Summa Teologica - II-II

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Articolo 9 - Se il timore sia un dono dello Spirito Santo

In 3 Sent., d. 34, q. 2, a. 1, sol. 3; In Rom., c. 8, lect. 3

Pare che il timore non sia un dono dello Spirito Santo.

Infatti:

1. Nessun dono dello Spirito Santo si contrappone a una virtù, essendo anche questa dallo Spirito Santo: altrimenti lo Spirito Santo sarebbe in opposizione con se stesso.

Ma il timore si contrappone alla speranza, che è una virtù.

Quindi il timore non è un dono dello Spirito Santo.

2. È proprio delle virtù teologali avere Dio per oggetto.

Ma il timore ha Dio per oggetto, poiché con esso si teme Dio.

Perciò il timore non è un dono, ma una virtù teologale.

3. Il timore deriva dall'amore.

Ma l'amore è una delle virtù teologali.

Quindi anche il timore, facendo corpo con esso, è una virtù teologale.

4. S. Gregorio [ Mor. 2,49 ] afferma che il timore viene dato contro la superbia.

Ma il contrario della superbia è l'umiltà.

Quindi anche il timore è incluso in questa virtù.

5. I doni sono più perfetti delle virtù: come infatti insegna S. Gregorio [ ib. ], essi sono dati a sostegno delle virtù.

Ma la speranza è più perfetta del timore: poiché la speranza ha per oggetto il bene, mentre il timore riguarda il male.

Essendo quindi la speranza una virtù, non si deve ammettere che il timore sia un dono.

In contrario:

In Isaia [ Is 11,3 ] il timore di Dio è enumerato fra i sette doni dello Spirito Santo.

Dimostrazione:

Secondo le spiegazioni date [ a. 2 ], il timore è di varie specie.

Ora, come dice S. Agostino [ De gratia et lib. arb. 18.37 ], non è un dono di Dio il timore umano - infatti per questo timore Pietro rinnegò Cristo -, ma è un dono solo quel timore del quale si legge [ Mt 10,28 ]: « Temete colui che ha il potere di far perire e l'anima e il corpo nella Geenna ».

E così pure non si deve enumerare tra i doni dello Spirito Santo il timore servile, sebbene derivi dallo Spirito Santo.

Poiché esso, come spiega S. Agostino [ De nat. et gratia 57.67 ], non esclude la volontà di peccare, mentre i doni dello Spirito Santo sono incompatibili con la volontà di peccare, non potendo essi sussistere senza la carità, come si è spiegato in precedenza [ I-II, q. 68, a. 5 ].

Rimane quindi stabilito che il timore di Dio enumerato fra i sette doni dello Spirito Santo è il timore filiale, o casto.

Abbiamo infatti visto sopra [ I-II, q. 68, aa. 1,3 ] che i doni dello Spirito Santo sono determinate perfezioni delle potenze dell'anima in forma di abiti che rendono le facoltà atte a seguire docilmente le mozioni dello Spirito Santo, come le virtù morali rendono docili alla ragione le potenze appetitive.

Ora, perché un soggetto sia ben disposto alla mozione di un certo movente si richiede per prima cosa che sia ad esso soggetto, non opponendo resistenza: poiché la resistenza impedirebbe il moto.

Ma questo è il compito del timore filiale o casto, in quanto esso ci rende rispettosi verso Dio e timorosi di sottrarci al suo dominio.

E così il timore filiale occupa, per così dire, il primo posto fra i doni dello Spirito Santo in ordine ascendente, e l'ultimo in ordine discendente, come insegna S. Agostino [ De serm. Dom. in monte 1,4.11 ].

Analisi delle obiezioni:

1. Il timore filiale non si contrappone alla virtù della speranza.

Infatti col timore filiale noi non temiamo che ci venga a mancare quanto speriamo di ottenere con l'aiuto di Dio, ma temiamo di sottrarci a tale aiuto.

Perciò il timore filiale e la speranza sono solidali tra loro, e si completano a vicenda.

2. L'oggetto proprio e principale del timore è il male che uno aborrisce.

E in questo senso è impossibile che Dio sia direttamente oggetto del timore, come si è detto sopra [ a. 1 ].

Invece Dio è oggetto in questo modo della speranza e delle altre virtù teologali.

Poiché con la virtù della speranza ci appoggiamo all'aiuto divino non solo per conseguire ogni altro bene, ma principalmente per conseguire Dio stesso, quale bene principale.

E lo stesso si dica per le altre virtù teologali.

3. Dal fatto che l'amore è il principio del timore non segue che il timore di Dio non sia un abito distinto dalla carità, cioè dall'amore di Dio: poiché l'amore è il principio di tutti gli affetti, e tuttavia siamo dotati di molteplici abiti per i diversi affetti.

Tuttavia l'amore ha l'aspetto di virtù più del timore, poiché l'amore ha di mira il bene, al quale la virtù è principalmente ordinata per sua natura, come sopra [ I-II, q. 55, aa. 3,4 ] si è spiegato.

E per questo anche la speranza è posta tra le virtù.

Invece il timore principalmente ha di mira il male, di cui implica ripugnanza.

Perciò è qualcosa di meno di una virtù teologale.

4. Come dice l'Ecclesiastico [ Sir 10,12 ], « il principio della superbia umana è l'allontanarsi dal Signore », cioè il rifiutare di sottomettersi a Dio: il che si contrappone al timore filiale, che ha soggezione di Dio.

E in questo modo il timore esclude il principio della superbia: per cui è dato contro la superbia.

Non ne segue tuttavia che si identifichi con la virtù dell'umiltà, bensì che ne è il principio: infatti i doni dello Spirito Santo sono i princìpi delle virtù intellettuali e morali, come sopra [ I-II, q. 68, a. 4 ] si è spiegato.

Però abbiamo anche detto [ I-II, q. 68, a. 3 ] che le virtù teologali sono i princìpi dei doni.

5. Da ciò appare evidente la Analisi della quinta obiezioni.

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