Summa Teologica - I

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Articolo 3 - Se la Scrittura usi termini adatti nel narrare le opere dei sei giorni

Pare che la Scrittura non adoperi espressioni adatte nel narrare le opere dei sei giorni.

Infatti:

1. Il cielo e la terra, non meno della luce, del firmamento e delle altre opere, furono fatti per mezzo del Verbo di Dio: poiché « tutto è stato fatto per mezzo di lui » [ Gv 1,3 ].

Quindi nella creazione del cielo e della terra si doveva far menzione del Verbo di Dio, come nelle altre opere.

2. L'acqua è stata creata da Dio, e tuttavia non si parla della sua creazione.

Il racconto della creazione è dunque manchevole.

3. Sta scritto [ Gen 1,31 ] che « Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona ».

Si sarebbe dunque dovuto parimenti dire per ogni singola opera: « Dio vide che era buona ».

Non c'era quindi motivo di tralasciare ciò nell'opera della creazione e in quella del secondo giorno.

4. Lo Spirito di Dio è Dio.

Ma a Dio non si addice di essere portato o di avere una determinazione di luogo.

Quindi non è ben detto che « lo Spirito di Dio aleggiava sulle acque ».

5. Nessuno fa ciò che è stato già fatto.

Quindi non è ragionevole affermare che « Dio fece il firmamento » dopo aver detto: « Dio disse: sia fatto il firmamento, e così avvenne ».

E lo stesso si dica delle altre opere.

6. La sera e il mattino non dividono tutto il giorno, che ha più parti.

Quindi non è esatto dire che « fu sera e mattina: secondo giorno » o « terzo giorno ».

7. Ai termini secondo e terzo non corrisponde precisamente il termine uno, ma primo.

Si doveva dunque dire: « fu sera e mattina: primo giorno » là dove sta scritto: « un giorno ».

Risposta alle obiezioni:

1. Secondo S. Agostino [ De Gen. ad litt. 1,4.9 ] la persona del Figlio è ricordata tanto nella prima creazione delle cose quanto nella loro distinzione e abbellimento, ma in maniera diversa.

Infatti la distinzione e l'abbellimento rientrano nella « formazione » delle cose.

Ora, come la « formazione » delle opere manufatte dipende dall'idea che è nella mente dell'artigiano, e che può essere detta il suo verbo mentale, così la « formazione » di tutto il creato dipende dal Verbo di Dio.

Per questa ragione dunque viene ricordato il Verbo di Dio nell'opera di distinzione e di abbellimento.

- Nella creazione invece, e per creazione si intende la produzione della materia informe, è ricordato il Figlio come principio, là dove si dice: « Nel principio Dio creò ».

Invece secondo gli altri, i quali ammettono che da principio furono creati gli elementi con le proprie forme, bisogna rispondere diversamente.

Infatti S. Basilio [ In Hexaem. hom. 2 ] spiega [ l'assenza di quelle parole col fatto ] che la frase « Dio disse » include un comando divino, per cui era necessario che, prima di far cenno del comando divino, fosse prodotta la creatura che gli obbedisse.

2. Sempre secondo S. Agostino [ De Gen. ad litt. 1, cc. 1,3,4,9 ], con la parola cielo si intenderebbe la natura spirituale informe, mentre la parola terra starebbe a indicare la materia informe di tutti i corpi.

E così non viene dimenticata nessuna creatura.

- Invece per S. Basilio [ In Hexaem. hom. 1 ] sarebbero stati ricordati il cielo e la terra come due estremi, per indicare però anche gli esseri intermedi; tanto più che il movimento dei corpi intermedi si porta verso il cielo se essi sono leggeri, e verso la terra se sono pesanti.

- Altri ancora affermano che la Scrittura è solita comprendere i quattro elementi sotto la parola terra.

Infatti il Salmista, dopo aver detto [ Sal 148,7 ]: « Lodate il Signore dalla terra », soggiunge [ Sal 148,8 ]: « fuoco, grandine, neve, nebbia ».

3. Nell'opera della creazione viene ricordato qualcosa che corrisponde a quanto è detto nell'opera della distinzione e dell'abbellimento: « Dio vide che questa o quella cosa era buona ».

Per rendercene conto dobbiamo considerare che lo Spirito Santo è amore; ora, dice S. Agostino [ De Gen. ad litt. 1,8.14 ], « sono due le cose a cui Dio mira nell'amare le sue creature: che esse esistano e che durino nell'esistenza.

Si dice dunque che lo Spirito di Dio aleggiava sulle acque affinché venissero all'esistenza quegli esseri che dovevano poi perdurare » ( l'acqua va qui intesa come materia informe; [ e l'analogia è presa ] dall'amore dell'artefice che si porta sulla materia per cavarne un'opera ); « e si dice: Dio vide che erano buone, affinché le cose fatte seguitassero a esistere ».

Troviamo infatti indicata in queste parole la compiacenza dell'Artefice divino per le cose compiute, e non già l'acquisizione di una nuova conoscenza o di un nuovo compiacimento diversi da quelli che aveva prima di farle.

- E in tal modo viene adombrata nelle due opere della creazione e della « formazione » la Trinità delle Persone divine.

Nella creazione abbiamo un accenno alla persona del Padre in Dio che crea, alla persona del Figlio nel principio in cui creò, alla persona dello Spirito Santo nel suo librarsi sulle acque.

