Summa Teologica - I-II

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Articolo 4 - Se la privazione della misura, della bellezza e dell'ordine sia un effetto del peccato

De Virt., q. 1, a. 8, ad 12

Pare che la privazione della misura, della bellezza e dell'ordine non sia un effetto del peccato.

Infatti:

1. S. Agostino [ De nat. boni 3 ] insegna che « dove queste tre cose sono grandi, si ha un bene grande; dove sono piccole, un bene piccolo; dove nulle, nessun bene ».

Ma il peccato non annulla mai del tutto il bene della natura.

Quindi esso non elimina la misura, la bellezza e l'ordine.

2. Nessuna cosa può causare se medesima.

Ma il peccato stesso, al dire di S. Agostino [ De nat. boni 4 ], è « privazione di misura, bellezza e ordine ».

Quindi tale privazione non può essere effetto del peccato.

3. Peccati diversi devono avere effetti diversi.

Ora la misura, la bellezza e l'ordine, essendo cose diverse, dovranno essere eliminate da privazioni diverse, e quindi da peccati diversi.

Perciò la loro privazione non è l'effetto di ogni peccato.

In contrario:

Il peccato sta all'anima come la malattia sta al corpo, secondo l'espressione del Salmo [ Sal 6,3 ]: « Pietà di me, Signore, perché sono infermo ».

Ma la malattia toglie al corpo la misura, la bellezza e l'ordine.

Quindi il peccato priva l'anima della misura, della bellezza e dell'ordine.

Dimostrazione:

Si è già spiegato nella Prima Parte [ q. 5, a. 5 ] che la misura, la bellezza e l'ordine accompagnano ogni bene creato come tale, e ogni ente.

Infatti ogni cosa è considerata esistente e buona in forza di una forma, che le dà la bellezza.

Ora, la forma di qualunque essere, sia essa sostanziale o accidentale, è sempre secondo una data misura, per cui Aristotele [ Met. 8,3 ] dice che « le forme delle cose sono come i numeri ».

Dal che deriva alle cose un modo di essere che riguarda la misura.

Inoltre dalla propria forma ogni essere viene ordinato ad altre cose.

Perciò secondo i diversi gradi del bene esistono diversi gradi di misura, di bellezza e di ordine.

C'è un bene, dunque, che costituisce la sostanza stessa della natura, ed è provvisto di una sua misura, bellezza e ordine: e di questo bene uno non può essere né privato né impoverito dal peccato.

C'è poi un bene che consiste nell'inclinazione naturale, e anche questo ha la sua misura, la sua bellezza e il suo ordine: esso però viene immiserito dal peccato, come si è già visto [ aa. 1,2 ], sebbene non venga del tutto eliminato.

C'è poi ancora un bene di virtù e di grazia, il quale ha anch'esso misura, bellezza e ordine: e questo viene del tutto eliminato dal peccato mortale.

Finalmente c'è un bene che è l'atto stesso bene ordinato, corredato di misura, bellezza e ordine: e la sua esclusione o privazione costituisce il peccato medesimo.

E così è chiarito come il peccato possa essere privazione della misura, della bellezza e dell'ordine, e insieme causare tale privazione o diminuzione.

Analisi delle obiezioni:

1, 2. Sono così risolte le prime due obiezioni.

3. La misura, la bellezza e l'ordine si implicano a vicenda, come si è spiegato [ nel corpo ].

Perciò la loro privazione e la loro diminuzione è simultanea.

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