solidale con gli uomini, che attraversasse ( senza tuttavia conoscere il peccato ) l'abisso dell'« assenza » aperto dal rifiuto e dalla ribellione dell'uomo.

Diventare così solidale con gli uomini peccatori e più che morire per loro, rappresentandoli in un modo esteriore; è più che assicurare il loro destino di fronte alla morte; è più che morire per amore del Padre: l'atto redentore consiste nell'assumere in un modo assolutamente unico tutto il peccato del mondo.

Perché solo l'atto del Figlio, nella sua duplice natura umana e divina, è capace di assumere una simile missione.

Cristo è il solo punto di convergenza in cui ogni cosa è compiuta, superata, abolita e sostituita dall'opera unica di Dio, compiuta in quanto uomo e che soltanto Dio, in quanto uomo può compiere.

E perciò lui solo può far partecipare alla sua unica croce gli uomini suoi simili, coi quali è più profondamente solidale di qualsiasi uomo, e ciò nella morte, dove ciascuno è assolutamente solitario .30

Alla serietà di Cristo crocifisso, consegnato per noi, deve rispondere la serietà del nostro amore, che lascia sciogliersi ogni rivolta e ogni rifiuto nell'incandescenza dell'amore trinitario: del Padre che dona suo Figlio perché sovrabbonda d'amore per gli uomini.

Indice

25 H G. BERNANOS, Journal d'un cure de campagne, Paris, 1936.
26 Ibid., p. 187
27 Ibid., pp. 185-193
28 B. BRO, Le pouvoir du mal, pp. 77-89.
29 Gaudium et spes, 22, par. 2
30 H. U. von BALTHASAR, « Le mystère pascal », in Mysterium salutis 12, Paris, 1972, pp. 113-137 (trad. it. Morcelliana, Brescia).