Summa Teologica - I-II

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Articolo 8 - Se l'uomo senza la grazia possa non peccare

Supra, q. 63, a. 2, ad 2; q. 64, a. 3, ad 2; In 2 Sent., d. 20, q. 2, a. 3, ad 5; d. 24, q. 1, a. 4; d. 28, q. 1, a. 2; C. G., III, c. 160; De Verit., q. 22, a. 5, ad 7; q. 24, a. 1, ad 10, 12; aa. 12, 13; De Malo, q. 3, a. 1, ad 9; In 1 Cor., c. 12, lect. 1; In Hebr., c. 10, lect. 3

Pare che l'uomo senza la grazia possa non peccare.

Infatti:

1. Come afferma S. Agostino [ De duab. anim., cc. 10,11; De lib. arb. 3,18.50 ], « nessuno pecca facendo ciò che non può evitare ».

Se quindi un uomo in peccato mortale non potesse evitare il peccato, peccando non peccherebbe. Il che è assurdo.

2. Si corregge un uomo perché non pecchi.

Ma se uno che è in peccato mortale non può non peccare, è inutile correggerlo.

Il che è inammissibile.

3. Sta scritto [ Sir 15,17 ]: « Davanti all'uomo stanno la vita e la morte, il bene e il male: a ognuno sarà dato ciò che a lui piacerà ».

Ma quando uno pecca non cessa di essere un uomo.

Quindi rimane ancora in suo potere lo scegliere tra il bene e il male.

E così l'uomo privo della grazia può evitare il peccato.

In contrario:

Scrive S. Agostino [ De perf. iust. 21.44 ]: « Chiunque neghi che noi siamo tenuti a pregare per non cadere in tentazione ( e lo nega chi sostiene che non è necessaria la grazia divina per non peccare, ma basta la volontà umana, con la sola accettazione della legge ), non esito a considerarlo inascoltabile da qualsiasi orecchio, e degno di essere scomunicato dalla bocca di tutti ».

Dimostrazione:

L'uomo può essere considerato sotto due aspetti: primo, nello stato di natura integra; secondo, nello stato di natura corrotta.

Nello stato di natura integra, anche senza la grazia abituale, egli poteva non peccare né mortalmente né venialmente: poiché peccare non è altro che scostarsi da ciò che è secondo natura, e questo l'uomo poteva evitarlo mentre la natura era integra.

Tuttavia bisognava che Dio lo conservasse nel bene, poiché senza questo aiuto divino la stessa natura ricadrebbe nel nulla.

Nello stato di natura corrotta invece l'uomo, per potersi astenere totalmente dal peccato, ha bisogno della grazia abituale che risani la natura.

E questo risanamento avviene in questa vita dapprima nella mente, mentre l'appetito carnale non è ancora completamente risanato: per cui l'Apostolo [ Rm 7,25 ] così parla a nome dell'uomo redento: « Io dunque con la mente servo la legge di Dio, con la carne invece la legge del peccato ».

E in tale stato l'uomo può astenersi dal peccato mortale, che si attua nella ragione, come sopra [ q. 74, a. 4 ] si è detto.

Non può astenersi invece da ogni peccato veniale, per la corruzione degli appetiti inferiori della sensualità, i cui moti la ragione è in grado di reprimere singolarmente ( e a ciò essi devono la loro natura di atti peccaminosi volontari ), senza però poterli reprimere globalmente tutti: poiché mentre tenta di resistere a uno forse ne insorge un altro; e anche perché la ragione non è sempre pronta a evitare questi moti, come sopra [ q. 74, a. 3, ad 2 ] si è spiegato.

Così pure, similmente, prima che la sua ragione, in cui si attua il peccato mortale, sia risanata dalla grazia, l'uomo può evitare i peccati mortali singolarmente e per un dato tempo: poiché non è necessario che subito pecchi in maniera attuale; è però impossibile che rimanga a lungo senza peccare mortalmente.

Infatti S. Gregorio [ In Ez hom. 11 ] afferma che « il peccato non riparato subito con la penitenza, col suo peso trascina ad altri peccati ».

E ciò si spiega col fatto che, come l'appetito inferiore deve essere sottomesso alla ragione, così la ragione deve essere sottoposta a Dio, e stabilire in lui il fine della sua volontà.

Ma il fine deve regolare tutti gli atti umani, come il giudizio della ragione deve regolare i moti dell'appetito inferiore.

Ora, come quando l'appetito inferiore non è pienamente sottoposto alla ragione sono inevitabili certi moti disordinati nell'appetito sensitivo, così, quando la ragione umana non è del tutto sottoposta a Dio, sono inevitabili molteplici disordini negli atti della ragione.

Se infatti l'uomo non ha il cuore ben fisso in Dio, così da non volersi da lui separare né per conseguire qualsiasi bene, né per evitare qualsiasi male, capiteranno troppe cose per raggiungere e per evitare le quali egli si allontanerà da Dio trasgredendone i precetti: e così peccherà mortalmente.

E ciò specialmente perché nei casi improvvisi l'uomo agisce secondo il fine prestabilito, e secondo l'abito preesistente, come dice il Filosofo [ Ethic. 3,8 ]; sebbene possa agire scostandosi da quel fine e dalle inclinazioni abituali con la riflessione della ragione.

Ma poiché l'uomo non sempre ha la possibilità riflettere in tal modo, non può di conseguenza rimanere a lungo senza agire in conformità alla spinta della sua volontà non orientata verso Dio, a meno che dalla grazia non venga presto ristabilito nel debito ordine.

Analisi delle obiezioni:

1. L'uomo senza la grazia può evitare i singoli atti del peccato, ma non tutti, come si è detto [ nel corpo ].

Siccome però è per sua negligenza che egli non si è preparato a ricevere la grazia, il fatto che non possa evitare la colpa senza la grazia non lo scusa dal peccato.

2. La correzione serve, come dice S. Agostino [ De corr. et gratia 6.9 ], « a far sì che dal dolore della correzione sorga la volontà della rigenerazione.

Purché chi viene corretto sia figlio della promessa: e così, mentre lo strepito della correzione suona e flagella all'esterno, Dio opera in lui il volere dall'interno, con un'ispirazione occulta ».

La correzione è quindi necessaria inquantoché si richiede la volontà dell'interessato per fuggire il peccato.

Ma la correzione non è efficace senza l'aiuto di Dio; per cui sta scritto [ Qo 7,13 ]: « Osserva l'opera di Dio: chi può raddrizzare ciò che egli ha fatto curvo? ».

3. Come spiega S. Agostino [ Hypognost. 3,2 ], quell'affermazione vale per l'uomo nello stato di natura integra, quando non era schiavo del peccato, per cui poteva peccare e non peccare.

- Tuttavia anche adesso viene dato all'uomo ciò che egli vuole.

Che però voglia il bene dipende dall'aiuto della grazia.

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