Summa Teologica - I-II

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Articolo 1 - Se l'uomo privo della grazia possa conoscere una qualche verità

In 2 Sent., d. 28, q. 1, a. 5; In 1 Cor., c. 12, lect. 1

Pare che l'uomo privo della grazia non possa conoscere alcuna verità.

Infatti:

1. A commento di quell'espressione di S. Paolo [ 1 Cor 12,3 ]: « Nessuno può dire: "Gesù è Signore" se non sotto l'azione dello Spirito Santo », la Glossa [ P. Lomb. ] di S. Ambrogio afferma: « Ogni verità, da chiunque sia detta, viene dallo Spirito Santo ».

Ma lo Spirito Santo abita in noi mediante la grazia.

Quindi non possiamo conoscere la verità senza la grazia.

2. Scrive S. Agostino [ Solil. 1,6.12 ] che « le discipline più certe sono simili agli oggetti resi visibili dalla luce del sole; ma Dio è lui stesso la luce, mentre la ragione è nella mente come lo sguardo negli occhi, e gli occhi della mente sono i sensi dell'anima ».

Ora, i sensi del corpo, per quanto puri, non possono vedere un oggetto visibile senza la luce del sole.

Perciò la mente umana, per quanto perfetta, non può col raziocinio conoscere una verità senza l'illuminazione divina.

E questa rientra nell'aiuto della grazia.

3. La mente umana non può capire una verità se non pensando, come dimostra S. Agostino [ De Trin. 14,7.10 ].

Ora, l'Apostolo [ 2 Cor 3,5 ] afferma: « Da noi stessi non siamo capaci di pensare qualcosa come proveniente da noi ».

Quindi l'uomo non può conoscere da se stesso la verità senza l'aiuto della grazia.

In contrario:

S. Agostino [ Retract. 1,4 ] dichiara: « Non approvo quanto scrissi in una preghiera: "O Dio, che hai voluto riservare ai puri la conoscenza della verità".

Si potrebbe infatti rispondere che anche molti non puri conoscono molte verità ».

Ma l'uomo diviene puro mediante la grazia, poiché sta scritto [ Sal 51,12 ]: « Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo ».

Quindi l'uomo privo della grazia può conoscere da solo la verità.

Dimostrazione:

Conoscere la verità consiste nell'usare o esercitare la luce dell'intelletto, poiché secondo l'Apostolo [ Ef 5,13 ] « tutto quello che si manifesta è luce ».

Ora, qualsiasi uso implica un moto, se prendiamo il termine moto in senso lato, cioè nel senso in cui, secondo le spiegazioni del Filosofo [ De anima 3, cc. 4,7 ], si dice che anche l'intendere e il volere sono un certo moto.

Ma negli esseri materiali noi vediamo che per il moto si richiede non soltanto la forma che è il principio del moto e dell'operazione, bensì anche la mozione del primo motore.

Ora, il primo motore per gli esseri materiali è il corpo celeste.

Per cui lo stesso calore del fuoco, per quanto sia perfetto, non potrebbe alterare senza la mozione del corpo celeste.

Ora, è evidente che come tutti i moti di ordine fisico hanno nel moto del corpo celeste il primo motore di ordine materiale, così tutti i moti, sia corporali che spirituali, hanno un primo motore assoluto, che è Dio.

Perciò una qualsiasi natura, sia materiale che spirituale, per quanto perfetta possa essere, non può compiere il proprio atto senza la mozione di Dio.

Mozione che però segue l'ordine della sua provvidenza, e non una necessità di natura, come la mozione dei corpi celesti.

Ora, da Dio deriva non solo ogni mozione come dal primo motore, ma anche ogni perfezione formale come dall'atto primo.

Così dunque l'atto dell'intelletto e di qualsiasi ente creato dipende da Dio sotto due aspetti: primo, in quanto da lui riceve la forma in forza della quale agisce; secondo, in quanto da lui è mosso ad agire.

Ora, qualsiasi forma posta da Dio nelle realtà create ha efficacia rispetto a certi atti determinati che corrispondono alle sue proprietà, ma oltre a quelli non può arrivare senza una nuova forma supplementare: come l'acqua non può riscaldare se non è riscaldata dal fuoco.

Perciò anche l'intelletto umano ha una forma, cioè la luce intellettuale, che è di per sé sufficiente a conoscere alcuni intelligibili, vale a dire quelle realtà di cui possiamo formarci un'idea mediante le realtà sensibili; tuttavia esso non può conoscere le realtà intelligibili superiori senza essere perfezionato da una luce più forte, come potrebbe essere la luce della fede, o il lume profetico.

E questa viene detta luce della grazia, inquantoché viene ad aggiungersi a quella della natura.

Perciò si deve concludere che l'uomo, per conoscere qualsiasi verità, ha bisogno dell'aiuto di Dio perché il suo intelletto si muova ad agire.

Non ha però bisogno di una nuova illuminazione aggiunta a quella naturale in tutti i casi, ma solo quando si tratta di oggetti che sorpassano la conoscenza naturale.

- Tuttavia talora Dio istruisce miracolosamente qualcuno con la sua grazia anche su cose che potrebbero essere conosciute con la ragione naturale: come anche compie talvolta miracolosamente dei fenomeni che la natura stessa può compiere.

Analisi delle obiezioni:

1. Qualsiasi verità, da chiunque sia detta, viene dallo Spirito Santo che infonde la luce naturale [ dell'intelligenza ], e muove a intendere e a esprimere la verità.

Non deriva però da lui in quanto inabitante mediante la grazia abituale, o in quanto elargente qualche dono abituale aggiunto alla natura: ciò avviene infatti solo quando si conoscono ed esprimono certe verità, e specialmente le verità della fede, a cui l'Apostolo si riferisce.

2. Il sole materiale illumina esternamente, mentre il sole spirituale, che è Dio, illumina internamente.

Perciò anche la luce naturale posta da Dio nell'anima è una luce divina mediante la quale Dio ci illumina perché possiamo conoscere gli oggetti che rientrano nella conoscenza naturale.

E per questo non si richiede una nuova illuminazione, ma solo per ciò che sorpassa la conoscenza naturale.

3. Per conoscere abbiamo sempre bisogno dell'aiuto di Dio in quanto movente l'intelletto ad agire: infatti intendere qualcosa in atto equivale a pensare, come spiega S. Agostino [ De Trin. 14,7.10 ].

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