Gesù Cristo rivelazione dell'uomo

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Capitolo undicesimo - IV

IV. Un problema da « ridimensionare »

Prima di insorgere contro ogni forma di sofferenza, non è inutile « farcene una ragione », sotto pena di « sragionare ».

Le nostre obiezioni, infatti, si sollevano spesso contro falsi problemi; oppure le nostre proposte per correggere, una creazione che stimiamo difettosa, sono infine più disastrose dei mali che deploriamo.

1. Dimentichiamo troppo spesso che dolore, sofferenza e malattia sono in rapporto con la perfezione del sistema nervoso e della coscienza riflessa.

Più è elevata la vita biologica e psichica, più vivamente sono risentiti i disordini di questa vita.

Il dolore, nell'uomo, è « finalizzato ».

Ha il ruolo di avvertimento: è un segnale d'allarme e di protezione.

Se ha fame l'uomo cerca di nutrirsi; spontaneamente, si allontana dal fuoco che brucia; si mette in attività per difendersi contro il freddo; si riposa quando si sente stanco.

Altrimenti, muore di freddo, di fame, di esaurimento, di asfissia.

Se, per disgrazia, una malattia distrugge la trasmissione nervosa della sensibilità, è la catastrofe.

La finalità del dolore è di farci prendere coscienza di un disordine, per condurci a ristabilire l'ordine.

La sofferenza è la contropartita della perfezione dell'uomo.

Per sopprimerla non ci sono che due mezzi: sopprimere il disordine ( è evidentemente la migliore soluzione ) o sopprimere la coscienza ( nei casi di anestesia necessaria ).

Ma, in sé, il dolore è finalizzato alla salvaguardia e al ricupero della salute.

2. Ce la prendiamo in modo particolare contro le sofferenze causate dai cataclismi cosmici.

Sognarne tutti un pianeta dal comportamento esemplare: senza uragani, senza inondazioni e soprattutto senza terremoti.

Ma noi dimentichiamo subito che è alle scosse sismiche che dobbiamo l'equilibrio del nostro habitat e le possibilità di vita e di civiltà che esso ci offre.2

Per dare un giudizio d'insieme sull'economia dell'universo attuale, dovremmo avere la sapienza di Dio.

Un universo statico non ha senso.

Senza le correnti d'aria dell'oceano, non potremmo beneficiare dei cambiamenti di temperatura che portano la pioggia e la fecondità della terra.

Senza le scosse telluriche che gettano per aria i fondi dell'oceano, la superficie della terra sarebbe vuota, arida e sterile, perché i fiumi divorerebbero presto le montagne, e il vento trasformerebbe le pianure in deserto.

Se le case crollano, lo dobbiamo senza dubbio al genio costruttore dell'uomo, ma l'indiano della pampa, che vive a cielo aperto, non ha i problemi dell'uomo di città, quando la terra si mette a tremare.

3. Inconsciamente ci capita di confondere il problema della sofferenza con il problema del male, il male fisico con il male morale.

A dire il vero vi è un solo male: il peccato.

La malattia è il segno di una infermità della carne, ma, come tale, non costituisce una ribellione contro Dio.

Cristo stesso si è schierato contro il concetto corrente del suo tempo che attribuiva la malattia e le altre disgrazie ai peccati di colui che ne era la vittima.

« Quei diciotto, sopra i quali crollò la torre di Siloe e li uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, vi dico » ( Lc 13,4 ).

Ai discepoli che gli chiedevano a proposito del cieco nato: « Maestro, chi ha peccato, quest'uomo o i suoi genitori, perché sia nato cieco », Gesù risponde: « Ne lui ha peccato, ne i suoi genitori, ma è così perché si manifestassero in lui le opere di Dio » ( Gv 9,2-3 ).

Cristo lascia intravvedere un senso alla sofferenza, legato al mistero dell'azione divina nell'ordine della salvezza.

Agli occhi di Cristo, la sofferenza non è castigo del peccato personale, benché strettamente legato al peccato dell'umanità.

Avendo, infatti, il peccato dell'uomo introdotto nella storia umana uno spirito di ribellione contro Dio, ne consegue, nella creazione, un disordine di cui la sofferenza e la malattia sono la conseguenza e l'espressione.

Perciò Cristo, quando guarisce, salva l'uomo tutto intero, ma lo salva innanzitutto dal suo peccato.

« Se non vi convenite, perirete tutti allo stesso modo » ( Lc 13,3.5 ).

La dinamica della guarigione, è la salvezza in Gesù Cristo.

4. In fondo noi vorremmo che ci fosse coincidenza tra l'ordine fisico e l'ordine morale: che i « buoni » fossero sani, riuscissero negli affari, tenessero il potere, e che gli imbecilli o « sporcaccioni » fossero destituiti e castigati.

Nella migliore delle interpretazioni, un simile atteggiamento indica che noi siamo fatti per il regno di Dio, in cui ogni giustizia trionferà, santità e potenza saranno alleate.

Ma, per ora, non è detta l'ultima parola e tutta la creazione, l'uomo soprattutto, attende la manifestazione gloriosa del Figlio di Dio e dei suoi eletti ( Rm 8,21-22 ).

Nell'ordine attuale, un treno di pellegrini può deragliare come qualsiasi altro treno, un uragano può distruggere una cattedrale come un casinò.

Ciò che Dio ci domanda, non è di avere una buona salute, ma una obbedienza filiale, perché essa è l'ossigeno che si respira nell'aldilà.

La fede del cristiano, è che la salvezza è alla fine di tutto ciò che ci sembra disordinato e lugubre; che i cieli nuovi e la terra nuova rappresentano l'equilibrio finale al quale tendono le dolorose trasformazioni del tempo presente.

5. Detto questo, resta un caso in cui tutte le nostre distinzioni sembrano inciampare: quello della sofferenza innocente e sproporzionata, che si abbatte sul giusto, sui bambini.

A questo punto solo uno sguardo più penetrante sul senso della sofferenza può illuminarci, senza tuttavia darci l'evidenza.

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2 A.-D. SERTILANGES, Le problème du mal, 2 voi., Paris, 1951, 2, p. 98 (trad. it. Il problema del male, Morcelliana, Brescia, 1951).