Summa Teologica - II-II

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Articolo 5 - Se l'uomo sia tenuto a credere qualcosa in maniera esplicita

In 1 Sent., d. 33, q. 1, a. 5; In 3 Sent., d. 5, q. 2, a. 1, sol. 1, 2; De Verit., q. 14, a. 11

Pare che l'uomo non sia tenuto a credere qualcosa in maniera esplicita.

Infatti:

1. Nessuno è tenuto a ciò che non è in suo potere.

Ora, [ spesso ] non è in potere dell'uomo credere qualcosa in maniera esplicita.

Dice infatti S. Paolo [ Rm 10,14s ]: « Come potranno credere senza averne sentito parlare?

E come potranno sentirne parlare senza uno che lo annunzi?

E come lo annunzieranno senza essere prima inviati? ».

Dunque l'uomo non è tenuto a credere qualcosa in maniera esplicita.

2. La fede ci ordina a Dio come la carità.

Ora, l'uomo non è tenuto a osservare [ materialmente ] i precetti della carità, ma basta la sola disposizione d'animo, come risulta, secondo quanto spiega S. Agostino [ De Serm. Dom. in monte 1, cc. 19, 20 ], da quel precetto del Signore [ Mt 5,39 ]: « Se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l'altra », e da altri simili.

Perciò l'uomo non è tenuto neppure a credere esplicitamente qualcosa, ma basta che abbia l'animo disposto a credere quanto Dio propone.

3. La bontà della fede si risolve in qualche modo nell'obbedienza, secondo le parole di S. Paolo [ Rm 1,5 ]: « per ottenere l'obbedienza alla fede da parte di tutte le genti ».

Ora, per avere la virtù dell'obbedienza non si richiede che uno osservi determinati precetti, ma basta che abbia l'animo disposto a ubbidire, come dice il Salmo [ Sal 119,60 ]: « Sono pronto, e non voglio tardare a custodire i tuoi decreti ».

Quindi pare che anche per la fede basti che uno abbia l'animo disposto a credere le cose che Dio potrebbe proporre, senza però credere nulla in maniera esplicita.

In contrario:

Sta scritto [ Eb 11,6 ]: « Chi si accosta a Dio deve credere che egli esiste e che ricompensa coloro che lo cercano ».

Dimostrazione:

I precetti della legge che l'uomo è tenuto a osservare hanno per oggetto gli atti di virtù che dispongono a raggiungere la salvezza.

Ma gli atti di virtù, come sopra [ q. 2, a. 2 ] si è detto, vanno giudicati in base al rapporto di ciascun abito col suo oggetto.

Ora, nell'oggetto di qualsiasi virtù si possono considerare due cose, vale a dire: ciò che costituisce l'oggetto proprio ed essenziale della virtù, e che è indispensabile in ogni atto di virtù, e inoltre ciò che è connesso solo accidentalmente e secondariamente con la ragione specifica dell'oggetto.

All'oggetto della fortezza, p. es., appartiene propriamente ed essenzialmente affrontare i pericoli di morte e opporsi con pericolo ai nemici per il bene comune; invece il fatto di armarsi, di colpire con la spada in una guerra giusta, oppure di compiere altre cose del genere, si riduce certamente all'oggetto della fortezza, ma indirettamente.

Perciò l'obbligatorietà del precetto riguarda l'oggetto proprio ed essenziale della virtù, come pure lo stesso suo atto.

Invece la determinazione dell'atto virtuoso relativo agli oggetti accidentali e secondari non cade sotto l'obbligatorietà del precetto se non in luoghi e tempi determinati.

Si deve quindi concludere che l'oggetto essenziale della fede è ciò che rende l'uomo beato, come si è detto sopra [ q. 1, a. 6, ad 1 ].

Sono invece oggetti secondari e accidentali in rapporto ad esso tutte le verità che Dio ha insegnato e che sono contenute nella Scrittura: p. es. che Abramo ebbe due figli, che Davide era figlio di Iesse e altre cose del genere.

Quanto dunque ai dogmi fondamentali, che sono gli articoli di fede, l'uomo è tenuto a crederli esplicitamente, come è anche tenuto ad avere la fede.

Invece le altre verità di fede l'uomo non è tenuto a crederle in maniera esplicita, ma solo implicitamente: è tenuto cioè ad avere l'animo disposto a credere quanto è contenuto nella Sacra Scrittura.

Per cui è tenuto a credere tali verità in maniera esplicita solo quando gli consta che esse fanno parte dell'insegnamento della fede.

Analisi delle obiezioni:

1. Se si considerasse in potere dell'uomo solo ciò che egli può fare a prescindere dall'aiuto della grazia, allora l'uomo sarebbe tenuto a molte cose che non sono in suo potere, come amare Dio e il prossimo, e similmente credere gli articoli della fede.

L'uomo tuttavia può fare tali cose con l'aiuto della grazia.

E tale aiuto, a chiunque sia concesso da Dio, è concesso per misericordia; e a chi non viene concesso è negato per giustizia, in pena cioè di un peccato precedente, almeno del peccato originale, come spiega S. Agostino [ Epist. 190,3 ].

2. L'uomo è tenuto ad amare determinatamente ciò che costituisce l'oggetto proprio ed essenziale della carità, cioè Dio e il prossimo.

L'obiezione invece si riferisce a quei precetti della carità che appartengono all'oggetto della carità quasi indirettamente.

3. La virtù dell'obbedienza si esaurisce propriamente nella volontà.

Quindi per l'atto di obbedienza basta la prontezza della volontà nella sottomissione a chi comanda; sottomissione che è l'oggetto proprio ed essenziale dell'obbedienza.

Invece questo o quel determinato precetto particolare si ricollega solo accidentalmente e indirettamente all'oggetto proprio dell'obbedienza.

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