Summa Teologica - II-II

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Articolo 3 - Se l'incredulità sia il più grave dei peccati

Infra, q. 20, a. 3; q. 34, a. 2, ad 2; q. 39, a. 2, ad 3; III, q. 80, a. 5; In 4 Sent., d. 13, q. 2, a. 2; De Malo, q. 2, a. 10; In 1 Tim., c. 5, lect. 1

Pare che l'incredulità non sia il più grave dei peccati.

Infatti:

1. S. Agostino [ De bapt. contra Donat. 4,20.27; cf. Decretales 6,1 ] ha scritto: « Io non oso pronunziarmi se si debba preferire un cattolico di pessimi costumi a un eretico nella cui vita gli uomini non hanno nulla da rimproverare all'infuori dell'eresia ».

Ora, l'eretico è un incredulo.

Quindi non si deve concludere in senso assoluto che l'incredulità sia il più grave dei peccati.

2. Ciò che scusa o sminuisce il peccato non può essere il più grave dei peccati.

Ma l'incredulità scusa o sminuisce il peccato, poiché l'Apostolo [ 1 Tm 1,13 ] afferma: « Prima ero stato un bestemmiatore, un persecutore e un violento; ma mi è stata usata misericordia perché agivo senza saperlo, lontano dalla fede ».

Quindi l'incredulità non è il peccato più grave.

3. Una pena maggiore deve corrispondere a un peccato più grave, secondo le parole della Scrittura [ Dt 25,2 ]: « Secondo la gravità del peccato sarà la misura della pena ».

Ma ai fedeli che peccano si deve una pena maggiore che agli infedeli, secondo quelle parole di S. Paolo [ Eb 10,29 ]: « Di quanto maggior castigo allora pensate che sarà ritenuto degno chi avrà calpestato il Figlio di Dio e ritenuto profano quel sangue dell'alleanza dal quale è stato un giorno santificato? ».

Quindi l'incredulità non è il massimo dei peccati.

In contrario:

S. Agostino [ In Ioh. ev. tract. 89 ], spiegando quel testo evangelico [ Gv 15,22 ]: « Se non fossi venuto e non avessi parlato loro, non avrebbero alcun peccato », così si esprime: « Sotto il termine generico vuole intendere un peccato particolarmente grave.

Questo infatti », cioè l'incredulità, « è un peccato che include tutti i peccati ».

Perciò l'incredulità è il più grave di tutti i peccati.

Dimostrazione:

Qualsiasi peccato consiste formalmente, come fu detto sopra [ I-II, q. 71, a. 6; q. 73, a. 3, ad 2 ], nell'allontanamento da Dio.

Perciò un peccato è tanto più grave quanto più l'uomo con esso si allontana da Dio.

Ora, l'uomo si allontana da Dio nella maniera più grave con l'incredulità: poiché viene a mancare persino della vera conoscenza di Dio; e con una conoscenza falsa non si avvicina a lui, ma si allontana maggiormente.

E chi ha una falsa idea di Dio non può averne neppure una conoscenza parziale: poiché ciò a cui egli pensa non è Dio.

È quindi evidente che il peccato di incredulità è più grave di tutti i peccati che avvengono nel campo delle virtù morali.

Non è così invece in rapporto ai peccati che si contrappongono alle altre virtù teologali, come vedremo [ q. 34, a. 2, ad 2; q. 39, a. 2, ad 3 ].

Analisi delle obiezioni:

1. Nulla impedisce che un peccato che è più grave nel suo genere sia meno grave per alcune circostanze.

Per questo S. Agostino non osò pronunziarsi nel giudicare il cattivo cattolico e l'eretico immune da altri peccati: poiché il peccato dell'eretico, sebbene più grave nel suo genere, può essere reso più leggero da qualche circostanza; e al contrario il peccato del cattolico può essere aggravato dalle circostanze.

2. L'incredulità implica sia l'ignoranza, sia la resistenza alle verità di fede: e da quest'ultimo lato acquista la natura di peccato gravissimo.

Dal lato dell'ignoranza invece merita piuttosto scusa: specialmente quando uno non pecca per malizia, come avvenne nel caso dell'Apostolo.

3. L'incredulo è punito per il peccato di incredulità più severamente che gli altri peccatori per qualsiasi altro peccato stando al genere del peccato.

Ma con gli altri peccati, p. es. con l'adulterio, a parità di condizioni, un fedele pecca più gravemente di un infedele: sia per la conoscenza della verità che gli viene dalla fede, sia per i sacramenti ricevuti che egli peccando disonora.

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