Summa Teologica - I

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Articolo 4 - Se l'angelo superiore illumini l'inferiore su tutto ciò che egli conosce

Pare che l'angelo superiore non illumini l'inferiore su tutto ciò che egli conosce.

Infatti:

1. Secondo Dionigi [ De cael. hier. 12,2 ], gli angeli superiori possiedono una scienza più universale, mentre quelli inferiori la possiedono più particolare e subalternata.

Ma una scienza universale abbraccia più nozioni di una particolare.

Quindi non tutte le conoscenze che hanno gli angeli superiori vengono comunicate agli inferiori mediante l'illuminazione.

2. Gli angeli superiori, dice il Maestro delle Sentenze [ 2,11 ], ebbero conoscenza fin da principio del mistero dell'Incarnazione, che rimase invece ignoto agli angeli inferiori sino al suo compimento.

Il che sembra verosimile in base all'interpretazione, fatta da Dionigi [ De cael. hier. 7,3 ], di quel passo [ Sal 24,10 ] secondo il quale, domandando alcuni angeli, quasi mossi da ignoranza: « Chi è questo re della gloria? », altri, come coloro che sanno, rispondono: « Il Signore degli eserciti è il re della gloria ».

Ma la cosa non sarebbe vera se gli angeli superiori illuminassero gli inferiori su tutto ciò che conoscono.

Quindi essi non illuminano in questo modo.

3. Se gli angeli superiori manifestassero agli inferiori tutte le loro conoscenze, questi non ignorerebbero nulla di quanto è conosciuto dai primi, e così i primi non potrebbero più illuminare i secondi.

Ma ciò è impossibile.

Quindi l'illuminazione fatta agli angeli inferiori non si estende a tutte le conoscenze degli angeli superiori.

In contrario:

« Nella patria celeste », dice S. Gregorio [ In Evang. hom. 34 ], « sebbene alcuni doni siano dati in grado eccellente, nulla tuttavia è posseduto in modo esclusivo ».

E Dionigi [ De cael. hier. 15,3 ] afferma che « ognuna delle essenze celesti comunica alle inferiori la conoscenza ricevuta da un'altra essenza superiore », come è chiaro dal testo sopra citato [ a. 1, fine del corpo ].

Dimostrazione:

Tutte le creature partecipano dalla bontà divina la proprietà di diffondere negli altri il bene che possiedono: poiché è essenziale al bene la tendenza a comunicarsi agli altri.

E da ciò deriva che anche gli agenti corporei cercano di trasmettere ad altri una loro somiglianza.

Quanto più dunque gli agenti godono di una maggiore partecipazione della bontà divina, tanto più si sforzano, secondo le loro possibilità, di trasfondere negli altri le proprie perfezioni.

Per cui S. Pietro [ 1 Pt 4,10 ], a coloro che partecipano la bontà divina mediante la grazia, dà il seguente ammonimento: « Come buoni amministratori di una multiforme grazia di Dio, ciascuno metta a servizio degli altri la grazia ricevuta ».

A più forte ragione quindi gli angeli santi, che sono ammessi a una così piena partecipazione della bontà divina, distribuiscono agli inferiori tutto quello che ricevono da Dio.

-Tuttavia quanto è ricevuto dagli angeli inferiori non viene mai a trovarsi in essi in quella maniera eminente in cui si trova negli angeli superiori.

Quindi questi restano sempre in un grado più elevato, e possiedono sempre una scienza più perfetta.

Come una medesima nozione è posseduta sempre meglio dal maestro che non dal discepolo che la apprende da lui.

Analisi delle obiezioni:

1. La scienza degli angeli superiori è detta più universale per il loro modo più eminente di conoscere.

2. L'affermazione del Maestro delle Sentenze non va intesa nel senso che gli angeli inferiori abbiano ignorato del tutto il mistero dell'Incarnazione, ma nel senso che non l'hanno conosciuto pienamente come gli angeli superiori, e progredirono poi nella conoscenza di esso quando quel mistero veniva compiendosi.

3. Fino al giorno del giudizio gli angeli superiori ricevono sempre nuove rivelazioni da parte di Dio su quanto concerne la disposizione del mondo, e specialmente la salvezza degli eletti.

Quindi gli angeli superiori hanno sempre qualcosa su cui illuminare gli inferiori.

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