Summa Teologica - I

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Articolo 5 - Se l'anima intellettiva conosca le realtà materiali nelle nozioni eterne

Supra, q. 12, a. 2, ad 3; De Verit., q. 8, a. 7, ad 13; q. 10, a. 6, ad 6; a. 8

Pare che l'anima intellettiva non conosca le realtà materiali nelle nozioni eterne.

Infatti:

1. Il mezzo nel quale è conosciuta una cosa deve essere conosciuto maggiormente e in antecedenza.

Ora, l'anima intellettiva dell'uomo, nello stato della vita presente, non conosce le nozioni eterne, poiché non conosce Dio, nel quale le nozioni eterne si trovano, ma piuttosto, al dire di Dionigi [ De myst. theol. 1,3 ], si unisce a lui come a uno sconosciuto.

Quindi l'anima non conosce tutte le realtà nelle nozioni eterne.

2. Sta scritto [ Rm 1,20 ]: « Le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l'intelletto nelle opere da lui compiute ».

Ora, le nozioni eterne sono comprese tra le perfezioni invisibili di Dio.

Quindi le nozioni eterne sono conosciute mediante le creature materiali, e non viceversa.

3. Le nozioni eterne non sono altro che le idee: spiega infatti S. Agostino [ Lib. LXXXIII quaest. 46 ]: « Le idee sono le nozioni immutabili delle cose, esistenti nella mente divina ».

Ora, se diciamo che l'anima intellettiva conosce tutto nelle nozioni eterne, ricadiamo nella teoria di Platone, il quale riteneva che ogni nostra conoscenza promana dalle idee.

In contrario:

Scrive S. Agostino [ Conf. 12,25.34 ]: « Se tutti e due vediamo che è vero quanto dici tu, e che è vero quanto dico io, di grazia, dov'è che lo vediamo?

Certamente né io in te, né tu in me, ma ambedue lo vediamo nella stessa immutabile verità, che è al disopra delle nostre menti ».

Ma la verità immutabile fa parte delle nozioni eterne.

Quindi l'anima intellettiva conosce ogni verità nelle nozioni eterne.

Dimostrazione:

Fa osservare S. Agostino [ De doctr. christ. 2,40.60 ]: « Se i cosiddetti filosofi hanno eventualmente insegnato cose vere e conformi alla nostra fede, noi dobbiamo rivendicarle da essi a nostro vantaggio, come da possessori illegittimi.

Infatti le dottrine dei pagani contengono favole fallaci e superstiziose, che ciascuno di noi uscendo dal paganesimo è tenuto a schivare ».

E per tale motivo S. Agostino, che era stato formato alle dottrine dei Platonici, quando trovava nei loro scritti delle cose conformi alla fede, le riteneva, mentre sostituiva con dottrine migliori quanto vi riscontrava di opposto alla nostra fede.

Ora Platone, come si è visto sopra [ a. prec. ], riteneva che le forme delle cose, da lui chiamate idee, sussistessero per se stesse, indipendentemente dalla materia, affermando che il nostro intelletto conosce tutte le cose mediante la partecipazione di esse.

Cosicché la materia corporea sarebbe diventata pietra per causa della partecipazione dell'idea-pietra, e il nostro intelletto avrebbe conosciuto la pietra mediante la partecipazione della medesima idea.

Ma non pare conciliabile con la fede [ l'opinione ] che le forme delle cose sussistano separate da esse e senza la materia, come volevano i Platonici; i quali, come riferisce Dionigi [ De div. nom. 11 ], sostenevano che « la vita per se stessa », o la « sapienza per se stessa », sono sostanze creatrici.

Quindi S. Agostino [ Lib. LXXXIII quaest. 46 ] invece delle idee platoniche affermò che nella mente divina esistono le nozioni di ogni cosa creata, e che in forza di tali nozioni tutti gli esseri ricevono la loro forma, e l'anima nostra conosce tutte le cose.

Quando perciò si domanda se l'anima umana conosca tutto nelle nozioni eterne bisogna ricordare che due sono i sensi in cui si dice che una cosa è conosciuta in un'altra.

Primo, come inclusa in un oggetto conosciuto: nel modo cioè in cui chi guarda uno specchio vede in esso le cose che vi si specchiano.

E in questo senso l'anima, nello stato della vita presente, non può vedere le cose nelle nozioni eterne; ma in questo modo le vedono i beati, i quali vedono Dio, e in lui tutte le cose.

- Secondo, si può dire che una cosa è conosciuta in un'altra in quanto quest'ultima ne è il principio di conoscenza: come se si dicesse che è visto nel sole quanto si vede per mezzo del sole.

E in questo senso bisogna dire che l'anima conosce tutto nelle nozioni eterne, poiché in forza della loro partecipazione noi conosciamo tutte le cose.

Infatti la stessa luce intellettuale che è in noi non è altro che un'immagine partecipata della luce increata, in cui sono contenute le nozioni eterne.

Quindi nei Salmi [ Sal 4,6s ] si legge: « Molti dicono: chi ci farà vedere il bene? »; alla quale domanda così risponde il Salmista: « Risplende su di noi, Signore, la luce del tuo volto ».

Quasi per dire: tutte le cose ci sono mostrate mediante il segreto della luce divina che è in noi.

Ma siccome per poter avere la conoscenza delle realtà materiali, oltre alla luce intellettuale che è in noi, sono richieste anche le specie intellettive ricevute dalle cose, noi non abbiamo la conoscenza delle realtà materiali mediante la sola partecipazione delle nozioni eterne, come volevano i platonici, i quali pensavano che la sola partecipazione delle idee bastasse alla conoscenza.

Per cui dice in proposito S. Agostino [ De Trin. 4,16.21 ]: « Forse che i filosofi, i quali insegnano con argomenti validissimi che tutte le cose temporali sono fatte secondo le nozioni eterne, hanno potuto scorgere in queste medesime nozioni, oppure desumere da esse, quanti siano i generi degli animali e quali i semi dei singoli esseri?

Non raggiunsero forse tali nozioni attraverso l'indagine dei luoghi e dei tempi? ».

Che poi S. Agostino, nell'affermare che tutte le cose sono conosciute « nelle nozioni eterne », o « nella verità incommutabile », non abbia inteso sostenere che queste nozioni sono conosciute direttamente, risulta da quanto scrive egli stesso [ Lib. LXXXIII quaest., 46 ]: « Non ogni anima razionale, ma solo quella che è stata santa e pura », come è l'anima dei beati, « è idonea a quella visione », cioè alla visione mediante le nozioni eterne.

E così sono evidenti le risposte da dare alle obiezioni.

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