Summa Teologica - I

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Articolo 4 - Se la volontà di Dio sia causa delle cose

In 1 Sent., d. 43, q. 2, a. 1; d. 45, q. 1, a. 3; C. G. II, c. 23; De Pot., q. 1, a. 5; q. 3, a. 15

Pare che la volontà di Dio non sia causa delle cose.

Infatti:

1. Dice Dionigi [ De div. nom. 4,1 ]: « Come il nostro sole, non ragionando o scegliendo, ma per la sua propria natura illumina tutte le cose capaci di partecipare della sua luce, così anche il bene divino, per la sua stessa natura, comunica a tutti gli esseri esistenti i raggi della sua bontà ».

Ma ogni essere che agisce per volontà agisce precisamente ragionando e scegliendo.

Quindi Dio non agisce per volontà.

E così la volontà di Dio non è causa delle cose.

2. In ogni ordine di cose viene per primo ciò che è per essenza: come tra le cose infuocate la prima è il fuoco stesso.

Ma Dio è la causa prima.

Quindi egli causa mediante la sua essenza, che è la sua natura.

Agisce, dunque, per natura e non per volontà.

Per conseguenza la volontà divina non è causa delle cose.

3. Tutto ciò che causa in forza di una proprietà essenziale causa per natura e non per volontà.

Il fuoco infatti è causa del riscaldamento perché è caldo; l'architetto invece è causa degli edifici perché li vuole costruire.

Ora, S. Agostino [ De doctr. christ. 1,32.35 ] afferma che « noi esistiamo perché Dio è buono ».

Quindi Dio è causa delle cose per natura e non per volontà.

4. Di una sola e identica cosa non c'è che una sola causa.

Ora, abbiamo già detto [ q. 14, a. 8 ] che la causa degli enti creati è la scienza di Dio.

Quindi non si può ammettere che la causa di questi stessi enti sia la volontà di Dio.

In contrario:

Nel libro della Sapienza [ Sap 11,25 ] è detto: « Come potrebbe sussistere una cosa se tu non vuoi? ».

Dimostrazione:

È necessario affermare che la volontà di Dio è la causa delle cose, e che Dio agisce per volontà e non per necessità di natura, come invece alcuni hanno pensato.

E lo si può provare in tre modi.

Primo, considerando l'ordine delle cause agenti.

Siccome infatti tanto l'intelletto quanto la natura agiscono per un fine, come prova Aristotele [ Phys. 2,5 ], è necessario che alla causa naturale siano prestabiliti da una qualche intelligenza superiore il fine e i mezzi adatti al fine: come alla freccia vengono determinati dall'arciere il bersaglio e la direzione.

Quindi una causa che opera per intelletto e volontà deve necessariamente precedere le cause operanti per natura.

Essendo quindi Dio la prima delle cause agenti, è necessario che egli agisca per intelletto e volontà.

Secondo, [ lo si prova ] dal concetto di causa naturale, a cui spetta di produrre un effetto unico: poiché la natura, salvo impedimenti, agisce sempre allo stesso modo.

E ciò perché la causa naturale opera in quanto è tale: per cui, finché è tale, non produce che quel particolare effetto.

Infatti ogni agente naturale ha un essere delimitato e determinato.

Siccome invece l'essere di Dio non è limitato, ma contiene in se stesso tutta la pienezza dell'essere, non si può ammettere che operi per necessità di natura; eccetto il caso che venisse a produrre un effetto illimitato e infinito nell'essere, il che è impossibile, come si è visto sopra [ q. 7, a. 2 ].

Non agisce dunque per necessità di natura, ma dall'infinita sua perfezione procedono effetti determinati in conformità alla determinazione del suo volere e del suo intelletto.

Terzo, [ lo si dimostra ] in base al rapporto degli effetti con la causa: poiché gli effetti derivano dalla causa agente in quanto preesistono in essa, dato che ogni agente produce un qualcosa che gli assomiglia.

Ora, gli effetti preesistono nella causa secondo il modo di essere della medesima.

Siccome dunque l'essere di Dio si identifica con la sua intelligenza, gli effetti preesistono in lui come intelligibili.

Per cui anche deriveranno da lui alla stessa maniera.

E così [ deriveranno ] come oggetto di volontà: infatti appartiene alla volontà l'inclinazione a compiere ciò che è stato concepito dall'intelligenza.

Quindi la volontà di Dio è causa delle cose.

Analisi delle obiezioni:

1. Con queste parole Dionigi non ha inteso negare a Dio la libera scelta in modo assoluto, ma [ solo ] in un certo senso: in quanto cioè la scelta comporta una qualche discriminazione, mentre Dio non comunica la sua bontà soltanto ad alcuni esseri, ma a tutti.

2. Dato che l'essenza di Dio si identifica con la sua intelligenza e la sua volontà, proprio per il fatto che Dio opera in forza dell'essenza ne segue che opera secondo l'intelligenza e la volontà.

3. Il bene è l'oggetto della volontà.

Quindi l'espressione: « Noi esistiamo perché Dio è buono » vale in quanto è la sua bontà a fargli volere tutte le altre cose, come si è detto sopra [ a. 2 ].

4. Anche in noi un solo e identico effetto ha come causa direttiva la scienza, che concepisce il piano dell'opera, e come causa determinante la volontà: poiché il piano [ o l'idea ], in quanto è soltanto nell'intelletto, non viene determinato a essere o a non essere nell'effetto se non dalla volontà.

Per cui l'intelletto speculativo non riguarda direttamente l'operazione.

La potenza invece è la causa esecutrice, poiché indica il principio immediato dell'operazione.

Ma tutte queste perfezioni, in Dio, non sono che una sola e identica cosa.

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