Summa Teologica - I-II

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Articolo 2 - Se la fruizione appartenga soltanto alle creature razionali, oppure anche agli animali bruti

In 1 Sent., d. 1, q. 4, a. 1

Pare che il fruire sia soltanto degli uomini.

Infatti:

1. S. Agostino [ De doctr. christ. 1,22 ] insegna che « siamo noi uomini a fruire e ad usare ».

Quindi gli altri animali non possono fruire.

2. La fruizione ha per oggetto l'ultimo fine.

Ma gli animali bruti non possono raggiungere l'ultimo fine.

Quindi essi non hanno la fruizione.

3. Come l'appetito sensitivo è al disotto di quello intellettivo, così l'appetito naturale è al disotto di quello sensitivo.

Ora, se si attribuisce la fruizione all'appetito sensitivo, la si potrebbe attribuire per lo stesso motivo anche all'appetito naturale.

Il che è falso, poiché esso non è capace di godimento.

Quindi la fruizione non appartiene all'appetito sensitivo.

E così va esclusa negli animali bruti.

In contrario:

S. Agostino [ Lib. LXXXIII quaest. 30 ] scrive: « Non è una cosa assurda pensare che anche le bestie fruiscano del cibo e di ogni altro piacere del corpo ».

Dimostrazione:

Abbiamo già visto [ a. 1 ] che la fruizione non è un atto della potenza che raggiunge il fine come facoltà esecutiva, ma della potenza che comanda l'esecuzione: si è detto infatti che appartiene alla potenza appetitiva.

Ora, negli esseri privi di conoscenza si trovano le facoltà che raggiungono il fine in via di esecuzione, come la capacità, nei corpi gravi, di tendere al basso e quella, nei corpi leggeri, di tendere verso l'alto.

La facoltà però che ha il compito di raggiungere il fine a modo di comando non si trova in essi, ma in una qualche natura superiore, che muove tutta la natura con il suo comando, come negli esseri dotati di conoscenza l'appetito muove le altre facoltà ai rispettivi atti.

Quindi è evidente che gli esseri privi di conoscenza, sebbene raggiungano il fine, mancano tuttavia della fruizione del fine, la quale si trova soltanto negli esseri dotati di conoscenza.

Ma anche la conoscenza del fine è di due generi: perfetta e imperfetta.

Con quella perfetta, che appartiene alla sola natura razionale, non si conosce soltanto ciò che è fine e ciò che è bene, ma anche la ragione universale di fine e di bene.

Invece la conoscenza imperfetta si limita a conoscere il singolo fine e il singolo bene in particolare: e questa è propria degli animali bruti.

E le stesse potenze appetitive di questi ultimi non comandano liberamente, ma si muovono verso gli oggetti percepiti secondo l'istinto naturale.

La fruizione spetta dunque alla natura razionale in maniera perfetta, agli animali bruti in maniera imperfetta e in nessuna maniera alle altre creature.

Analisi delle obiezioni:

1. S. Agostino parla della fruizione perfetta.

2. La fruizione non ha per oggetto il vero fine ultimo, ma la realtà che ciascuno considera come fine ultimo.

3. L'appetito sensitivo è connesso con una certa conoscenza; non così invece l'appetito naturale, specialmente quale si trova negli esseri privi di conoscenza.

4. [ S.c. ]. Qui S. Agostino parla della fruizione imperfetta.

E ciò traspare dal modo stesso in cui si esprime: infatti dice che « non è una cosa tanto assurda pensare che anche le bestie fruiscano », come invece è del tutto assurdo attribuire ad esse l'uso.

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