La natura e la grazia

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54.63 - Dio ha creato la carne e lo spirito perché vivessero nell'uomo in bell'equilibrio tra loro

Successivamente con molte parole dell'Apostolo si adopera a dimostrare, cosa di cui nessuno discute, che "per la carne spesso nominata dall'Apostolo non va intesa la sostanza della carne, ma le opere della carne".

Che c'entra questo? Sono i vizi della carne ad esser contrari alla volontà dell'uomo: non è che si accusi la natura, ma per i vizi si cerca il Medico.

Che senso hanno gli interrogativi di costui? Domanda: "Chi fece lo spirito dell'uomo?" e risponde a se stesso: "Senza dubbio Dio".

Chiede ancora: "La carne chi la creò?" e risponde ugualmente: "Lo stesso Dio, credo".

Fa una terza domanda: "È buono Dio che creò ambedue?" e risponde: "Nessuno ne dubita".

Chiede ancora: "E sono buone ambedue le cose create dal Creatore buono?" e a questo risponde: "Bisogna riconoscerle buone".

Poi tira la conclusione: "Se dunque lo spirito è buono, se è buona la carne creata dal Creatore buono, com'è possibile che due cose buone si oppongano tra loro?".

Ometto di dire che tutta questa sua logica crollerebbe appena uno gli domandasse: Chi fece il caldo e il freddo?

Risponderebbe: Dio senza dubbio. Io non faccio altre domande.

Concluda lui da solo se il caldo e il freddo possano dirsi cose non buone e non appariscono in reciproca opposizione tra loro.

Costui forse dirà: "Queste sono qualità di sostanze e non sono sostanze".

Proprio così, è vero. Ma sono qualità naturali e appartengono senza dubbio alla creazione di Dio.

Le sostanze non si dicono contrarie tra loro per se stesse, bensì per le loro proprietà: come l'acqua e il fuoco.

E non può essere questo il caso della carne e dello spirito?

Noi non l'affermiamo, ma abbiamo detto tutto questo per dimostrare che il ragionamento di costui non ha uno sbocco logico.

Elementi particolari che siano anche contrari tra loro, invece di opporsi possono equilibrarsi vicendevolmente e produrre un buono stato di salute: per esempio nel corpo la siccità e l'umidità, il freddo e il caldo, dal cui equilibrio dipende la buona salute corporale.

Che però la carne sia contraria allo spirito in modo che non facciamo quello che vorremmo è un vizio e non è la nostra natura.

Si cerchi la grazia della guarigione e si ponga fine alla discussione.

54.64 - La contraddizione dovrebbe condurre Pelagio a riconoscere la grazia

A riguardo appunto di questi due beni, la carne e lo spirito, creati dal Dio buono, ci domandiamo contro il ragionamento di costui: In che modo possono esser contrari tra loro nelle persone non battezzate?

O si pentirà costui anche d'aver fatta un'affermazione suggeritagli da un certo sentimento d'affezione alla fede cristiana?

Quando infatti ha detto: "Com'è possibile che la carne sia contraria ad ogni persona già battezzata?", fa capire che la carne può esser contraria alle persone non battezzate.

Perché infatti aggiunge: "Già battezzata"?

Anche senza aggiungerlo poteva dire: "Com'è possibile che la carne sia contraria ad ogni persona?".

E per poterlo dimostrare poteva seguitare con quel suo modo di ragionare: l'uno e l'altro bene è creato dal Dio buono e perciò l'uno non può esser contrario all'altro.

Se dunque i non battezzati, ai quali afferma con certezza che la carne è contraria, lo incalzano con le loro interrogazioni e gli domandano: "Chi fece lo spirito dell'uomo?", costui risponderà: "Dio".

E quelli: "Chi creò la carne?". Risponde costui: "Il medesimo Dio, credo".

Essi per la terza domanda: "È buono il Dio che creò l'una e l'altra cosa?". E costui: "Nessuno ne dubita".

Essi passano all'ultima domanda che resta da fare: "È buona l'una e l'altra cosa creata dal Creatore buono?". Costui assentirà.

Allora essi lo sgozzeranno con la loro spada tirando la sua medesima conclusione: "Se dunque lo spirito è buono, se è buona la carne perché creata dal Creatore buono, com'è possibile che due cose buone si oppongano tra loro?".

