Summa Teologica - I-II

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Articolo 3 - Se le piaghe inflitte alla natura dal peccato siano la fragilità, l'ignoranza, la malizia e la concupiscenza

De Malo, q. 2, a. 11

Pare che non sia esatto dire che le piaghe inflitte alla natura dal peccato sono la fragilità, l'ignoranza, la malizia e la concupiscenza.

Infatti:

1. Nulla può essere insieme effetto e causa di una medesima cosa.

Ora, queste quattro piaghe le abbiamo elencate tra le cause del peccato [ q. 76, a. 1; q. 77, aa. 3,5; q. 78, a.1 ].

Quindi non possiamo metterle tra i suoi effetti.

2. La malizia è il nome di un peccato.

Perciò non va enumerata insieme con gli effetti del peccato.

3. La concupiscenza è qualcosa di naturale, essendo un atto del concupiscibile.

Ora, ciò che è naturale non può essere elencato tra le piaghe della natura.

Quindi non si deve considerare la concupiscenza come una piaga della natura.

4. Abbiamo detto sopra [ q. 77, a. 3 ] che peccare per fragilità significa peccare per passione.

Ma anche la concupiscenza è una passione.

Quindi non va contrapposta alla fragilità.

5. S. Agostino [ De nat. et gratia 67.80 ] riconosce « due penalità nell'anima peccatrice », cioè « l'ignoranza e la obiezioni », dalle quali nascono « l'errore e il patimento »: ma queste quattro cose non concordano con le quattro sopraindicate.

Perciò è chiaro che uno dei due elenchi è inesatto.

In contrario:

Sta l'autorità di S. Beda.

Dimostrazione:

Mediante la giustizia originale la ragione dominava perfettamente le potenze inferiori dell'anima, ed essa stessa era sublimata dalla sua sottomissione a Dio.

Ma la giustizia originale fu distrutta, come si è detto [ q. 81, a. 2 ], dal peccato di Adamo.

Di conseguenza tutte le facoltà dell'anima rimangono come destituite del proprio ordine, dal quale erano indirizzate naturalmente alla virtù: e questa destituzione si dice che è un ferimento della natura.

Ora, quattro sono le potenze dell'anima che possono essere sede di virtù, come sopra [ q. 61, a. 2 ] si è visto: la ragione, in cui risiede la prudenza; la volontà, in cui si trova la giustizia; l'irascibile, sede della fortezza; il concupiscibile, sede della temperanza.

Dal momento quindi che la ragione è destituita del suo ordine alla verità si ha la piaga dell'ignoranza; con la perdita dell'ordine che la volontà sperimenta per il bene si ha la piaga della malizia; in quanto l'irascibile è privato del suo ordine alle cose ardue si ha la piaga della fragilità; in quanto infine viene tolto alla concupiscenza il suo ordine al bene dilettevole regolato dalla ragione si ha la piaga della concupiscenza.

Così dunque sono quattro le piaghe inflitte a tutta la natura umana dal peccato di Adamo.

Siccome però l'inclinazione al bene viene menomata in ciascuno anche dal peccato attuale, come sopra si è dimostrato [ aa. 1,2 ], queste quattro piaghe accompagnano pure gli altri peccati: col peccato, cioè, la ragione si offusca, specialmente in campo pratico, la volontà diviene restia al bene, cresce l'interna obiezioni a ben operare e la concupiscenza si accende.

Analisi delle obiezioni:

1. Nulla impedisce che l'effetto di un peccato sia causa di un altro peccato.

Dal momento infatti che l'anima viene messa in disordine da un peccato, più facilmente è inclinata a peccare.

2. La malizia qui non sta a indicare il peccato, ma una certa predisposizione della volontà al male, secondo l'espressione della Genesi [ Gen 8,21 ]: « L'istinto del cuore umano è incline al male fin dall'adolescenza ».

3. Come si è già detto [ q. 82, a. 3, ad 1 ], la concupiscenza è naturale per l'uomo in quanto sottostà alla ragione.

Ma quando passa i limiti della ragione è contro natura.

4. In senso lato si può chiamare fragilità qualsiasi passione, in quanto debilita le forze dell'anima e ostacola la ragione.

Ma Beda qui prende la fragilità in senso stretto, come contrapposta alla fortezza, propria dell'irascibile.

5. Il testo di S. Agostino citato nell'obiezione include le tre piaghe che si riscontrano nelle potenze appetitive, e cioè la malizia, la fragilità e la concupiscenza: infatti da esse dipende che uno non tenda con facilità al bene.

L'errore poi e il dolore sono piaghe conseguenti: poiché uno si addolora per il fatto che si sente debole di fronte alle proprie concupiscenze.

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