Summa Teologica - I

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Articolo 1 - Se il principio intellettivo si unisca al corpo come forma

C. G., II, cc. 56, 57, 59, 68 ss.; De Spir. Creat., a. 2; De anima, aa. 1, 2; De Unit. Int.; In 2 De anima, lect. 4; 3, lect. 7

Pare che il principio intellettivo non si unisca al corpo come forma.

Infatti:

1. Dice il Filosofo [ De anima 3,4 ] che l'intelletto è « separato » e non è l'atto di nessun corpo.

Quindi non si unisce al corpo come forma.

2. Ogni forma acquista una determinazione a seconda della materia di cui è forma: altrimenti non si richiederebbe la proporzione tra la materia e la forma.

Se quindi l'intelletto si unisse al corpo come forma, ne verrebbe che esso avrebbe una natura determinata, poiché ogni corpo ha una natura determinata.

E così non avrebbe la possibilità di conoscere tutte le cose, come si è dimostrato sopra [ q. 75, a. 2 ]: il che sarebbe contro la natura stessa dell'intelletto.

Quindi l'anima intellettiva non si unisce al corpo come forma.

3. Qualunque potenza ricettiva che sia atto [ o perfezione ] di un corpo riceve la forma materialmente e individualmente, poiché la ricezione avviene secondo la natura del ricevente.

Ora, la forma della cosa intesa non è ricevuta nell'intelletto materialmente e individualmente, ma in modo immateriale e universale: altrimenti l'intelletto non avrebbe la possibilità di conoscere gli oggetti immateriali e universali, ma solo quelli singolari, come il senso.

Quindi l'intelletto non si unisce al corpo come forma.

4. Appartengono al medesimo soggetto la potenza e l'operazione: poiché è identico il soggetto che ha la facoltà di agire e quello che poi agisce.

Ma l'operazione intellettiva non appartiene ad alcun corpo, come si è già visto [ q. 75, a. 2 ].

Per conseguenza neppure la potenza intellettiva può appartenere a un corpo.

Ora, la facoltà o potenza non può essere più astratta o più semplice della sostanza da cui promana.

Quindi neppure la sostanza intellettiva può essere la forma di un corpo.

5. Ciò che ha l'esistenza per se stesso non si unisce al corpo come forma, poiché la forma è quell'elemento per cui una cosa esiste; e così l'esistenza di una forma non appartiene di per se stessa alla sola forma.

Ma il principio intellettivo ha direttamente per se stesso l'esistenza ed è sussistente, come si è detto sopra [ q. 75, a. 2 ].

Quindi non si unisce al corpo come forma.

6. Ciò che è essenzialmente unito a una cosa non se ne può mai separare.

Ora, la forma richiede essenzialmente di stare unita alla materia: infatti essa attua la materia non mediante un accidente, ma in forza della sua essenza - altrimenti dall'unione della materia con la forma non risulterebbe un'unità sostanziale, ma accidentale -.

La forma perciò non può esistere senza la rispettiva materia.

Ma il principio intellettivo, essendo incorruttibile, come si è provato [ q. 75, a. 6 ], rimane separato dal corpo quando il corpo si corrompe.

Quindi il principio intellettivo non si unisce al corpo come forma.

In contrario:

Come insegna il Filosofo [ Met. 8,2 ], la differenza [ specifica ] deriva dalla forma delle cose.

Ma la differenza costitutiva dell'uomo è razionale, e ciò si afferma dell'uomo a causa del principio intellettivo.

Quindi il principio intellettivo è la forma dell'uomo.

Dimostrazione:

È necessario affermare che l'intelletto, cioè il principio dell'operazione intellettiva, è la forma del corpo umano.

Infatti il principio in forza del quale un essere immediatamente opera è la forma del soggetto a cui viene attribuita l'operazione.

La sanità, p. es., è il principio in forza del quale immediatamente viene sanato un corpo, e la conoscenza è il principio in forza del quale immediatamente l'anima conosce: perciò la sanità e la scienza sono rispettivamente forme del corpo e dell'anima.

E la ragione di ciò sta nel fatto che nessun ente agisce se non in quanto è in atto, per cui agisce in forza di quell'attualità che possiede.