Forse costui risponderà: "Perdonatemi, perché non avrei dovuto dire che la carne non può esser contraria ai battezzati per non confessare in questo modo ch'essa è contraria a voi non battezzati, ma senza nessuna eccezione avrei dovuto dire che la carne non è contraria a nessuno".

Ecco dove va a ficcarsi da se stesso, ecco come parla per non gridare con l'Apostolo: Chi mi libererà da questo corpo votato alla morte?

La grazia di Dio per Gesù Cristo nostro Signore. ( Rm 7,24-25 )

"Ma perché" dice "dovrei gridare io che sono già battezzato nel Cristo?

Gridino coloro che non hanno ricevuto ancora tale beneficio e dei quali si faceva portavoce l'Apostolo: ammesso però che dicano almeno questo".

Ma cotesta difesa della natura promossa da costui non consente ad essi nemmeno di gridare in tale maniera.

Infatti non è che nelle persone battezzate esista la natura e nelle persone non battezzate non esista la natura.

Oppure, se si ammette che essa è viziata almeno nelle persone non battezzate così che non senza motivo gridino: Sono uno sventurato!

Chi mi libererà da questo corpo votato alla morte? ( Rm 7,24 ) e si accorra in loro soccorso con l'affermazione successiva: La grazia di Dio per Gesù Cristo nostro Signore, ( Rm 7,25 ) si arrivi dunque una buona volta ad ammettere che la natura umana ha bisogno del Cristo come suo medico.

55.65 - È necessaria la grazia del perdono e la grazia di essere abbastanza forti per non peccare ancora

Ma chiedo sotto quale aspetto la natura umana abbia perduto la libertà che desidera le venga data dicendo: Chi mi libererà? ( Rm 7,24 )

Nemmeno l'Apostolo infatti accusa la sostanza della carne quando manifesta il proprio desiderio di esser liberato da questo corpo votato alla morte, ( Rm 7,24 ) perché anche la natura del corpo, come la natura dell'anima, deve attribuirsi al Dio buono come suo autore.

Paolo parla evidentemente invece dei vizi del corpo.

Infatti è dal corpo che la morte del corpo separa l'anima, ma i vizi che l'anima ha contratti tramite il corpo rimangono addosso all'anima ed essi meritano una giusta pena, che anche quel ricco trovò nell'inferno. ( Lc 16,22-26 )

Non poteva certo liberare se stesso da tali vizi colui che dice: Chi mi libererà da questo corpo votato alla morte? ( Rm 7,24 )

Ma sotto qualunque aspetto la natura umana abbia perduto questa sua libertà, è certamente inseparabile da essa quella sua famosa "possibilità": ha per dotazione naturale il potere, ha per libero arbitrio il volere, e perché allora va in cerca del sacramento del battesimo?

Forse per i peccati commessi in passato, perché siano soltanto perdonati, dal momento che non si può far sì che non siano stati fatti?

Lascialo stare questo pover'uomo, continui a gridare quello che gridava.

Egli infatti non desidera solo di rimanere impunito dei peccati passati in forza del perdono, ma anche d'essere forte e capace di non peccare per l'avvenire.

Egli acconsente nel suo intimo alla legge di Dio, ma nelle sue membra vede un'altra legge che muove guerra alla legge della sua mente: ( Rm 7,22-23 ) vede che c'è adesso, non ricorda che c'è stata, si sente pressato da lotte presenti, non ripensa a lotte passate.

E non vede soltanto una legge che muove guerra, ma una legge che lo fa anche schiavo della legge del peccato ( Rm 7,23 ) e che è presente nelle sue membra, non che c'è stata.

Da qui viene il suo grido: Sono uno sventurato! Chi mi libererà da questo corpo votato alla morte? ( Rm 7,24 )

Lo si lasci pregare, lo si lasci invocare l'aiuto del Medico potentissimo.

Perché lo si rimbecca? Perché lo si subisce?

Perché s'impedisce ad un misero di chiedere la misericordia del Cristo, e proprio da cristiani gli si impedisce?

Già, anche quelli che impedivano al cieco di chiedere la luce gridando, camminavano con il Cristo.

Ma il Cristo udì le sue grida anche tra le grida di quelli che lo sgridavano per farlo tacere, ( Mc 10,46-52 ) e perciò gli fu risposto: La grazia di Dio per Gesù Cristo nostro Signore. ( Rm 7,25 )

55.66 - Ebbene, se otteniamo da costoro questo almeno che le persone non ancora battezzate implorino l'aiuto della grazia del Salvatore, non è poco contro la falsa difesa della natura quasi fosse sufficiente a se stessa e contro la difesa del potere del libero arbitrio; non basta infatti a sé chi esclama: Sono uno sventurato!

