Summa Teologica - II-II

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Articolo 2 - Se l'eresia abbia per oggetto proprio le verità di fede

In 4 Sent., d. 13, q. 2, a. 1, ad 5, 6; In 1 ad Cor., c. 11, lect. 4; In Tit., c. 3, lect. 2

Pare che l'eresia non abbia per oggetto proprio le verità di fede.

Infatti:

1. Come nota S. Isidoro [ Etym. 8,4 ], le eresie esistono fra i cristiani come un tempo esistevano tra gli Ebrei e tra i farisei.

Ma il dissidio tra costoro non aveva per oggetto le verità di fede.

Perciò l'eresia non ha come oggetto proprio le verità di fede.

2. Materia della fede sono le realtà credute.

Ma le eresie non si fermano alle sole realtà, riguardando anche le parole e le interpretazioni della Sacra Scrittura.

Infatti S. Girolamo [ In Gal 3,5.19ss ] afferma che « chiunque intende la Scrittura in un senso diverso da quello inteso dallo Spirito Santo, che ne è l'autore, anche se non si allontana dalla Chiesa può essere detto eretico ».

E altrove [ Glossa ord. su Os 2,16 ] egli dice che « dalle parole inconsideratamente pronunciate nascono le eresie ».

Quindi l'eresia propriamente non riguarda le materie di fede.

3. Anche ai Santi Dottori capita di dissentire in cose di fede: come avvenne a S. Girolamo [ Epist. 112 ] e a S. Agostino [ Epist. 73,2 ] a proposito della cessazione delle osservanze legali.

E tuttavia ciò non implica un peccato di eresia.

Perciò l'eresia non ha per oggetto propriamente le realtà della fede.

In contrario:

S. Agostino [ De civ. Dei 18,51 ] così scriveva contro i Manichei: « Nella Chiesa di Cristo sono eretici coloro che abbracciano qualche idea corrotta o cattiva, e corretti resistono con ostinazione, rifiutandosi di emendare i loro insegnamenti pestiferi e mortiferi e insistendo invece a difenderli ».

Ora, gli insegnamenti pestiferi e mortiferi sono precisamente quelli contrari ai dogmi della fede, mediante la quale, come dice S. Paolo [ Rm 1,17 ], « il giusto vive ».

Quindi l'eresia ha per oggetto suo proprio le verità della fede.

Dimostrazione:

Parliamo qui dell'eresia in quanto implica una corruzione della fede cristiana.

Ora, non riguarda la corruzione della fede cristiana il fatto che uno abbia una falsa opinione in cose estranee alla fede, p. es. in geometria o in altri campi, ma il fatto che abbia una falsa opinione nelle cose riguardanti la fede.

E una cosa può appartenere alla fede in due modi, come sopra [ I, q. 32, a. 4 ] si è detto: primo, in maniera diretta e principale, come gli articoli di fede; secondo, in maniera indiretta e secondaria, come quelle asserzioni dalle quali deriva la negazione di qualche articolo.

Ora, in tutti e due questi casi ci può essere l'eresia, come ci può essere anche la fede.

Analisi delle obiezioni:

1. Come le eresie degli Ebrei e dei Farisei riguardavano certe opinioni attinenti al giudaismo e al fariseismo, così le eresie dei cristiani riguardano cose attinenti alla fede di Cristo.

2. Si dice che uno spiega la Scrittura diversamente da quanto intendeva lo Spirito Santo quando le fa dire con la sua interpretazione cose contrarie a quanto lo Spirito Santo ha rivelato.

Perciò sta scritto [ Ez 13,6 ] dei falsi profeti che « persistevano a confermare il discorso », usando cioè false interpretazioni della Scrittura.

Parimenti uno professa la sua fede con le parole che proferisce: infatti la confessione, come si è detto [ q. 3, a. 1 ], è un atto di fede.

Perciò un parlare inconsiderato intorno alle cose di fede può dar luogo a una corruzione della fede.

Per cui S. Leone Papa [ Epist. 129,2 ] scriveva: « Poiché i nemici della croce di Cristo spiano tutte le nostre parole e tutte le nostre sillabe, non dobbiamo dare neppure la più piccola occasione di supporre che noi ci esprimiamo nel senso di Nestorio ».

3. Rispondiamo con S. Agostino [ Epist. 43,1; cf. Decr. di Graz. 2,24, 3, 29 ]: « Se uno difende senza animosità e senza ostinazione la propria opinione, sia pure falsa e perversa, e cerca con la dovuta sollecitudine la verità, pronto a seguirla quando la trova, non può essere annoverato fra gli eretici »: poiché non ha la determinazione di contraddire l'insegnamento della Chiesa.

E in questo senso alcuni Santi Dottori furono in disaccordo, o su questioni che per la fede sono indifferenti, oppure su cose riguardanti la fede, ma che la Chiesa non aveva ancora determinato.

Sarebbe invece eretico chi si opponesse ostinatamente a una simile definizione quando tali cose fossero state determinate dall'autorità della Chiesa universale.

E questa autorità risiede principalmente nel Sommo Pontefice.

Nei Canoni [ Decr. di Graz. 2, 24, 1,12 ] infatti si legge: « Tutte le volte che si tratta della fede penso che tutti i vescovi nostri confratelli non debbano ricorrere ad alcun altro che a Pietro, cioè a chi detiene la sua autorità ».

E contro l'autorità del Pontefice né S. Agostino, né S. Girolamo, né altri Santi Dottori osarono difendere la propria sentenza.

Scrive infatti S. Girolamo [ Pelagio, Exp. cath. fidei 14 ]: « Questa è la fede, o Beatissimo Padre, che abbiamo appreso nella Chiesa Cattolica.

E se nella nostra formulazione abbiamo detto o posto qualcosa di inesatto o di avventato, desideriamo di essere corretti da te, che possiedi la fede e la cattedra di Pietro.

Se invece questa nostra confessione è approvata dal tuo giudizio apostolico, chiunque vorrà accusarmi dimostrerà di essere ignorante o malevolo, oppure non cattolico, ma eretico ».

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