Summa Teologica - I-II

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Articolo 3 - Se il peccato di passione debba dirsi di debolezza o fragilità

Infra, q. 85, a. 3, ad 4; De Malo, q. 3, a. 9; In Psalm. 6

Pare che il peccato di passione non debba dirsi di debolezza.

Infatti:

1. La passione, come si è detto [ a. 1 ], è un moto intenso dell'appetito sensitivo.

Ora, l'intensità di un moto dice più fortezza che debolezza o fragilità.

Quindi il peccato di passione non deve dirsi peccato di fragilità.

2. La fragilità dell'uomo risulta da ciò che vi è di più debole in lui.

Ma ciò è appunto la carne, secondo il detto della Scrittura [ Sal 78,39 ]: « Si ricordò che erano carne ».

Per cui si deve denominare peccato di fragilità più quello derivante da un difetto del corpo che quello dovuto a una passione dell'anima.

3. Non si vede come un uomo possa essere debole o fragile riguardo a cose dipendenti dalla sua volontà.

Ora, come dice la Scrittura [ Gen 4,7 ], dipende dalla volontà dell'uomo fare o non fare le cose alle quali trascinano le passioni: « Verso di te è il suo istinto, ma tu dòminalo ».

Perciò il peccato di passione non è di fragilità.

In contrario:

Cicerone [ Tusc. disp. 4, cc. 14,15 ] chiama « malattie » le passioni dell'anima.

Ora, le malattie con altro nome sono dette infermità.

Quindi il peccato di passione deve dirsi di infermità [ o fragilità ].

Dimostrazione:

La causa propria del peccato va riscontrata nell'anima, nella quale esso principalmente risiede.

Ora, si può parlare di infermità o debolezza dell'anima per analogia con le infermità del corpo.

Si dice dunque che il corpo umano è infermo quando è reso fiacco o incapace rispetto all'esercizio delle proprie attività da un'indisposizione delle sue parti, cosicché gli umori e le membra non sottostanno alla virtù motrice e direttiva del corpo.

Si dice infatti che un membro è infermo quando è incapace di compiere l'operazione di un membro sano: come è infermo l'occhio, dice il Filosofo [ De hist. animal. 10,1 ], quando non può vedere con chiarezza.

Perciò si parla di infermità o debolezza dell'anima quando essa viene ostacolata nella propria operazione dall'indisposizione delle sue parti.

Ora, come le parti del corpo si dicono indisposte quando non seguono l'ordine della natura, così si dicono mal disposte le parti dell'anima quando non sottostanno all'ordine della ragione: essendo quest'ultima la virtù direttiva delle parti dell'anima.

Perciò quando le facoltà del concupiscibile e dell'irascibile sono dominate dalle passioni contro l'ordine della ragione, ostacolando la debita attività dell'uomo nel modo sopraindicato, si parla di peccato di debolezza.

Per cui anche il Filosofo [ Ethic. 1,13 ] paragona l'incontinente al paralitico, le cui membra si muovono in senso contrario a ciò che egli dispone.

Analisi delle obiezioni:

1. Come la maggiore intensità di un moto innaturale aggrava la debolezza nel corpo, così la maggiore intensità dei moti passionali aumenta proporzionalmente la debolezza dell'anima.

2. Il peccato è principalmente un atto della volontà, la quale non trova ostacolo nell'infermità del corpo: infatti un malato può avere la volontà pronta a compiere determinate cose.

Trova ostacolo invece nella passione, come si è visto sopra [ a. 1 ].

Perciò quando si parla di peccato di fragilità, o di debolezza, si deve pensare più all'infermità dell'anima che a quella del corpo.

- Tuttavia la stessa debolezza dell'anima può essere detta debolezza della carne, in quanto le passioni dell'anima insorgono in noi per la condizione della nostra carne, cioè dall'essere l'appetito sensitivo una facoltà organica.

3. È in potere della volontà acconsentire o dissentire da ciò verso cui inclina la passione: e in questo senso si dice che il nostro appetito ci è sottoposto.

Tuttavia anche il consenso o il dissenso della volontà è impedito dalla passione, come si è visto [ a. 1 ].

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