Summa Teologica - I

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Articolo 3 - Se la causa esemplare sia qualcosa di distinto da Dio

Supra, q. 15; In 1 Sent., d. 36, q. 2; C. G., I, c. 54; De Verit., q. 3, aa. 1, 2; In Div. Nom., c. 5, lect. 3; In 1 Metaph., lect. 15

Pare che la causa esemplare [ delle cose ] sia qualcosa di distinto da Dio.

Infatti:

1. L'imitazione conserva la somiglianza con l'esemplare.

Ma le creature sono assai distanti dalla somiglianza divina.

Quindi Dio non è la loro causa esemplare.

2. Tutto ciò che è per partecipazione si ricollega a qualcosa che è per essenza, p. es. ciò che è infuocato al fuoco, come si è già detto [ a. 1 ].

Ora, quanto si trova nella realtà sensibile è per partecipazione di qualche specie: come dimostra il fatto che in nessuna realtà sensibile ciò che forma il costitutivo della specie si trova isolatamente, ma agli elementi specifici sono sempre uniti quelli individuali.

È dunque necessario ammettere delle specie esistenti per se stesse, p. es. l'uomo in se stesso, il cavallo in se stesso, e simili.

E queste specie saranno dette esemplari.

Quindi gli esemplari sono realtà fuori di Dio.

3. Le scienze e le definizioni mirano direttamente alle specie, non già al loro modo di essere nei singoli individui: poiché dei singolari non si dà né scienza né definizione.

Quindi ci sono degli enti che sono enti e specie senza trovarsi nei singoli individui.

E questi sono detti esemplari.

Siamo perciò alla conclusione precedente.

4. Lo stesso si conclude dalle parole di Dionigi [ De div. nom. 4,5 ] che afferma: « Ciò che è essere in sé precede ciò che è vita in sé, e ciò che è sapienza in sé ».

In contrario:

L'esemplare si identifica con l'idea.

Ma le idee, al dire di S. Agostino [ Lib. LXXXIII quaest. 46 ], « sono forme che hanno ragione di principio, contenute nell'intelligenza divina ».

Quindi gli esemplari delle cose non sono fuori di Dio.

Dimostrazione:

Dio è la prima causa esemplare di tutte le cose.

E ciò si dimostra osservando che l'esemplare è necessario alla produzione di una cosa, perché l'effetto raggiunga una forma determinata: infatti l'artefice produce una data forma nella materia in base all'esemplare al quale si ispira, sia esso un modello a cui guarda dall'esterno o un esemplare concepito internamente dall'intelligenza.

Ora, è chiaro che le cose prodotte dalla natura ricevono delle forme determinate.

E questa determinazione di forme è necessario riportarla, come a prima causa, alla sapienza divina che ha fissato l'ordine dell'universo, il quale consiste nella varietà delle cose.

Quindi è necessario affermare che nella divina sapienza si trovano le essenze di tutte le cose, che sopra [ q. 15, a. 1 ] abbiamo chiamato idee, cioè forme esemplari esistenti nella mente di Dio.

E sebbene esse siano molteplici relativamente alle cose, tuttavia non sono in realtà distinte dall'essenza divina, in quanto la somiglianza di questa può essere partecipata diversamente da più cose.

Così dunque Dio stesso è la causa esemplare di tutte le cose.

- Anche tra gli esseri creati però alcuni possono dirsi esemplari o modelli di altri, in quanto certe cose assomigliano a certe altre, o secondo una medesima specie, o per un'analogia di imitazione.

Analisi delle obiezioni:

1. Sebbene le creature non arrivino secondo la loro essenza a essere simili a Dio con una somiglianza specifica, come l'uomo generato a colui che lo genera, tuttavia ne raggiungono la somiglianza mediante la riproduzione dell'idea che Dio ne ha: come un edificio materiale assomiglia a quello che si trova nella mente dell'architetto.

2. È nel concetto stesso di uomo l'esistere nel corpo: e così non ci può essere un uomo senza materia.

Quindi, sebbene quest'uomo individuale esista per una partecipazione della specie [ umana ], tuttavia non può riportarsi a qualcosa che sia capace di esistere per se stesso nell'ambito della stessa specie, ma va riportato a una specie trascendente, del genere delle sostanze separate.

E lo stesso ragionamento vale per gli altri esseri sensibili.

3. Sebbene la scienza e la definizione abbiano per oggetto la realtà, tuttavia non è necessario che le cose abbiano nella realtà lo stesso modo di essere che hanno nell'intelligenza.

Noi infatti per mezzo dell'intelletto agente astraiamo le specie universali dalle condizioni individuali, tuttavia non è necessario che gli universali separati dai singolari sussistano come cause esemplari di questi.

4. Come spiega anche Dionigi [ De div. nom. 11 ], le espressioni « la vita in se stessa » e « la sapienza in se stessa » talora indicano Dio medesimo, altre volte invece le perfezioni che anche le cose partecipano: però non indicano mai delle realtà sussistenti, come invece pensarono alcuni antichi filosofi.

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