Summa Teologica - I

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Articolo 3 - Se Dio riprovi qualcuno

In 1 Sent., d. 40, q. 4, a. 1; C. G., III, c. 163; In Rom., c. 9, lect. 2

Pare che Dio non riprovi nessuno.

Infatti:

1. Non si può riprovare colui che si ama.

Ma Dio ama tutti gli uomini, come dice la Sacra Scrittura [ Sap 11,24 ]: « Tu ami tutte le cose esistenti, e nulla disprezzi di quanto hai creato ».

Quindi Dio non riprova nessun uomo.

2. Se Dio riprovasse qualcuno bisognerebbe [ concedere ] che tra la riprovazione e i reprobi ci sia la stessa relazione che passa tra la predestinazione e i predestinati.

Ma la predestinazione è causa della salvezza dei predestinati.

Quindi la riprovazione sarà causa della perdizione dei reprobi.

Ma ciò è falso, poiché, come dice la Scrittura [ Os 13,9Vg ]: « La tua perdizione viene da te, o Israele; da me viene solo il tuo aiuto ».

Quindi Dio non riprova nessuno.

3. A nessuno può essere imputato ciò che egli non può evitare.

Ma se Dio riprovasse qualcuno, questi non potrebbe evitare la perdizione, poiché sta scritto [ Qo 7,13 ]: « Osserva l'opera di Dio: chi può raddrizzare ciò che egli ha fatto curvo? ».

Non si potrebbe dunque imputare agli uomini la loro perdizione.

Ma ciò è falso.

Quindi Dio non riprova nessuno.

In contrario:

Dice la Sacra Scrittura [ Ml 1,2s ]: « Ho amato Giacobbe e ho odiato Esaù ».

Dimostrazione:

Dio riprova alcuni.

Infatti abbiamo già detto [ a. 1 ] che la predestinazione è una parte della provvidenza.

E si è anche dimostrato [ q. 22, a. 2, ad 2] che la provvidenza può ragionevolmente permettere qualche deficienza nelle cose ad essa sottoposte.

Essendo quindi gli uomini indirizzati alla vita eterna dalla provvidenza divina, appartiene ad essa il permettere che alcuni manchino di raggiungere questo fine.

E ciò viene detto riprovare.

Quindi, come la predestinazione è una parte della provvidenza relativamente a coloro che da Dio vengono ordinati alla salvezza eterna, così la riprovazione è una parte della divina provvidenza rispetto a coloro che non raggiungono tale fine.

Per cui la riprovazione non dice soltanto prescienza, ma aggiunge concettualmente qualcosa, come si è già visto [ q. 22, a. 1, ad 3 ] per la provvidenza.

Come infatti la predestinazione include la volontà di conferire la grazia e la gloria, così la riprovazione include la volontà di permettere che qualcuno cada nella colpa, e [ la volontà ] di infliggere la pena della dannazione per il peccato.

Analisi delle obiezioni:

1. Dio ama tutti gli uomini, anzi ama tutte le creature, in quanto a tutti gli esseri vuole del bene; non a tutti però vuole ogni bene.

Per cui quando ad alcuni non vuole il bene della vita eterna si dice che li ha in odio, o che li riprova.

2. Quanto al modo di causare, la riprovazione si comporta diversamente dalla predestinazione.

La predestinazione infatti è causa tanto di ciò che è atteso dai predestinati nella vita futura, cioè della gloria, quanto di ciò che da essi è percepito nel presente, cioè della grazia.

La riprovazione invece non è causa di ciò che si verifica nella vita presente, cioè della colpa, ma solo dell'abbandono da parte di Dio.

È tuttavia causa di ciò che sarà inflitto nel futuro, cioè della pena eterna.

Ma la colpa proviene dal libero arbitrio di colui che è riprovato e abbandonato dalla grazia.

E così si avvera il detto del profeta: « La tua perdizione proviene da te, o Israele! ».

3. La riprovazione di Dio non riduce affatto le capacità dei reprobi.

Per cui, quando si dice che i reprobi non possono ottenere la grazia, ciò va inteso non di una impossibilità assoluta, ma di una impossibilità condizionata: nel senso in cui sopra [ q. 19, a. 8, ad 1 ] abbiamo detto che è necessario che il predestinato si salvi, cioè di una necessità condizionata, la quale non toglie il libero arbitrio.

Quindi, sebbene chi è riprovato da Dio non possa ottenere la grazia, tuttavia dipende dal suo libero arbitrio che cada in questo o in quel peccato.

Giustamente dunque ciò gli viene imputato a colpa.

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