Summa Teologica - I-II

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Articolo 5 - Se le potenze sensitive di ordine conoscitivo siano sede di virtù

Supra, q. 50, a. 3, ad 3; In 3 Sent., d. 33, q. 2, a. 4, sol. 2, ad 6; De Virt., q. 1, a. 4, ad 6

Pare che qualche virtù possa risiedere nelle potenze apprensive sensitive interne.

Infatti:

1. L'appetito sensitivo può essere sede di virtù in quanto obbedisce alla ragione.

Ma anche i sensi interni obbediscono alla ragione: infatti l'immaginativa, la cogitativa e la memoria sottostanno al comando della ragione.

Quindi in tali potenze si possono trovare delle virtù.

2. Come l'appetito razionale, cioè la volontà, può essere ostacolato o agevolato dall'appetito sensitivo, così l'intelletto, ossia la ragione, può essere ostacolato o agevolato dalle predette facoltà.

Quindi nelle facoltà sensitive di ordine conoscitivo si può trovare la virtù come in quelle appetitive.

3. La prudenza è una virtù alla quale Cicerone [ De invent. 2,53 ] assegna come parte la memoria.

Perciò anche nella facoltà della memoria ci può essere una virtù.

E per lo stesso motivo in tutte le altre facoltà sensitive.

In contrario:

Tutte le virtù o sono intellettuali o sono morali, come insegna Aristotele [ Ethic. 2,1 ].

Ora, tutte le virtù morali sono nella parte appetitiva; le intellettuali invece sono nell'intelletto o ragione, come egli dimostra [ Ethic. 6,1 ].

Quindi nessuna virtù può trovarsi nei sensi interni.

Dimostrazione:

Nei sensi interni bisogna ammettere l'esistenza di alcuni abiti.

E ciò è dimostrato specialmente da quanto fa notare il Filosofo [ De mem. et remin. 2 ], cioè dal fatto che « nel ricordare una cosa dopo l'altra influisce la consuetudine, che è come una seconda natura »: ora, questo abito consuetudinario non è altro che l'abitudine acquisita mediante la consuetudine, che opera come una seconda natura.

Cicerone quindi può affermare [ l. cit. ] che la virtù è « un abito che si uniforma alla ragione in maniera quasi connaturale ».

Nell'uomo però ciò che viene acquisito per consuetudine dalla memoria e dalle altre facoltà sensitive non è un abito a sé stante, ma un elemento annesso agli abiti della parte intellettiva, come si è già ricordato [ q. 50, a. 4, ad 3 ].

Tuttavia anche se in queste potenze ci sono degli abiti, questi non possono essere considerati virtù.

Infatti la virtù è un abito perfetto, col quale non si può operare che il bene: perciò è necessario che la virtù risieda in quella potenza che può compiere un atto buono.

Ora, la conoscenza della verità non ha compimento nelle facoltà sensitive, ma queste facoltà sono come preparatorie alla conoscenza intellettiva.

E così le virtù riguardanti la conoscenza del vero non sono in queste facoltà, ma piuttosto nell'intelletto o nella ragione.

Analisi delle obiezioni:

1. L'appetito sensitivo rispetto alla volontà, che è l'appetito razionale, ha la funzione di uno strumento che ne subisce il moto.

Perciò l'operazione delle facoltà appetitive ha il suo compimento nell'appetito sensitivo.

E così quest'ultimo è sede di virtù.

- Invece le potenze sensitive di ordine conoscitivo sono piuttosto moventi rispetto all'intelletto: poiché i fantasmi stanno all'anima intellettiva come i colori alla vista, secondo l'espressione di Aristotele [ De anima 3, cc. 5,7 ].

Perciò l'operazione conoscitiva termina nell'intelletto.

E così le virtù di ordine conoscitivo sono nell'intelletto, o nella ragione.

2. È così risolta anche la seconda obiezioni.

3. Non si dice che la memoria fa parte della prudenza come una specie fa parte del genere, come se la memoria fosse una virtù a sé stante; siccome però fra le cose richieste per la prudenza c'è anche la bontà della memoria, sotto questo aspetto la memoria ne è una parte integrante.

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