Summa Teologica - I-II

Indice

Articolo 4 - Se si possa fare violenza alla volontà

I, q. 82, a. 1; In 2 Sent., d. 25, q. 1, a. 2; In 4 Sent., d. 29, q.1, a. 1; De Verit., q. 22, aa. 5, 8

Pare che si possa fare violenza alla volontà.

Infatti:

1. Qualsiasi cosa può essere costretta da chi è più potente di essa.

Ma esiste un essere che è più potente della volontà umana, cioè Dio.

Quindi essa può venire costretta almeno da lui.

2. Ogni elemento passivo viene costretto dall'elemento attivo corrispondente, sotto la mozione di questo.

Ma la volontà è una potenza passiva, essendo « un motore mosso », come dice Aristotele [ De anima 3,10 ].

Siccome dunque tale mozione talvolta avviene, sembra che talvolta essa venga costretta.

3. Un moto contro natura è violento.

Ma il moto della volontà qualche volta è contro natura, come è evidente nel moto della volontà verso il peccato, che è contro natura, secondo l'espressione del Damasceno [ De fide orth. 4,20 ].

Quindi il moto della volontà può essere costretto.

In contrario:

S. Agostino [ De civ. Dei 5,10 ] afferma che se una cosa avviene per volontà non avviene per necessità.

Ma tutto ciò che è per coazione avviene per necessità.

Quindi ciò che avviene per volontà non può essere coatto.

E così la volontà non può essere costretta ad agire.

Dimostrazione:

Due sono gli atti della volontà: il primo le appartiene immediatamente, poiché da essa promana, cioè il volere; il secondo appartiene alla volontà perché è da essa comandato, anche se viene compiuto da un'altra potenza, come camminare e parlare, che sono atti comandati dalla volontà mediante la facoltà del movimento.

Quindi, rispetto agli atti da essa comandati la volontà può subire violenza, poiché con la violenza si può impedire che le membra eseguano il comando della volontà, ma all'atto proprio della volontà non è possibile fare violenza.

E il motivo di ciò sta nel fatto che l'atto della volontà non è altro che una certa inclinazione originata da un principio interiore conoscitivo: come l'appetito naturale è un'inclinazione originata da un principio interiore non conoscitivo.

Invece la coazione, o violenza, viene da un principio estrinseco.

Quindi sarebbe contro la nozione stessa di atto volontario se questo fosse coatto o violento: come è anche contro la nozione di inclinazione o di moto naturale.

Infatti con la violenza una pietra può essere portata in alto, ma non può essere che tale moto violento derivi dalla sua inclinazione naturale.

E allo stesso modo anche un uomo può essere trascinato con la violenza, ma ripugna al concetto di violenza che tale fatto derivi dalla sua volontà.

Analisi delle obiezioni:

1. Dio, che è più potente della volontà umana, può certamente muoverla, come afferma la Scrittura [ Pr 21,1 ]: « Il cuore del re è nelle mani di Dio; lo dirige ovunque egli vuole ».

Ma se ciò avvenisse mediante una violenza sarebbe incompatibile con l'atto della volontà, e non si avrebbe una mozione della volontà, ma un fatto ad essa contrario.

2. Quando l'elemento passivo viene modificato da quello attivo non sempre si produce un moto violento, ma solo quando ciò avviene contro l'inclinazione interiore dell'elemento passivo.

Altrimenti le alterazioni e le generazioni dei corpi semplici sarebbero tutte innaturali e violente.

Invece sono naturali, per la naturale attitudine interiore della materia o del soggetto alla nuova disposizione.

E similmente quando la volontà viene attratta dall'oggetto appetibile secondo la propria inclinazione non si ha un moto violento, ma volontario.

3. Sebbene l'oggetto verso cui tende la volontà quando pecca sia realmente un male contrario alla ragione naturale, esso tuttavia viene considerato come un bene e come conveniente alla natura, in quanto conviene all'uomo secondo una qualche passione del senso, o secondo un'abitudine perversa.

Indice