Summa Teologica - I-II

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Articolo 4 - Se la beatitudine richieda la rettitudine della volontà

Infra, q. 5, a. 7; C. G., IV, c. 92; Comp. Theol., c. 166

Pare che la beatitudine non richieda la rettitudine della volontà.

Infatti:

1. La felicità consiste essenzialmente in un'operazione dell'intelletto, come si è spiegato [ q. 3, a. 4 ].

Ma per la perfezione dell'atto intellettivo non è richiesta la rettitudine della volontà, che rende gli uomini puri.

Infatti nelle sue Ritrattazioni [ 1,4 ] S. Agostino dichiara: « Non approvo ciò che dissi in una preghiera: O Dio, che hai voluto far conoscere la verità soltanto ai puri.

Si può infatti replicare che molti impuri conoscono non poche verità ».

Quindi per la felicità non si richiede che la volontà sia retta.

2. Ciò che precede non può dipendere da ciò che segue.

Ma l'operazione dell'intelletto precede quella della volontà.

Quindi la beatitudine, che è la più perfetta operazione dell'intelletto, non può dipendere dalla rettitudine della volontà.

3. Ciò che è ordinato a un'altra cosa come mezzo per raggiungerla non è più necessario una volta che il fine è raggiunto: come la nave [ non serve più ] quando si è raggiunto il porto.

Ma la rettitudine della volontà, attuata dalla virtù, ha per fine la beatitudine.

Una volta quindi raggiunta la beatitudine non è più necessaria la rettitudine della volontà.

In contrario:

Sta scritto [ Mt 5,8 ]: « Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio ».

E altrove [ Eb 12,14 ]: « Cercate la pace con tutti e la santificazione, senza la quale nessuno vedrà mai il Signore ».

Dimostrazione:

La rettitudine della volontà è richiesta per la beatitudine sia come condizione antecedente che come elemento concomitante.

Come condizione antecedente perché la rettitudine della volontà consiste nel debito ordine verso l'ultimo fine.

Ma il fine sta al soggetto che tende a conseguirlo come la forma sta alla materia.

Come quindi la materia non può conseguire la forma senza la dovuta predisposizione a riceverla, così nessuna cosa può conseguire il fine senza il debito ordine verso di esso.

Quindi nessuno può raggiungere la beatitudine senza la rettitudine della volontà.

È richiesta poi come elemento concomitante perché l'ultima beatitudine, come si è visto [ q. 3, a. 8 ], consiste nella visione dell'essenza divina, che è l'essenza stessa della bontà.

E così la volontà di chi vede l'essenza di Dio ama necessariamente in ordine a Dio tutto ciò che ama, come la volontà di chi non vede l'essenza divina ama necessariamente tutto ciò che ama sotto la ragione universale del bene che essa conosce.

Ed è proprio questo che costituisce la rettitudine della volontà.

È quindi evidente che non ci può essere beatitudine senza la rettitudine della volontà.

Analisi delle obiezioni:

1. S. Agostino [ Ritrat 1,4 ] parla della conoscenza di quella verità che non costituisce l'essenza stessa della bontà.

2. Ogni atto della volontà è preceduto da un atto dell'intelletto; tuttavia certi atti della volontà precedono alcuni atti dell'intelletto.

Infatti la volontà tende all'ultimo atto dell'intelletto, che è la beatitudine.

Quindi la retta inclinazione della volontà è un prerequisito per la beatitudine come la traiettoria esatta lo è per il raggiungimento del bersaglio.

3. Raggiunto il fine non viene a cessare tutto ciò che era ordinato al fine, ma soltanto ciò che implica un'imperfezione, come il moto.

Quindi una volta raggiunto il fine tutto ciò che è a servizio del moto non è più necessario, ma l'ordine debito verso il fine rimane sempre necessario.

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