Ora, è evidente che l'anima è il principio immediato in forza del quale il corpo vive.

E siccome la vita si manifesta con varie operazioni nei diversi gradi dei viventi, l'anima è il principio primo e immediato in forza del quale compiamo tutte le operazioni vitali: infatti l'anima è il principio primo e immediato in forza del quale ci nutriamo, sentiamo e ci moviamo localmente, e in forza del quale abbiamo l'intellezione.

Il principio primo della nostra intellezione dunque, che chiamiamo intelletto o anima intellettiva, è la forma del corpo.

- E questa è la dimostrazione di Aristotele [ De anima 2,2 ].

Se poi qualcuno volesse dire che l'anima intellettiva non è forma del corpo, dovrebbe trovare il modo di spiegare come mai l'intellezione sia l'operazione di quest'uomo [ particolare ]: poiché ciascuno sperimenta di essere personalmente lui a intendere.

Ora, come spiega il Filosofo [ Phys. 5,1 ], tre sono i modi di attribuire una data operazione a un soggetto.

Si dice infatti che qualcosa muove o agisce o con tutto se stesso, come il medico che [ in quanto tale ] apporta la guarigione, oppure in forza di una sua parte, come l'uomo che vede mediante l'occhio, o ancora in modo [ del tutto ] accidentale, come si dice che il bianco edifica quando capita che il costruttore sia di carnagione bianca.

Quando dunque diciamo che Socrate, oppure Platone, intende, è chiaro che non vogliamo fare tale attribuzione in modo accidentale: poiché l'attribuzione gli è fatta in quanto è un uomo, e « uomo » è un predicato essenziale dell'uomo.

Bisognerà allora dire così: o Socrate intende con tutto se stesso, come voleva Platone, il quale insegnava che l'uomo non è altro che l'anima intellettiva, oppure bisognerà dire che l'intelletto è una parte di Socrate.

Ma la prima ipotesi non regge, come si è visto [ q. 75, a. 4 ], per il fatto che l'identico uomo percepisce non solo di intendere, ma anche di sentire, e non si può sentire senza un corpo: dunque è necessario che il corpo sia una parte dell'uomo.

Bisognerà ammettere perciò che l'intelletto col quale Socrate intende è una parte di Socrate: nel senso che esso è unito in qualche modo al corpo di Socrate.

Ora, secondo il Commentatore [ De anima 3, comm. 5 ], questa unione avverrebbe per mezzo della specie intelligibile, che risiederebbe in due soggetti distinti: l'intelletto possibile e i fantasmi che risiedono negli organi del corpo.

Così, tramite la specie intelligibile, l'intelletto possibile avrebbe un prolungamento nel corpo di questo o di quell'altro uomo.

- Ma questo prolungamento o congiunzione non basta a spiegare come mai l'azione dell'intelletto sia proprio l'azione di Socrate.

E ciò si rileva dall'analogia con i sensi, dai quali Aristotele prende le mosse per studiare il campo dell'intelligenza.

Infatti, come egli dice [ De anima 3, cc. 5,7 ], le immagini fantastiche stanno all'intelletto come i colori alla vista.

Quindi i fantasmi vengono a trovarsi di fronte all'intelletto come le immagini dei colori di fronte alla vista.

Ora, è evidente che l'azione visiva non viene attribuita alla parete per il semplice fatto che nella vista c'è l'immagine dei colori che si trovano sulla parete: non diciamo infatti che la parete vede, ma piuttosto che è vista.

Per il fatto dunque che le specie provenienti dai fantasmi vengono a trovarsi nell'intelletto possibile non ne segue che Socrate, nel quale i fantasmi si trovano, ne abbia l'intellezione, ma piuttosto che egli stesso o i suoi fantasmi sono oggetto d'intellezione.

Alcuni invece vollero dire che l'intelletto si unisce al corpo come un suo motore: e così dalla loro unione si formerebbe un essere unico, tanto da potersi attribuire al tutto l'operazione dell'intelletto.

- Ma tale supposizione è inconsistente per molte ragioni.

Primo, perché l'intelletto non muove il corpo se non mediante la facoltà appetitiva, il cui movimento presuppone l'operazione dell'intelletto.