Nella « formazione » abbiamo un accenno alla persona del Padre in Dio che dice, alla persona del Figlio nelle parole pronunziate, alla persona dello Spirito Santo nel compiacimento col quale Dio vide che le cose fatte erano buone.

Nell'opera del secondo giorno è invece omessa la frase: « Dio vide che era cosa buona » perché allora si ebbe solo l'inizio della divisione delle acque, che fu completata nel terzo.

Quindi quanto è detto del terzo giorno si riferisce anche al secondo.

- Si può anche rispondere che la distinzione del secondo giorno riguarda cose che non sono evidenti per il popolo, per cui la Scrittura non usa simile elogio.

- Oppure ciò è dovuto al fatto che col termine firmamento viene indicata la zona nuvolosa dell'aria, che non appartiene alle parti stabili, e quindi principali, dell'universo.

Sono queste le tre ragioni portate da Mosè Maimonide [ Dux neutr. 2,30 ].

Alcuni invece vi trovano una ragione mistica, fondata sul numero: cioè l'opera del secondo giorno non verrebbe coronata dall'approvazione [ di Dio ] perché il due si discosta dall'unità.

4. Nelle parole: « lo Spirito del Signore » Mosè Maimonide [ l. cit. ] vede indicati l'aria e il vento, come aveva fatto Platone.

Egli afferma che si dice Spirito del Signore perché la Scrittura suole attribuire sempre a Dio il soffio del vento.

- Invece secondo i Santi [ Dottori ] lo Spirito del Signore significa lo Spirito Santo.

E si dice che « aleggiava sulle acque », cioè sulla materia informe, « affinché non si credesse », come spiega S. Agostino [ Contra Manich. 1,7.8 ], « che Dio ama le sue opere future per indigenza: poiché l'amore nato dall'indigenza è dipendente dalle cose amate.

Era dunque giusto che si accennasse a una cosa già creata, sulla quale egli fosse presentato come sovrastante: e infatti [ lo Spirito Santo ] non sovrasta materialmente, ma con la sua eminente potenza ».

- Invece secondo S. Basilio [ In Hexaem. hom. 2 ] lo Spirito aleggiava sull'elemento dell'acqua nel senso che « fecondava e avvivava la natura delle acque allo stesso modo in cui la gallina cova e comunica una forza vitale alle uova covate ».

Infatti specialmente l'acqua possiede forza vitale, tanto è vero che molti animali hanno origine nell'acqua, e tutti i germi degli animali sono umidi.

E anche la vita spirituale viene data mediante l'acqua del battesimo, per cui è detto [ Gv 3,5 ]: « Se uno non nasce dall'acqua e dallo Spirito Santo », ecc.

5. Per S. Agostino [ De Gen. ad litt. 2,8.16 ] in quelle tre opere sarebbe indicato il triplice essere delle cose: primo, la loro esistenza nel Verbo, con le parole « sia fatto »; secondo, la loro esistenza nella mente degli angeli, con le parole « fu fatto »; terzo, il loro esistere nella propria natura, con la parola: « fece ».

Ora, siccome la formazione degli angeli sarebbe riferita nel primo giorno, qui non era necessario aggiungere la parola « fece ».

- Secondo gli altri interpreti invece si può rispondere che nelle parole « Dio disse: si faccia » è contenuto il comando di Dio sul da farsi, mentre nella frase « fu fatto » è incluso il compimento dell'opera.

Ed era davvero necessario parlare del modo con cui l'opera fu fatta, avuto specialmente riguardo a chi pensava che tutto il creato visibile fosse stato fatto per mezzo di angeli.

Per escludere quindi un tale errore si fa notare che lo stesso Dio « fece ».

Quindi nelle singole opere, dopo la frase: « e fu fatto », si aggiunge un qualche atto di Dio, come: « fece », « distinse », « chiamò » e simili.

6. Per S. Agostino [ De Gen. ad litt. 4, cc. 22,24 ] le parole sera e mattina starebbero a indicare la cosiddetta scienza vespertina e mattutina degli angeli, di cui abbiamo parlato [ q. 58, aa. 6,7 ].

- Invece S. Basilio [ l. cit. ] pensa che si sia voluto denominare il tempo dalla sua parte principale, che è il giorno: come Giacobbe parlò dei « giorni del suo pellegrinaggio » [ Gen 47,9 ] senza fare menzione alcuna della notte.

Allora la sera e la mattina sarebbero posti come limiti del giorno, il cui principio è la mattina e il cui termine è la sera.

- Oppure col termine sera si è voluto indicare il principio della notte, e col termine mattino il principio del giorno.

Ed era cosa conveniente che appunto si ricordassero i soli inizi dei tempi qui, dove si parla della prima distinzione delle cose.

È anteposta poi la sera perché il giorno inizia dalla luce; ora il termine della luce, che è la sera, si presenta prima del termine delle tenebre e della notte, che è il mattino.

- Oppure, secondo il Crisostomo [ In Gen. hom. 5 ], si è voluto indicare che il giorno naturale non termina alla sera, ma al mattino.

7. Nella prima istituzione del giorno si parla di un giorno per indicare che gli intervalli di ventiquattr'ore formano un giorno solo.

Quindi il termine uno stabilisce la misura del giorno naturale.

- Oppure si vuol dire che il giorno finisce col ritorno del sole nello stesso punto.

- O ancora perché, una volta compiuto il periodo dei sette giorni, si fa ritorno al primo giorno, che è uno solo con l'ottavo.

E queste tre ragioni sono portate da S. Basilio [ l. cit. ].

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