Summa Teologica - I-II

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Articolo 2 - Se la legge antica contenga dei precetti morali

Infra, a. 4; In Matth., c. 23

Pare che la legge antica non contenga dei precetti morali.

Infatti:

1. Sopra [ q. 91, aa. 4,5; q. 98, a. 5 ] si è dimostrato che la legge antica è distinta dalla legge naturale.

Ma i precetti morali appartengono alla legge naturale.

Quindi non appartengono alla legge antica.

2. La legge divina è chiamata in soccorso dell'uomo là dove non arriva la ragione umana: come è evidente nelle verità di fede, che sono appunto al di sopra della ragione.

Ma la ragione umana è sufficiente per i precetti morali.

Perciò questi non appartengono alla legge antica, che è una legge divina.

3. Secondo S. Paolo [ 2 Cor 3,6 ] l'antica legge è « la lettera che uccide ».

Invece i precetti morali non uccidono, ma vivificano, secondo le parole del Salmo [ Sal 119,93 ]: « Mai dimenticherò i tuoi precetti: per essi mi fai vivere ».

Quindi i precetti morali non rientrano nell'antica legge.

In contrario:

Sta scritto [ Sir 17,9 ]: « Inoltre pose davanti a loro la disciplina, e diede loro in eredità la legge della vita ».

Ora, la disciplina si riferisce ai costumi: infatti la Glossa [ ord. ], spiegando Eb 12,11 commenta: « La disciplina è l'educazione del costume per vie difficili ».

Quindi la legge data da Dio conteneva dei precetti morali.

Dimostrazione:

L'antica legge conteneva dei precetti morali, come è evidente nell'Esodo [ Es 20,13.15 ]: « Non uccidere, Non rubare ».

E giustamente.

Come infatti l'intenzione principale della legge umana è di stabilire l'amicizia degli uomini fra di loro, così l'intenzione principale della legge divina è di stabilire l'amicizia dell'uomo con Dio.

Essendo però a base dell'amore la somiglianza, secondo il detto [ Sir 13,15 ]: « Ogni creatura vivente ama il suo simile », è impossibile che ci sia questa amicizia dell'uomo con Dio, infinitamente buono, se gli uomini non diventano buoni.

Infatti nel Levitico [ Lv 19,2 ] si legge: « Siate santi, perché io sono santo ».

Ma la bontà dell'uomo è la virtù, la quale « rende buono chi la possiede ».

Era quindi necessario che nella legge antica non mancassero dei precetti riguardanti gli atti delle virtù.

E questi sono appunto i precetti morali della legge.

Analisi delle obiezioni:

1. L'antica legge si distingue dalla legge naturale non come se le fosse del tutto estranea, ma in quanto aggiunge ad essa qualcosa.

Come infatti la grazia presuppone la natura, così la legge divina presuppone quella naturale.

2. La legge divina aveva il compito di aiutare l'uomo non solo in ciò che supera la capacità della ragione, ma anche là dove la ragione suole trovare delle obiezioni.

Ora, la ragione umana non poteva sbagliare nella conoscenza astratta dei precetti morali più comuni della legge naturale, tuttavia per le abitudini peccaminose tale conoscenza veniva a oscurarsi nell'agire concreto.

Rispetto poi agli altri precetti morali, che sono come conclusioni dedotte dai princìpi universali della legge naturale, la ragione di molti si ingannava al punto di considerare lecite cose in se stesse cattive.

Era quindi opportuno che l'autorità della legge divina aiutasse l'uomo in tutte e due queste deficienze.

Come anche in materia di fede, per escludere gli errori frequenti della ragione umana, non ci sono proposte soltanto le verità che la ragione non può raggiungere, come il fatto che Dio è trino, ma anche quelle che la retta ragione è capace di dimostrare, p. es. che Dio è uno.

3. Come dimostra S. Agostino [ De spir. et litt. 14.24 ], anche quanto ai precetti morali la lettera della legge è occasione di morte: poiché comanda il bene senza dare l'aiuto della grazia per compierlo.

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