Quindi Socrate non intende perché è mosso dall'intelletto, ma è vero piuttosto il contrario: è mosso dall'intelletto appunto perché intende.

- Secondo, perché Socrate è un individuo appartenente a una natura la cui essenza, composta di materia e di forma, è una: se perciò l'intelletto non è la sua forma, ne viene che esso è fuori dell'essenza, e così l'intelletto starà a Socrate, preso nella sua totalità, come un motore all'oggetto mosso.

Ma l'intendere è un'azione [ immanente ] che rimane nell'agente stesso, e non è transitiva come il riscaldare.

Non si può dunque attribuire a Socrate l'intellezione per il fatto che egli è mosso dall'intelletto.

- Terzo, perché l'azione del soggetto motore non viene attribuita mai all'oggetto mosso, a meno che non sia uno strumento, come la sega, alla quale si attribuisce l'azione del falegname.

E allora, se l'intellezione venisse attribuita a Socrate in quanto operazione di chi lo muove, essa gli verrebbe attribuita come a uno strumento. Il che va contro il Filosofo [ De anima 3,4 ], il quale non ammette che l'azione intellettiva si svolga mediante un organo o strumento corporeo.

- Quarto, perché sebbene l'azione di una parte venga attribuita al tutto, come l'azione dell'occhio all'uomo, tuttavia non viene attribuita mai a un'altra parte se non forse accidentalmente: nessuno infatti dice che la mano vede perché vede l'occhio.

Se perciò dall'unione dell'intelletto con Socrate risulta un essere unico nel modo indicato, non si potrà mai attribuire a Socrate l'operazione intellettiva.

Se invece Socrate è un tutto derivante dall'unione dell'intelletto con il complesso degli elementi appartenenti a Socrate, e nondimeno l'intelletto è unito soltanto come motore a tutto ciò che appartiene a Socrate, ne segue che Socrate non ha una vera unità, e quindi neppure è un ente in senso stretto [ simpliciter ]: infatti è identica la ragione per cui una cosa è ente ed è una.

Non resta dunque che ammettere, con Aristotele, che la sola ragione per cui questo dato uomo intende è che il principio intellettivo è la sua forma.

E così dalla stessa operazione dell'intelletto si ricava la conclusione che il principio intellettivo si unisce al corpo come forma.

Alla stessa conclusione si può giungere anche partendo dalla natura della specie umana.

Infatti la natura di ogni essere si rivela nelle sue operazioni.

Ora, l'operazione dell'uomo in quanto uomo è l'intellezione: per essa infatti egli trascende tutti gli animali.

Per cui anche Aristotele [ Ethic. 10,7 ] colloca l'ultima felicità in questa operazione, come in quella che è propria dell'uomo.

Sarà dunque necessario che l'uomo derivi la sua specie dal principio di tale operazione.

Ora, ogni essere deriva la specie dalla sua forma.

Per conseguenza il principio intellettivo dovrà essere la forma propria dell'uomo.

Bisogna però notare che quanto più una forma è nobile, tanto più domina la materia corporea, tanto meno è immersa in essa e tanto più la sorpassa con la sua operazione e potenza.

Vediamo infatti che la forma del corpo misto ha un'operazione che non è causata dalle qualità degli elementi componenti.

Anzi, quanto più si procede nella nobiltà delle forme, tanto maggiormente si trova che la virtù della forma oltrepassa la materia elementare: l'anima vegetativa, p. es., sorpassa la forma del metallo, e l'anima sensitiva supera quella vegetativa.

Ma l'anima umana è la suprema per nobiltà fra tutte queste forme.

Quindi essa, con la sua virtù, è tanto superiore alla materia corporea da possedere un'operazione e una facoltà nelle quali non entra affatto la materia del corpo.

E questa potenza è chiamata intelletto.

Si osservi però che chi ritiene l'anima composta di materia e di forma non può in alcun modo affermare che l'anima è la forma del corpo.

Se infatti la forma è un ente attuale e la materia invece è un ente soltanto in potenza, in nessun modo un composto di materia e forma può essere, nella sua totalità, forma di qualcos'altro.