Chi mi libererà? ( Rm 7,24 ) e non è da dire che sia in possesso di piena libertà chi domanda ancora d'essere liberato.

56 - La grazia è necessaria a tutti, battezzati e non battezzati

Ma vediamo tuttavia anche questo punto: se coloro che sono stati battezzati facciano il bene che vogliono senza essere contrastati da nessuna concupiscenza della carne.

La risposta ci viene proprio da costui che concludendo questo suo passo ricorda: "Come abbiamo detto, la dichiarazione contenuta nelle parole: La carne ha desideri contrari allo Spirito ( Gal 5,17 ) non la dobbiamo intendere della sostanza della carne, bensì delle sue opere".

Noi pure diciamo lo stesso: ciò non è scritto della sostanza della carne, ma delle opere che vengono dalla concupiscenza carnale, ossia dal peccato, che Paolo comanda di non far regnare nel nostro corpo mortale così da sottometterci ai suoi desideri. ( Rm 6,12 )

57.67 - La legge del timore e lo Spirito della dilezione

Ma avverta anche costui che le parole: La carne ha desideri contrari allo spirito e lo spirito ha desideri contrari alla carne, sicché non fate quello che vorreste ( Gal 5,17 ) sono rivolte a persone già battezzate.

Inoltre per non rendere quei battezzati apatici riguardo alla stessa lotta e per togliere l'impressione che con questa sua sentenza avesse favorito la rilassatezza nel peccare, soggiunge: Se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete più sotto la legge. ( Gal 5,18 )

È infatti sotto la legge chi sente d'astenersi dall'opera del peccato per timore del castigo minacciato dalla legge e non per amore della giustizia, non ancora libero e distaccato dalla volontà di peccare.

Nella sua stessa volontà è reo, perché, se fosse possibile, preferirebbe che non ci fosse nulla da temere per fare liberamente ciò che desidera occultamente!

Dice dunque: Se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete più sotto la legge: ( Gal 5,18 ) si intende sotto la legge che incute il timore e non dona la carità, la quale carità di Dio è stata diffusa nei nostri cuori non per mezzo della lettera della legge, ma per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. ( Rm 5,5 )

Questa è la legge della libertà e non della servitù, perché appunto legge di carità e non di paura.

Di essa anche l'apostolo Giacomo scrive: Chi fissa lo sguardo sulla legge perfetta, la legge della libertà. ( Gc 1,25 )

Perciò lo stesso Paolo certamente non era più terrorizzato come schiavo dalla legge di Dio, ma nel suo intimo ne era dilettato. ( Rm 7,22 )

Tuttavia vede ancora nelle sue membra un'altra legge opposta alla legge della sua mente. ( Rm 7,23 )

E così qui dice: Se vi lasciate guidare dallo Spirito non siete più sotto la legge. ( Gal 5,18 )

Nella misura in cui uno è guidato dallo Spirito non è sotto la legge, perché nella misura in cui ha gusto della legge di Dio non è sotto il timore della sua legge, atteso che il timore suppone uno stato penoso ( 1 Gv 4,18 ) e non uno stato piacevole.

58.68 - Tra i cattolici e i pelagiani il gran muro della preghiera

Perciò, se è retto il nostro modo di pensare, come dobbiamo ringraziare per le membra sanate, così dobbiamo pregare per le membra da sanare, perché godiamo la sanità più assoluta, alla quale non si possa più aggiungere nulla, la soavità perfetta di Dio e la libertà piena.

Noi infatti non disconosciamo che la natura umana possa essere senza peccato, né dobbiamo negare in nessun modo che possa raggiungere la perfezione, dal momento che ne ammettiamo la perfettibilità: ma in virtù della grazia di Dio per Gesù Cristo nostro Signore. ( Rm 7,25 )

Diciamo: colui che creandola l'ha fatta essere, aiutandola la fa essere giusta e beata.

È facile pertanto respingere l'obiezione che costui dice mossa da alcuni: "Il diavolo ci contrasta".

Rispondiamo a questa obiezione con le sue stesse parole: "Resistiamogli e fuggirà.

Il beato apostolo Giacomo dice: Resistete al diavolo ed egli fuggirà da voi. ( Gc 4,7 )

Dal che dobbiamo esser pronti a capire in che cosa possa nuocere il diavolo a coloro dai quali fugge o quale successo gli si debba attribuire, se può vincere solamente coloro che non gli si oppongono".

