Summa Teologica - I-II

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Articolo 2 - Se la remissione del peccato, ossia la giustificazione dell'empio, richieda l'infusione della grazia

In 4 Sent., d. 17, q. 1, a. 3, sol. 1; De Verit., q. 28, a. 2; In Ephes., c. 5, lect. 5

Pare che la remissione del peccato, ossia la giustificazione dell'empio, non richieda l'infusione della grazia.

Infatti:

1. Uno può recedere da un termine senza raggiungere il termine contrario, se si tratta di contrari che ammettono un termine intermedio.

Ora, fra lo stato di grazia e lo stato di colpa c'è uno stato intermedio, cioè lo stato di innocenza, nel quale l'uomo è privo sia della grazia che della colpa.

Quindi a uno può essere condonata la colpa senza che per questo consegua la grazia.

2. La remissione della colpa si riduce a una decisione di Dio, secondo le parole del Salmo [ Sal 32,2 ]: « Beato l'uomo a cui Dio non imputa alcun male ».

Invece l'infusione della grazia mette in noi qualcosa, come sopra [ q. 110, a. 1 ] si è detto.

Quindi per la remissione dei peccati non si richiede l'infusione della grazia.

3. Nessuno può avere contemporaneamente due atti contrari.

Ora, certi peccati sono contrari fra loro, come la prodigalità e l'avarizia.

Quindi chi pecca di prodigalità non può peccare simultaneamente di avarizia.

Può tuttavia darsi che lo abbia fatto in precedenza.

Peccando quindi di prodigalità uno si libera del peccato contrario.

E così viene rimesso un peccato senza la grazia.

In contrario:

S. Paolo [ Rm 3,24 ] scrive: « Giustificati gratuitamente per la sua grazia ».

Dimostrazione:

L'uomo peccando offende Dio, come sopra [ q. 71, a. 6; q. 87, aa. 3 ss. ] si è visto.

Ora, un'offesa viene condonata solo perché l'animo dell'offeso si rappacifica con il colpevole.

Perciò si dice che a noi sono rimessi i peccati in quanto Dio si rappacifica con noi.

E questa pace consiste nell'amore con cui Dio ci ama.

Ora l'amore di Dio, pur essendo eterno e immutabile come atto divino, negli effetti che imprime in noi talora si interrompe, in quanto cioè talvolta noi abbandoniamo Dio e talvolta lo ritroviamo nuovamente.

Ma l'effetto prodotto in noi dall'amore che Dio ci porta, e che il peccato distrugge, è la grazia, che rende l'uomo degno della vita eterna, dalla quale il peccato mortale esclude.

Quindi non si può concepire la remissione del peccato senza l'infusione della grazia.

Analisi delle obiezioni:

1. Si richiede di più per condonare a qualcuno un'offesa che per limitarsi a non odiare chi non offende.

Può infatti capitare tra gli uomini che un uomo non abbia né amore né odio per un'altra persona; se però questa lo offende, non può perdonarla senza una particolare benevolenza.

Ora, la benevolenza di Dio verso l'uomo viene ristabilita col dono della grazia.

E così l'uomo, sebbene prima del peccato avrebbe potuto anche trovarsi senza grazia e senza colpa, tuttavia dopo il peccato non può liberarsi dalla colpa senza ricevere la grazia.

2. Come l'amore di Dio non consiste soltanto in un atto della volontà divina, ma implica un effetto della grazia, come sopra [ q. 110, a. 1 ] abbiamo accennato, così anche il suo non imputare la colpa implica un effetto nell'uomo al quale tale colpa non è imputata.

Infatti la non imputazione del peccato da parte di Dio deriva dal suo amore.

3. Come insegna S. Agostino [ De nuptiis et concup. 1,26.29 ], « se per non avere più il peccato bastasse desistere dal commetterlo, la Scrittura si limiterebbe ad ammonire: "Figlio, hai peccato, non lo fare più".

Invece non basta, e aggiunge: "Pentiti del passato, per ottenere il perdono" ».

Infatti il peccato passa come atto, ma rimane come reato, secondo le spiegazioni date in precedenza [ q. 87, a. 6 ].

Perciò quando uno passa da un dato peccato a quello del vizio contrario cessa di avere l'atto del vizio precedente, ma non cessa di averne il reato: per cui assomma il reato di entrambi.

Infatti i peccati non sono contrari fra loro dalla parte dell'allontanamento da Dio, da cui si desume il reato.

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