Summa Teologica - I-II

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Articolo 1 - Se l'intenzione sia un atto dell'intelletto o della volontà

Pare che l'intenzione sia un atto dell'intelletto e non della volontà.

Infatti:

1. Nel Vangelo [ Mt 6,22 ] si legge: « Se il tuo occhio è sano, tutto il tuo corpo sarà illuminato »: e qui occhio sta per intenzione, come spiega S. Agostino [ De serm. Dom. in monte 2,13.45 ].

Ma essendo l'occhio l'organo della vista, sta a indicare una facoltà conoscitiva.

Quindi l'intenzione è l'atto di una potenza non appetitiva, ma conoscitiva.

2. S. Agostino [ De serm. Dom. in monte 2,13.45 ] afferma che l'intenzione è chiamata luce dal Signore, là dove dice [ Mt 6,23 ]: « Se la luce che è in te, è tenebra », ecc.

Ora, la luce riguarda la conoscenza.

Quindi anche l'intenzione.

3. L'intenzione indica ordine al fine.

Ma ordinare è ufficio della ragione.

Quindi l'intenzione non spetta alla volontà, ma alla ragione.

4. Gli atti della volontà riguardano o il fine, o i mezzi ordinati al fine.

Ora, l'atto della volontà relativo al fine è detto volere o fruizione; quello relativo ai mezzi invece scelta.

Ma l'intenzione non si identifica con essi.

Quindi l'intenzione non è un atto della volontà.

In contrario:

Insegna S. Agostino [ De Trin. 11, cc. 4,8,9 ] che « l'intenzione della volontà unisce il corpo percepito alla vista, e similmente unisce l'immagine esistente nella memoria allo sguardo dell'anima che medita interiormente ».

Quindi l'intenzione è un atto della volontà.

Dimostrazione:

Intenzione, come dice lo stesso vocabolo, significa « tendenza verso qualcosa ».

Ora, tende verso qualcosa sia l'azione del movente, sia il moto di ciò che è mosso.

Ma quest'ultimo moto deriva dall'azione del movente.

Quindi l'intenzione appartiene in modo primario e principale a ciò che muove verso il fine: per cui diciamo che l'architetto, come qualsiasi altro dirigente, muove con i suoi ordini gli altri al raggiungimento di ciò che egli intende.

Ora, è la volontà che muove tutte le altre facoltà dell'anima verso il fine, come si è già spiegato [ q. 9, a. 1 ].

Quindi è chiaro che l'intenzione propriamente è un atto della volontà.

Analisi delle obiezioni:

1. L'intenzione è chiamata occhio in senso metaforico non perché appartenga alla conoscenza, ma perché presuppone la conoscenza, mediante la quale viene proposto alla volontà il fine da raggiungere: infatti mediante l'occhio scorgiamo il punto che dobbiamo fisicamente raggiungere.

2. L'intenzione è chiamata luce poiché è evidente per chi la possiede.

Invece chiamiamo oscurità le opere perché l'uomo conosce le sue intenzioni, ma ignora ciò che deriverà dal suo operare, come S. Agostino osserva nel medesimo luogo.

3. La volontà certamente non ordina, tuttavia tende verso qualcosa secondo l'ordine della ragione.

Quindi il termine intenzione indica un atto della volontà, presupposto un atto della ragione che ordina le cose al loro fine.

4. L'intenzione è un atto della volontà relativo al fine.

Ma la volontà dice rapporto al fine in tre modi.

Primo, in modo assoluto: e allora viene denominata volere, in quanto ad es. vogliamo in modo assoluto la guarigione, o altre cose del genere.

Secondo, quando il fine è visto come l'oggetto in cui la volontà si riposa: e in questo caso il rapporto al fine è la fruizione.

Terzo, quando il fine è visto come il termine delle cose ad esso ordinate: e allora il rapporto al fine è l'intenzione.

Infatti non diciamo di tendere alla guarigione solo perché la vogliamo, ma perché vogliamo raggiungerla con qualche mezzo.

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