Faccio anche mie queste sue parole, perché non ce ne potrebbero essere di più vere.

Ma la differenza tra noi e costoro sta qui: noi, anche quando si resiste al diavolo, non solo non neghiamo, ma dichiariamo altresì che si deve chiedere l'aiuto di Dio, mentre costoro attribuiscono tanto potere alla volontà umana da togliere l'orazione dalla pietà umana.

È proprio infatti per ottenere di resistere al diavolo e di farlo fuggire da noi che pregando diciamo: Non c'indurre in tentazione, ( Mt 6,13 ) ed è proprio per questo che siamo stati avvertiti come da un comandante che esorta i suoi soldati e dice: Vegliate e pregate per non entrare in tentazione! ( Mc 14,38 )

59.69 - L'equivoco silenzio di Pelagio sulla grazia

Ma il suo ragionamento contro coloro che dicono: "E chi non vorrebbe essere senza peccato, se ciò fosse in potere dell'uomo?" è giusto, sì, nell'osservare che "essi ne riconoscono la possibilità proprio perché molti o tutti lo vogliono essere", ma confessi da dove viene tale possibilità e c'è pace.

È infatti dalla stessa grazia di Dio per Gesù Cristo nostro Signore ( Rm 7,25 ) che viene tale possibilità e costui non ha mai in nessun luogo e in nessun modo voluto dire che, se noi preghiamo, siamo aiutati dalla grazia a non peccare.

Se caso mai lo pensa in segreto, perdoni a coloro che sospettano il contrario.

Egli ne è responsabile, perché, pur soffrendo per questo motivo di tanta avversione, vuole tenersi per sé la sua convinzione e non la vuole confessare o professare.

Che gli costava dire il suo pensiero, atteso specialmente che ha preso a trattare e a spiegare questo argomento come oppostogli dagli avversari?

Perché in quell'occasione ha voluto difendere solamente la natura e ha asserito che l'uomo è stato creato con il potere di non peccare se non avesse voluto peccare?

Inoltre, per il fatto che l'uomo è stato creato così, ha dichiarato che quel suo potere, per il quale non pecca se non vuol peccare, appartiene alla grazia di Dio; ma non ha voluto dire alcunché del fatto che dalla grazia di Dio, per Gesù Cristo nostro Signore, ( Rm 7,25 ) la natura stessa o viene sanata perché è stata viziata o viene aiutata perché è insufficiente a se stessa.

60.70 - La perfettibilità umana mediante la grazia è fuori discussione

Infatti la questione se in questo mondo sia esistito o esista o possa esistere qualcuno che viva con tanta giustizia da non avere assolutamente nessun peccato, può essere una delle questioni da discutere tra cristiani veri e pii; chi invece dubita che ciò sia sicuramente possibile dopo questa vita, vaneggia.

Ma io non ne voglio dubitare nemmeno per la vita attuale.

Sebbene infatti mi sembri che non si possano interpretare diversamente le parole: Nessun vivente davanti a te è giusto ( Sal 143,2 ) e altre dello stesso tenore, tuttavia desidero e mi auguro o che si possa dimostrare più valida un'interpretazione diversa di questi testi o che si possa dimostrare che una giustizia così perfetta e piena che nulla assolutamente le si debba aggiungere è esistita in qualcuno durante la sua vita corporale ed esiste oggi ed esisterà domani.

Tuttavia tanto più numerose sono le persone che, non dubitando di dover dire con sincerità fino all'ultimo giorno della vita presente: Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori, ( Mt 6,12 ) confidano nondimeno che sia vera, certa e ferma la loro speranza nel Cristo e nelle sue promesse.

Ma è solo con l'aiuto della grazia del Cristo salvatore crocifisso e con il dono del suo Spirito che i primi possono giungere alla pienezza della perfezione nella giustizia vera e pia e i secondi possono giungere ad un qualsiasi progresso nella giustizia.

Non so se avrebbero il diritto d'esser contati in una qualsiasi categoria di cristiani tutti coloro che osassero negare quest'aiuto della grazia!

61.71 - Le testimonianze anonime di Lattanzio invocate da Pelagio per la propria tesi

Per la stessa ragione anche le testimonianze che costui riporta non dalle Scritture canoniche, ma da alcuni libri di scrittori cattolici, nell'intento di rispondere a quanti lo accusano d'esser lui solo a difendere tali opinioni, sono così indecise da non valere né contro la nostra dottrina né contro la sua.

