Summa Teologica - II-II

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Articolo 5 - Se la fede sia una virtù

I-II, q. 65, a. 4; In 3 Sent., d. 23, q. 2, a. 4, sol. 1; q. 3, a. 1, sol. 2; De Verit., q. 14, aa. 3, 6; De Virt., q. 1, a. 7; In Rom., c. 1, lect. 6

Pare che la fede non sia una virtù.

Infatti:

1. La virtù è ordinata al bene: poiché, come dice il Filosofo [ Ethic. 2,6 ], « la virtù rende buono chi la possiede ».

Ma la fede è ordinata al vero.

Quindi la fede non è una virtù.

2. Una virtù infusa deve essere più perfetta dell'acquisita.

Ora, secondo il Filosofo [ Ethic. 6, cc. 2,3 ] la fede non viene enumerata tra le virtù intellettuali acquisite, a motivo della sua imperfezione.

Quindi molto meno può essere considerata una virtù infusa.

3. La fede formata e quella informe sono della medesima specie, come si è spiegato [ a. prec. ].

Ma la fede informe non è una virtù, non essendo connessa con le altre.

Quindi neppure la fede formata.

4. Le grazie gratis datae e i frutti sono distinti dalle virtù.

Ma la fede viene enumerata da S. Paolo sia tra le grazie gratis datae [ 1 Cor 12,9 ], sia tra i frutti [ Gal 5,22 ].

Perciò la fede non è una virtù.

In contrario:

L'uomo viene reso giusto dalle virtù: come infatti dice il Filosofo [ Ethic. 5,1 ], « la giustizia è l'insieme di tutte le virtù ».

Ma l'uomo viene giustificato mediante la fede, secondo l'espressione dell'Apostolo [ Rm 5,1 ]: « Giustificati dunque per la fede, noi siamo in pace », ecc.

Quindi la fede è una virtù.

Dimostrazione:

La virtù, come si è detto [ I-II, q. 56, a. 3 ], è un abito che rende buoni gli atti umani.

Per cui qualsiasi abito che sia principio di atti buoni può essere considerato una virtù.

Ora, la fede formata è un abito di questo genere.

Essendo infatti il credere un atto dell'intelletto che aderisce alla verità sotto il comando del volere, per la perfezione di esso si richiedono due cose.

Primo, il tendere infallibile dell'intelligenza verso il proprio oggetto, che è la verità; secondo, l'ordinazione infallibile verso il fine ultimo, che spinge la volontà ad accettare la verità.

Ed entrambe le cose si riscontrano nell'atto della fede formata.

Infatti è nella natura stessa della fede che l'intelletto tenda esclusivamente alla verità, poiché la fede non può contenere il falso, come si è visto sopra [ q. 1, a. 3 ]; e d'altra parte la carità, che informa la fede, fa sì che l'anima abbia il volere ordinato verso un fine buono.

Perciò la fede formata è una virtù.

Non è invece una virtù la fede informe: poiché l'atto della fede informe, pur avendo la debita perfezione dal lato dell'intelletto, non la possiede dal lato della volontà.

Come accadrebbe se uno avesse la temperanza nel concupiscibile senza la prudenza nella parte razionale: in tal caso infatti la temperanza, come si è detto [ I-II, q. 65, a. 1 ], non sarebbe una virtù: poiché un atto di temperanza richiede l'esercizio della ragione e del concupiscibile, allo stesso modo in cui un atto di fede richiede l'esercizio della volontà e dell'intelletto.

Analisi delle obiezioni:

1. La verità è il bene dell'intelletto, essendo la sua perfezione.

Perciò la fede dice ordine a un bene per il fatto stesso che determina l'intelletto alla verità.

Inoltre la fede, essendo informata dalla carità, dice ordine al bene anche in quanto è oggetto della volontà.

2. La fede di cui parla il Filosofo si fonda su ragioni umane che non provano rigorosamente una conclusione, e quindi può contenere il falso.

Per cui una tale fede non è una virtù.

La fede di cui parliamo si fonda invece sulla verità divina che è infallibile: quindi non può contenere il falso.

Perciò questa fede può essere una virtù.

3. La fede formata e quella informe non differiscono specificamente come due specie distinte, ma come una cosa perfetta differisce dalla sua imperfezione nella medesima specie.

Perciò la fede informe, essendo imperfetta, non raggiunge il grado di virtù: come infatti dice il Filosofo [ Phys. 7,3 ], « la virtù è una certa perfezione ».

4. Alcuni ritengono che la fede enumerata tra le grazie gratis datae sia la fede informe.

Ma tale spiegazione è inaccettabile, poiché le grazie gratis datae enumerate da S. Paolo non sono comuni a tutti i membri della Chiesa: infatti l'Apostolo afferma [ 1 Cor 12,4 ]: « Vi sono diversità di carismi »; e ancora [ 1 Cor 12,8ss ]: « All'uno è dato questo, ad altri quest'altro ».

Invece la fede informe è comune a tutti i membri della Chiesa: poiché il suo stato informe non è essenziale ad essa in quanto dono gratuito.

Si deve quindi rispondere che la fede di cui parla qui S. Paolo va presa come una particolare eccellenza di essa: cioè, secondo quanto dice la Glossa [ interlin. ], come « la costanza nella fede », oppure come « la parola di fede ».

- La fede è poi ricordata tra i frutti per la gioia connessa con il suo esercizio, a motivo della certezza.

Per cui nel commentare l'enumerazione dei frutti [ Gal 5 ] la Glossa [ interlin. ] intende la fede come « la certezza delle realtà invisibili ».

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