Summa Teologica - I

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Articolo 1 - Se in Dio vi siano delle relazioni reali

In 1 Sent., d. 26, q. 2, a. 1; C. G., IV, c. 14; De Pot., q. 8, a. 1; Comp. Theol., c. 53; In Ioan., c. 16, lect. 4

Pare che in Dio non vi siano delle relazioni reali.

Infatti:

1. Boezio [ De Trin. 4 ] dice: « Quando le nostre categorie si riferiscono a Dio, quelle che gli si possono riferire si mutano nella categoria di sostanza; però in nessun modo gli possiamo attribuire la relazione ».

Ma tutto ciò che è realmente in Dio possiamo a lui attribuirlo.

Quindi in lui non c'è realmente alcuna relazione.

2. Boezio asserisce nello stesso libro [ 6 ] che « nella SS. Trinità la relazione del Padre al Figlio, e quella di ambedue allo Spirito Santo, è come quella di un'identica cosa a se stessa ».

Ma questa è solo una relazione di ragione: poiché ogni relazione reale richiede due termini reali.

Quindi le relazioni che si pongono in Dio non sono reali, ma solo di ragione.

3. La relazione di paternità è una relazione di principio.

Ora, l'espressione: Dio è il principio delle creature non implica una relazione reale, ma solo di ragione.

Quindi neppure la paternità è una relazione reale.

E lo stesso si deve dire delle altre relazioni che si attribuiscono a Dio.

4. La generazione in Dio avviene come processione del verbo mentale.

Ma le relazioni che derivano dalle operazioni intellettuali sono relazioni di ragione.

Quindi in Dio la paternità e la filiazione, che sono desunte dalla generazione, sono soltanto relazioni di ragione.

In contrario:

Il Padre non è detto tale se non per la paternità, e il Figlio per la filiazione.

Se dunque la paternità e la filiazione non sono realmente in Dio, ne segue che egli non è Padre e Figlio realmente, ma solo secondo il nostro modo di concepire: e questa è l'eresia di Sabellio.

Dimostrazione:

Vi sono in Dio alcune relazioni reali.

Per chiarire questo punto si deve notare che solo nella categoria della relazione si trovano alcune specie che non sono reali, ma soltanto di ragione.

Il che non avviene nelle altre categorie: poiché queste altre, come la quantità e la qualità, prese anche secondo il loro concetto essenziale, significano qualcosa di inerente al soggetto.

Invece la relazione, presa secondo il suo concetto essenziale, comporta solo un ordine a qualche altra cosa.

E tale ordine qualche volta è nella natura stessa delle cose: come quando queste per natura sono tra loro ordinate e tendono l'una all'altra.

E le relazioni di questo tipo sono necessariamente reali.

Come nei gravi c'è l'inclinazione e la tendenza verso il centro della terra, e perciò vi è in essi un ordine o relazione a questo centro.

E lo stesso avviene in altre cose simili.

Invece talvolta il rapporto espresso dai termini relativi si trova soltanto nella ragione che conosce e confronta un termine con l'altro; e allora si ha una relazione soltanto di ragione: come quando questa mette in rapporto l'uomo con l'animale come la specie al genere.

Ora, quando un soggetto procede da un principio di uguale natura, tutti e due, ossia ciò che procede e il suo principio, necessariamente convengono nello stesso ordine, e perciò le relazioni che li uniscono sono di necessità relazioni reali.

Essendo dunque le processioni divine in identità di natura, come si è detto [ q. 27, a. 3, ad 2 ], anche le relazioni che ne seguono sono necessariamente relazioni reali.

Analisi delle obiezioni:

1. Si dice che la relazione, secondo la sua natura di relazione, non può essere in alcun modo attribuita a Dio in quanto la natura propria di tale categoria non viene desunta dal soggetto in cui si trova, ma dal riferimento all'altro [ termine della relazione ].

Con ciò però Boezio non ha voluto escludere da Dio le relazioni, ma solo affermare che esse, secondo la loro propria natura, non si predicano in quanto inerenti, ma piuttosto in quanto riferentisi all'altro termine.

2. La relazione indicata dall'espressione identica cosa è una relazione puramente di ragione se [ la cosa ] è presa come identica sotto ogni aspetto: poiché una tale relazione non può consistere che in un certo rapporto, stabilito dalla mente, di una cosa con se stessa, presa sotto due considerazioni diverse.

Diverso è invece il caso quando si dice che due cose numericamente distinte sono identiche nel genere o nella specie.

Quindi Boezio paragona le relazioni che sono in Dio a quella di identità non in tutto, ma solo in quanto con tali relazioni la sostanza [ divina ] non acquista diversità, proprio come nel caso della relazione di identità.

3. Siccome le creature procedono da Dio secondo una diversità di natura, Dio si trova fuori di tutto l'ordine delle creature; e il rapporto che egli ha verso le creature non proviene dalla sua natura, poiché egli non le produce per una necessità intrinseca, ma da un'azione libera del suo intelletto e della sua volontà, come si è detto [ q. 14, a. 8; q. 19, a. 4 ].

Quindi in Dio non c'è una relazione reale alle creature; però nelle creature c'è una relazione reale a Dio, essendo esse contenute sotto l'ordine divino e dipendendo nella loro natura da Dio.

Ma le processioni divine sono secondo l'identità di natura.

Quindi il paragone non regge.

4. Le relazioni che sorgono nelle cose per le sole operazioni della mente sono relazioni soltanto di ragione perché poste dalla mente stessa nelle cose intese.

Invece le relazioni che seguono le operazioni della mente e intercorrono tra il verbo mentale e il principio da cui procede non sono soltanto di ragione, ma reali: poiché l'intelletto, o la ragione, è qualcosa di reale che ha un rapporto reale con ciò che procede mentalmente, come le realtà corporali hanno una relazione reale con ciò che procede materialmente [ da esse ].

E in questo senso la paternità e la filiazione esistono in Dio realmente.

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