Se poi si dicesse che è forma secondo una sua parte, allora chiameremo anima ciò che è forma, e chiameremo primo animato tutto il soggetto di cui è forma, come si è detto sopra

Per cui anche Aristotele [ Ethic. 10,7 ] colloca l'ultima felicità in questa operazione, come in quella che è propria dell'uomo.

Sarà dunque necessario che l'uomo derivi la sua specie dal principio di tale operazione.

Ora, ogni essere deriva la specie dalla sua forma.

Per conseguenza il principio intellettivo dovrà essere la forma propria dell'uomo.

Bisogna però notare che quanto più una forma è nobile, tanto più domina la materia corporea, tanto meno è immersa in essa e tanto più la sorpassa con la sua operazione e potenza.

Vediamo infatti che la forma del corpo misto ha un'operazione che non è causata dalle qualità degli elementi componenti.

Anzi, quanto più si procede nella nobiltà delle forme, tanto maggiormente si trova che la virtù della forma oltrepassa la materia elementare: l'anima vegetativa, p. es., sorpassa la forma del metallo, e l'anima sensitiva supera quella vegetativa.

Ma l'anima umana è la suprema per nobiltà fra tutte queste forme.

Quindi essa, con la sua virtù, è tanto superiore alla materia corporea da possedere un'operazione e una facoltà nelle quali non entra affatto la materia del corpo.

E questa potenza è chiamata intelletto.

Si osservi però che chi ritiene l'anima composta di materia e di forma non può in alcun modo affermare che l'anima è la forma del corpo.

Se infatti la forma è un ente attuale e la materia invece è un ente soltanto in potenza, in nessun modo un composto di materia e forma può essere, nella sua totalità, forma di qualcos'altro.

Se poi si dicesse che è forma secondo una sua parte, allora chiameremo anima ciò che è forma, e chiameremo primo animato tutto il soggetto di cui è forma, come si è detto sopra [ q. 75, a. 5 ].

Analisi delle obiezioni:

1. Come dice Aristotele [ Phys. 2,2 ], l'ultimadelle forme naturali alla quale termina l'indagine del filosofo naturalista, cioè l'anima umana, è certamente separata, tuttavia si trova nella materia; e lo si prova dal fatto che « l'uomo genera l'uomo dalla materia, insieme con il sole ».

È certamente separata per la facoltà intellettiva, la quale non appartiene a un organo del corpo, come invece la facoltà visiva è un atto o perfezione dell'occhio: infatti l'intellezione è un'attività che non può essere svolta, come la visione, mediante un organo corporeo.

L'anima umana si trova invece nella materia in quanto essa, alla quale appartiene detta facoltà, è forma del corpo e termine ultimo della generazione umana.

Così dunque il Filosofo afferma che l'intelletto è « separato », appunto perché esso non è la facoltà di un organo corporeo.

2, 3. E con ciò si risponde anche alla seconda e alla terza obiezione.

Infatti basta ammettere che la facoltà intellettiva non è un atto o la perfezione di un corpo per spiegare come l'uomo possa avere l'intellezione di tutte le cose, e come l'intelletto possa conoscere oggetti immateriali e universali.

4. L'anima umana, a motivo della sua perfezione, non è una forma del tutto immersa e coartata dalla materia del corpo.

Nulla quindi impedisce che essa abbia una facoltà che non sia atto o perfezione del corpo, sebbene l'anima per la sua essenza sia forma del corpo.

5. L'anima comunica alla materia del corpo, che insieme con essa forma una sola entità, quell'essere per cui essa sussiste, in modo che l'essere del composto non è altro che l'essere dell'anima.

Il che non accade nelle altre forme, che non sono sussistenti.

Per questo l'anima umana rimane nel suo essere anche quando il corpo perisce; non così invece le altre forme.

6. L'anima è fatta naturalmente per stare unita al corpo, come un corpo leggero è fatto per stare in alto.

E come quest'ultimo resta sempre leggero anche quando è tolto dal suo luogo proprio, mantenendo l'attitudine e l'inclinazione verso il suo luogo naturale, così l'anima umana rimane nel suo essere, quando è separata dal corpo, mantenendo l'attitudine e l'inclinazione naturale a riunirsi al corpo.

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