Summa Teologica - I-II

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Articolo 2 - Se sia giusto dividere la grazia in operante e cooperante

In 2 Sent., d. 26, q. 1, a. 5; a. 6, ad 2; De Verit., q. 27, a. 5, ad 1, 2; In 2 Cor., c. 6, lect. 1

Pare che non sia giusto dividere la grazia in operante e cooperante.

Infatti:

1. La grazia, come si è detto [ q. 110, a. 2, ad 2 ], è un accidente.

Ma gli accidenti non possono agire sul soggetto.

Quindi nessuna grazia può essere detta operante.

2. Se la grazia opera qualcosa in noi, opera specialmente la giustificazione.

Ma questa non viene prodotta in noi soltanto dalla grazia: infatti S. Agostino [ Serm. 169 ] così commenta quel passo evangelico [ Gv 14,12 ]: « Anch'egli compirà le opere che io compio »: « Chi ti ha creato senza di te, non ti giustificherà senza di te ».

Perciò nessuna grazia deve dirsi operante in senso assoluto.

3. Cooperare con qualcuno è proprio di un agente subordinato, non della causa agente principale.

Ma in noi l'azione della grazia è superiore a quella del libero arbitrio, secondo le parole di S. Paolo [ Rm 9,16 ]: « Non è di chi vuole, né di chi corre, ma di Dio che usa misericordia ».

Quindi la grazia non deve dirsi cooperante.

4. Una divisione va data per termini opposti.

Ma operare e cooperare non sono opposti, poiché la medesima cosa può operare e cooperare.

Quindi non è giusto dividere la grazia in operante e cooperante.

In contrario:

Scrive S. Agostino [ De grat. et lib. arb. 17.33 ]: « Cooperando, Dio compie in noi quanto aveva iniziato operando: poiché è lui stesso a far sì che da principio noi vogliamo, e a cooperare con coloro che vogliono nella conclusione dell'opera ».

Ma le operazioni con cui Dio muove al bene appartengono alla grazia.

Quindi è giusto dividere la grazia in operante e cooperante.

Dimostrazione:

Come si è già notato [ q. 109, aa. 2,3,6,9; q. 110, a. 2 ], per grazia si possono intendere due cose: primo, l'aiuto col quale Dio ci muove a volere e a compiere il bene; secondo, il dono di un abito infuso in noi da Dio.

E nell'uno e nell'altro senso la grazia si divide giustamente in operante e cooperante.

Infatti il compimento di un effetto non viene attribuito al soggetto mosso, ma a chi lo muove.

Se quindi si considerano quegli effetti nei quali la nostra mente non muove, ma è soltanto mossa, mentre Dio solo ne è il motore, l'operazione va attribuita a Dio: e allora si parla di grazia operante.

Invece negli effetti in cui la nostra mente muove ed è mossa l'operazione non è attribuita solo a Dio, ma anche all'anima: e allora si parla di grazia cooperante.

Ora, in noi ci sono due tipi di atti.

Il primo è l'atto interno della volontà.

E riguardo a questo atto la volontà è mossa, mentre Dio ne è il motore: specialmente poi quando una volontà che prima voleva il male comincia a volere il bene.

Perciò la mozione di Dio che porta la mente umana a questo atto viene denominata grazia operante.

Il secondo tipo di atti è invece costituito dagli atti esterni; i quali essendo imperati dalla volontà, come si è visto [ q. 17, a. 9 ], vengono ad essa attribuiti.

E poiché Dio ci aiuta anche in questi atti, sia rafforzando interiormente la volontà per giungere ad essi, sia dando esternamente la capacità di compierli, rispetto a questi atti la grazia è detta cooperante.

Per cui S. Agostino nel passo riferito [ s.c. ] aggiunge: « [ Dio ] opera affinché vogliamo; e quando vogliamo coopera con noi affinché completiamo l'operazione ».

- Se quindi per grazia si intende la mozione gratuita con la quale Dio ci muove a compiere il bene meritorio, giustamente la grazia si divide in operante e cooperante.

Se invece per grazia si intende il dono abituale, anche allora notiamo due effetti della grazia, come in qualsiasi altra forma: il primo è l'essere, il secondo l'operazione.

Il calore, p. es., ha come primo effetto il rendere caldo un oggetto, e come secondo il far sì che esso riscaldi esternamente.

Perciò la grazia abituale, in quanto risana e giustifica l'anima rendendola gradita a Dio, è detta grazia operante; in quanto invece è principio delle opere meritorie, che derivano anche dal libero arbitrio, è detta cooperante.

Analisi delle obiezioni:

1. Essendo la grazia una qualità accidentale, essa agisce nell'anima non come causa efficiente, ma come causa formale: cioè si comporta come la bianchezza rispetto a una parete bianca.

2. Dio non ci giustifica senza di noi inquantoché nell'atto della giustificazione noi acconsentiamo alla giustizia di Dio col moto del nostro libero arbitrio.

Però questo moto non è causa, ma effetto della grazia.

E così l'operazione appartiene interamente alla grazia.

3. Si può dire che uno coopera con un altro non solo perché è un agente secondario rispetto a una causa agente principale, ma anche perché è di aiuto nel raggiungimento di un fine prestabilito.

Ora, l'uomo viene aiutato da Dio a volere il bene con la grazia operante.

Una volta quindi presupposto il fine, la grazia viene di conseguenza a cooperare con noi.

4. La grazia operante e quella cooperante sono la medesima grazia, ma sono distinte secondo i diversi effetti, come si è visto [ nel corpo ].

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