Summa Teologica - I-II

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Articolo 7 - Se l'uomo possa risorgere dal peccato senza l'aiuto della grazia

Infra, q. 113, a. 2; In 2 Sent., d. 28, q. 1, a. 3; C. G., III, c. 157; IV., c. 72; De Verit., q. 24, a. 12, ad 34; q. 28, a. 2; In Ephes., c. 5, lect. 5

Pare che l'uomo possa risorgere dal peccato senza l'aiuto della grazia.

Infatti:

1. Quanto è prerequisito alla grazia avviene senza la grazia.

Ma la risurrezione dal peccato è un prerequisito all'illuminazione della grazia, poiché sta scritto [ Ef 5,14 ]: « Déstati dai morti, e Cristo ti illuminerà ».

Quindi si può risorgere dal peccato senza la grazia.

2. Il peccato, secondo le spiegazioni date [ q. 71, a. 1, ad 3 ], si contrappone alla virtù come la malattia alla salute.

Ma l'uomo con la sua virtù naturale può tornare dalla malattia alla salute senza l'aiuto esterno della medicina, poiché interiormente rimane il principio vitale, dal quale l'operazione naturale procede.

Per lo stesso motivo dunque sembra che l'uomo possa risanarsi da sé, tornando dallo stato di peccato allo stato di giustizia, senza l'aiuto esterno della grazia.

3. Qualunque essere naturale può tornare all'atto corrispondente alla sua natura: l'acqua riscaldata, p. es., torna da se stessa alla sua naturale frigidità, e il sasso lanciato in alto torna da se stesso al suo moto naturale.

Ma il peccato è un atto contro natura, come dimostra il Damasceno [ De fide orth. 2, cc. 4,30 ].

Perciò l'uomo può tornare con le sue sole forze dal peccato allo stato di giustizia.

In contrario:

L'Apostolo [ Gal 2,21 ] scrive: « Se la giustificazione viene dalla legge, Cristo è morto invano », cioè senza motivo.

Parimenti dunque, se l'uomo ha una natura che lo può giustificare, « Cristo è morto invano », cioè senza motivo.

Ma ciò è inammissibile.

Quindi l'uomo non può giustificarsi da sé, cioè tornare con le sue sole forze dallo stato di colpa a quello di giustizia.

Dimostrazione:

In nessun modo l'uomo può risorgere dal peccato con le sue forze, senza l'aiuto della grazia.

Infatti il peccato, pur essendo passeggero come atto, rimane come reato, secondo le spiegazioni già date in precedenza [ q. 87, a. 6 ], per cui risorgere dal peccato non è lo stesso che cessare dall'atto peccaminoso.

Ma per l'uomo risorgere dal peccato equivale a essere reintegrato nei beni perduti con la colpa.

Ora l'uomo, peccando, subisce tre danni, come si disse sopra [ q. 85, a. 1; q. 86, a. 1; q. 87, a. 1 ]: la macchia, la corruzione dei beni di natura e il reato della pena.

Contrae una macchia in quanto viene privato dello splendore della grazia per la deformità del peccato.

Si corrompono i beni di natura in quanto la natura dell'uomo cade nel disordine, quando la volontà umana non è soggetta a Dio: eliminato infatti quest'ordine, ne segue che tutta la natura dell'uomo in stato di peccato rimane disordinata.

Il reato della pena infine consiste nel fatto che l'uomo, peccando mortalmente, merita la dannazione eterna.

Ora, è evidente per tutte e tre queste cose che soltanto Dio può ripararle.

Infatti la bellezza della grazia deriva da un'illuminazione divina, per cui tale bellezza non può tornare in un'anima senza una nuova illuminazione da parte di Dio: e così è necessario quel dono abituale che è la luce della grazia.

Similmente l'ordine della natura, che implica la sottomissione della volontà umana a quella di Dio, non può essere riparato se Dio non trae a sé la volontà dell'uomo, come si è detto [ a. prec. ].

E così pure nessuno, all'infuori di Dio, può condonare il reato della pena eterna, essendo egli l'offeso, e il giudice degli uomini.

Perché dunque l'uomo risorga dal peccato si richiede l'aiuto della grazia, sia come dono abituale, sia come mozione interiore di Dio.

Analisi delle obiezioni:

1. Nella risurrezione umana dal peccato viene comandato all'uomo di compiere quanto appartiene all'atto del libero arbitrio.

Perciò la frase: « Déstati, e Cristo ti illuminerà » non va intesa nel senso che la risurrezione dal peccato debba precedere interamente l'illuminazione della grazia, ma nel senso che l'uomo riceve la luce della grazia santificante mentre col suo libero arbitrio, mosso da Dio, si sforza di risorgere dal peccato.

2. La ragione naturale non è il principio adeguato della sanità prodotta nell'uomo dalla grazia santificante, ma il principio di essa è la grazia, che il peccato distrugge.

E così l'uomo non può guarire da se stesso, ma ha bisogno di una nuova infusione della luce della grazia: come se si trattasse di infondere nuovamente l'anima in un corpo da risuscitare.

3. Quando la natura è integra può tornare da sé nelle disposizioni ad essa connaturali e proporzionate; non però, senza un aiuto esterno, nei beni che sorpassano la sua misura.

Quando poi la natura umana è decaduta per il peccato, non essendo più integra, ma corrotta, come si è spiegato [ nel corpo ], non può tornare da sé né al bene ad essa connaturale, né tanto meno al bene della giustizia soprannaturale.

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