Summa Teologica - I-II

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Articolo 2 - Se la ragione possa essere vinta dalle passioni contro la sua scienza

De Malo, q. 3, a. 9; In 7 Ethic., lect. 3

Pare che la ragione non possa essere vinta dalle passioni contro la sua scienza.

Infatti:

1. Il più forte non può essere vinto dal più debole.

Ma la scienza, per la sua certezza, è in noi la cosa più forte.

Quindi non può essere vinta dalla passione, che è « debole e transitoria » [ Arist., Praed. 6 ].

2. La volontà ha per oggetto il bene vero o apparente.

Ma quando la passione spinge la volontà verso un bene vero non la piega contro il suo sapere.

Quando poi la spinge verso un bene solo apparente la spinge verso ciò che appare alla ragione: ma anche questo apparire rientra nella sua scienza.

Perciò la passione non inclina mai la ragione contro il suo sapere.

3. Se uno obiettasse che spinge la ragione, che conosce qualcosa in universale, a giudicare nel particolare in modo contrario si risponde: L'opposizione tra una proposizione universale e una proposizione particolare è un'opposizione contraddittoria, come tra le espressioni ogni uomo e non ogni uomo.

Ora, come dimostra Aristotele [ Peri herm. 2,14 ], due opinioni contraddittorie sono contrarie.

Se quindi uno che ha la scienza universale di una cosa desse un giudizio opposto nel particolare, dovrebbe avere simultaneamente opinioni contrarie: il che è impossibile.

4. Chi ha una nozione universale conosce pure il particolare che è contenuto in essa: come chi sa che la mula è sterile sa pure che questo animale è sterile, purché sappia che è una mula, per usare l'esempio di Aristotele [ Anal. post. 1,1 ].

Ora, la stessa cosa avviene in campo morale: chi sa infatti qualcosa in generale, p. es. che nessuna fornicazione è da farsi, sa pure che questo fatto singolare rientra nella nozione universale, p. es. che questo atto è una fornicazione.

Quindi la sua scienza si estende al particolare.

5. Come insegna il Filosofo [ Peri herm., cc. 1,14 ], « le parole sono segni del pensiero ».

Ma l'uomo sotto l'impeto della passione spesso confessa che quanto attira la sua scelta è cattivo anche nel particolare.

Quindi ha una conoscenza anche particolare.

- Così dunque è evidente che le passioni non possono trascinare la ragione contro le sue nozioni universali: poiché questa scienza non è compatibile con un giudizio contrario nei casi particolari.

In contrario:

Scrive l'Apostolo [ Rm 7,23 ]: « Nelle mie membra vedo un'altra legge, che muove guerra alla legge della mia mente, e mi rende schiavo della legge del peccato ».

Ora, la legge esistente nelle membra è la concupiscenza, della quale aveva già parlato.

Essendo dunque la concupiscenza una certa passione, è chiaro che la passione trascina la ragione anche contro il suo sapere.

Dimostrazione:

Come riferisce Aristotele [ Ethic. 7,2 ], era opinione di Socrate che la scienza non potesse mai essere vinta dalla passione.

Per cui egli affermava [ ib. ] che tutte le virtù sono scienza, e che tutti i peccati non sono che ignoranza.

E in questo c'è del vero.

Poiché la volontà, avendo per oggetto il bene, vero o apparente, non può mai volgersi al male senza che esso si presenti alla ragione sotto l'aspetto di bene: quindi la volontà non tenderebbe mai al male senza un'ignoranza o un errore della ragione.

Per cui sta scritto nei Proverbi [ Pr 14,22 ]: « Non errano forse quelli che compiono il male? ».

- È però evidente che molti agiscono contro la loro scienza; e anche ciò trova conferma nella Scrittura [ Lc 12,47 ]: « Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto secondo la sua volontà, riceverà molte percosse »; e altrove [ Gc 4,17 ]: « Chi dunque sa fare il bene e non lo compie, commette peccato ».

E così Socrate non era propriamente nel giusto, ma è necessario distinguere, come fa il Filosofo [ Ethic 7,3 ].

