Summa Teologica - I

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Articolo 6 - Se la volontà di Dio si compia sempre

In 1 Sent., d. 46, q. 1, a. 1; d. 47, q. 1, aa. 1, 3; De Verit., q. 23, a. 2; In 1 Tim., c. 2, lect. 1

Pare che la volontà di Dio non si compia sempre.

Infatti:

1. L'Apostolo [ 1 Tm 2,4 ] dice che « Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità ».

Ma ciò non avviene.

Quindi la volontà di Dio non sempre si compie.

2. La volontà sta al bene come la scienza alla verità.

Ora, Dio conosce ogni verità.

Quindi vuole ogni bene.

Ma non tutto il bene si attua, poiché tante cose buone potrebbero accadere, e invece non accadono.

Quindi la volontà di Dio non si compie sempre.

3. Sopra [ a. 5 ] si è detto che la volontà di Dio, essendo la causa prima, non esclude le cause seconde.

Ma l'effetto della causa prima può essere impedito dal difetto della causa seconda: come l'effetto della facoltà di locomozione è impedito dalla debolezza delle gambe.

Quindi anche l'effetto della volontà divina può essere frustrato dalla deficienza delle cause seconde.

Quindi la volontà di Dio non sempre si compie.

In contrario:

Nei Salmi [ Sal 115,3 ] si legge: « Egli opera tutto ciò che vuole ».

Dimostrazione:

È necessario che la volontà di Dio si compia sempre.

Per averne la dimostrazione bisogna considerare che gli effetti assomigliano alle proprie cause secondo la forma delle medesime.

E questa osservazione è valida tanto per le cause efficienti quanto per le cause formali.

Ora, considerando le cause formali, può succedere che una cosa non corrisponda a una forma particolare, ma non c'è cosa che possa non corrispondere alla forma universale: può infatti esserci qualcosa che non è un uomo, né un vivente, ma non può esserci una cosa che non sia un ente.

E altrettanto deve accadere per ciò che riguarda le cause efficienti.

Qualcosa infatti può avvenire all'infuori dell'influsso di questa o di quella causa particolare, ma non esiste cosa alcuna che sfugga all'influsso di una qualche causa universale sotto cui sono comprese tutte le cause particolari.

Perché se una causa particolare non produce il suo effetto, ciò è dovuto a un'altra causa particolare che lo impedisce, la quale a sua volta ricade sotto l'influsso della causa universale: dunque l'effetto in nessun modo può sfuggire all'influsso della causa universale.

E la cosa ha anche una riprova nel mondo fisico.

Una stella, infatti, può essere impedita di produrre il suo effetto, però qualsiasi effetto che risulti nel mondo fisico in seguito a una causa corporea impediente deve essere attribuito, per mezzo di cause intermedie, alla virtù universale del primo cielo.

Ora, essendo la volontà di Dio la causa universale di tutte le cose, è impossibile che essa non consegua il suo effetto.

Quindi ciò che pare sottrarsi alla volontà divina secondo un certo ordine ricade sotto di essa secondo un altro: il peccatore p. es., il quale da parte sua si sottrae peccando al volere divino, rientra sotto l'influsso della volontà di Dio mentre viene punito dalla sua giustizia.

Analisi delle obiezioni:

1. Il detto di S. Paolo: « Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati », ecc. può essere inteso in tre modi.

Primo, con un'applicazione restrittiva, in modo che ne risulti questo senso: « Dio vuole che siano salvati tutti gli uomini che si salvano »; « non perché », spiega S. Agostino [ Enchir. 103 ], « vi sia qualche uomo che Dio non voglia salvato, ma perché nessuno è salvato senza che Dio lo voglia ».

Secondo, con un'applicazione che includa tutti i generi dei vari individui, ma non i singoli individui di tutti i generi, cioè con questo significato: « Dio vuole che siano salvati uomini di ogni stato, maschi e femmine, Giudei e Gentili, grandi e piccoli, ma non tutti gli individui dei singoli stati ».

Terzo, stando al Damasceno [ De fide orth. 2,29 ], [ la parola di S. Paolo ] si riferisce alla volontà antecedente, non alla volontà conseguente.

Distinzione che non si desume dalla volontà divina, nella quale non vi è il prima e il dopo, ma dalle cose volute.

Per comprendere ciò è necessario considerare che ogni cosa è voluta da Dio in quanto è buona.

Ma una cosa che, al primo aspetto e considerata assolutamente, è buona o cattiva, se viene considerata legata a una speciale circostanza, il che è una considerazione conseguente, può risultare tutto l'opposto.

Considerando le cose in modo assoluto, p. es., è bene che un uomo viva ed è male che un uomo sia ucciso; se però si aggiunge la circostanza che un tale uomo è un omicida e da vivo risulta pericoloso alla società, è un bene che sia ucciso ed è un male che viva.

Quindi si potrà dire che un giudice giusto vuole, antecedentemente [ a tale considerazione ], che ogni uomo viva, ma conseguentemente [ a tale considerazione ] vuole che l'omicida sia impiccato.

Così Dio di volontà antecedente vuole che ogni uomo si salvi, ma di volontà conseguente vuole che alcuni siano dannati secondo le esigenze della sua giustizia.

- È certo però che quanto noi vogliamo con volontà antecedente non possiamo dire di volerlo puramente e semplicemente, ma solo sotto un certo aspetto.

Poiché la volontà si riferisce alle cose come sono in se stesse, e in se stesse le cose esistono con le loro circostanze particolari: perciò noi vogliamo puramente e semplicemente una cosa quando la vogliamo considerata in tutte le sue circostanze particolari, il che è volere di volontà conseguente.

Quindi si può dire che il giudice giusto vuole puramente e semplicemente che l'omicida sia impiccato, ma sotto un certo aspetto, cioè in quanto esso è un uomo, vorrebbe che esso vivesse.

Per cui quest'ultima può dirsi piuttosto velleità, anziché volontà assoluta.

- E così è evidente che ciò che Dio vuole si attua anche qualora non si attui ciò che egli vuole con volontà antecedente.

2. Per avere un atto della potenza conoscitiva basta che l'oggetto conosciuto sia nel soggetto conoscente; invece l'atto della potenza appetitiva si riferisce alle cose come sono in se stesse.

Ora, tutto ciò che può avere ragione di ente e di vero esiste virtualmente in Dio nella sua totalità, ma non tutto esiste nella realtà creata.

Quindi Dio conosce ogni verità, eppure non vuole ogni bene, se non in quanto vuole se stesso, nel quale virtualmente ogni bene esiste.

3. Una causa prima può essere impedita di produrre il suo effetto dalle deficienze di una causa seconda quando non è la prima causa universale che comprende sotto di sé tutte le cause: perché allora l'effetto non potrebbe sfuggire in alcun modo al suo influsso.

E questo è il caso della volontà di Dio, come si è spiegato [ nel corpo ].

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