Dovendo infatti l'uomo, per agire rettamente, essere diretto da due tipi di conoscenza, cioè da quella universale e da quella particolare, basta la mancanza di una sola di queste conoscenze per impedire la rettitudine di un atto volontario, come sopra [ q. 76, a. 1 ] si è visto.

Può quindi capitare che uno abbia la nozione universale che non si può ammettere alcuna fornicazione, e tuttavia non riconosca in particolare che questo atto di fornicazione non è da compiersi.

E ciò basta a far sì che la volontà non segua la conoscenza universale della ragione.

- Inoltre si deve notare che ci può essere la conoscenza abituale di una cosa senza la sua considerazione attuale.

E così può capitare che uno abbia la giusta conoscenza non solo universale, ma anche particolare di una cosa, e tuttavia non ci pensi attualmente.

Per cui non è difficile che l'uomo agisca prescindendo da quanto attualmente non considera.

Ora, questa inconsiderazione di quanto uno conosce abitualmente qualche volta è dovuta alla mancanza di attenzione: è il caso, p. es., del geometra che non considera quelle conclusioni della geometria che gli dovrebbero subito balzare agli occhi.

- Altre volte invece questa inconsiderazione dipende dal sopravvenire di un ostacolo: p. es. da un'occupazione esterna, o da un'infermità del corpo.

Ed è così che l'uomo soggetto alla passione è impedito dal considerare nel particolare ciò che conosce in universale: in quanto cioè la passione ostacola la sua considerazione attuale.

E ciò può avvenire in tre modi.

Primo, provocando una distrazione, come sopra [ a. prec. ] si è spiegato.

Secondo, per un motivo di contrarietà: spesso infatti la passione spinge in una direzione opposta a quella delle nostre nozioni universali.

Terzo, mediante un'alterazione fisiologica, che in qualche modo lega la ragione ostacolandone l'esercizio, analogamente a quanto avviene nel sonno o nell'ubriachezza.

E se ne ha la riprova nel fatto che talora, quando le passioni sono molto intense, l'uomo perde totalmente l'uso della ragione: infatti molti sono divenuti pazzi per eccesso di amore o di ira.

E in questo modo la passione spinge la ragione a giudicare nei casi particolari contro le sue nozioni universali.

Analisi delle obiezioni:

1. Nell'operare non ha un'importanza primaria la scienza degli universali, che è certissima, bensì la conoscenza dei singolari: poiché le operazioni hanno per oggetto i singolari.

Non c'è quindi da meravigliarsi che in questo campo la passione agisca contro la scienza universale, in assenza di una considerazione particolare.

2. Il fatto stesso che una cosa non buona appaia alla ragione come un bene in particolare dipende da una qualche passione.

E tuttavia questo giudizio particolare è contro la scienza universale della ragione.

3. Non può certo avvenire che uno abbia attualmente la scienza o l'opinione vera di un principio universale affermativo e un'opinione falsa di un particolare negativo, o viceversa.

Però può darsi che uno abbia la vera scienza abituale di un universale affermativo e l'opinione falsa attuale di un particolare negativo: poiché l'atto non si oppone direttamente all'abito, ma a un altro atto.

4. La passione impedisce a chi è in possesso di una nozione universale di desumere da essa e di giungere alla conclusione logica, ma pone la minore sotto un'altra proposizione universale, suggerita dalla passione, e conclude da questa.

Perciò il Filosofo [ Ethic. 7,3 ] afferma che il sillogismo di chi pecca di incontinenza ha quattro proposizioni, di cui due universali: una dettata dalla ragione, p. es.: non si può commettere alcuna fornicazione, e l'altra dalla passione, p. es.: bisogna assecondare il piacere.

Ora, la passione impedisce alla ragione di arguire e di concludere dalla prima, per cui sotto il suo influsso essa arguisce e desume dalla seconda.

5. Come gli ubriachi esprimono talora delle sentenze profonde, che però essi sono incapaci di giudicare con la loro mente sconvolta dall'ubriachezza, così chi è sotto il dominio di una passione, sebbene a parole condanni una data cosa, tuttavia internamente nel suo cuore la giudica degna di essere compiuta.

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