Tra queste testimonianze ha voluto riferire qualcosa anche dei miei libri, stimandomi qualcuno che gli sembrava degno d'esser citato insieme con quegli autori.

Non me ne devo mostrare ingrato, ma non vorrei per eccesso di familiarità indurre in errore chi mi ha riservato quest'onore.

Del primo testo da lui riportato non ho letto il nome dell'autore, o perché costui l'ha omesso, o perché a causa di qualche menda non si trova nel codice che mi avete mandato.

Ma che bisogno ho di trattarne? Tanto più che io, libero di fronte agli scritti di tali autori ( solo agli Scritti canonici devo un assenso incondizionato )!, non riscontro nulla che mi urti nei passi che cita dai libri dell'autore rimasto per me anonimo.

"Era opportuno" dice quello scrittore "che il Maestro destinato ad insegnarci la virtù si facesse somigliantissimo all'uomo, perché vincendo il peccato insegnasse che l'uomo può vincere il peccato".11

Tocca allo stesso scrittore spiegare il senso di queste sue parole.

Per noi tuttavia rimane indubitato che il Cristo non ebbe da vincere in se stesso il peccato, ( 2 Cor 5,21 ) perché nacque in una carne simile a quella del peccato, ma non nella carne del peccato. ( Rm 8,3 )

Un altro testo del medesimo autore cita costui: "Inoltre sottomettendo i desideri della carne intendeva insegnare che il peccato non dipende da uno stato di necessità, ma dall'intenzione e dalla volontà".12

Per desideri della carne - a meno che qui non si dicano quelli delle concupiscenze illecite - io intendo per esempio la fame, la sete, il riposo dalla stanchezza e altre situazioni simili.

A causa di esse, benché siano situazioni esenti da colpe, alcuni cadono in colpe.

Ciò non avveniva nel nostro Salvatore, sebbene su testimonianza del Vangelo vediamo nella sua vita per la sua carne simile a quella del peccato la presenza delle medesime situazioni.

62.72 - Le testimonianze di S. Ilario

Del beato Ilario riporta queste parole: "Soltanto quando avremo raggiunto la perfezione dello spirito e saremo stati trasformati dall'immortalità, che è riservata unicamente ai mondi di cuore, vedremo la natura immortale di Dio".13

Che cosa abbiano queste parole contro di noi o a favore di lui non lo so, perché attestano solamente che l'uomo può essere mondo di cuore.

E chi lo nega? Ma lo può in virtù della grazia di Dio per Gesù Cristo nostro Signore ( Rm 7,25 ) e non con la sola libertà dell'arbitrio.

Cita un altro testo in cui Ilario ha detto: "Quali libri poteva aver letto Giobbe per astenersi da ogni azione cattiva?

Egli onorava veramente Dio con uno spirito tutto mondo da vizi, e onorare Dio è il dovere proprio della giustizia".14

Dice così quello che Giobbe fece, ( Gb 1,1 ) non dice con quanta perfezione lo fece in questo mondo né se lo fece, e per giunta perfettamente, senza la grazia del Salvatore che egli anche vaticinò.

Da ogni azione cattiva si astiene pure chi ha il peccato, ma non lo lascia regnare nella sua persona, ( Rm 6,12 ) e alle sue furtive immaginazioni riprovevoli impedisce di concretarsi nei fatti.

Ma altra cosa è non avere il peccato, altra cosa è non obbedire ai desideri del peccato.

Altro è osservare il precetto: Non desiderare ( Es 20,17 ) e altro è lo sforzo dell'astinenza per rispettare almeno il precetto: Non andare dietro alle tue concupiscenze. ( Sir 18,30 )

Tuttavia sappiamo che senza la grazia del Salvatore non siamo veramente capaci dell'osservanza né dell'un comandamento né dell'altro.

Nel vero culto di Dio "fare la giustizia" è dunque combattere la battaglia interna contro il male interno della concupiscenza, "fare la giustizia perfettamente" è invece non avere più assolutamente nessun avversario da combattere.

Chi combatte si trova infatti ancora in pericolo e qualche volta rimane battuto, anche se non abbattuto.

Chi invece non ha più avversari, gode di una pace piena.

E proprio di uno nel quale non abita più nessun peccato si dice con tutta esattezza che è senza peccato, non di uno che, pur astenendosi dal cedere alla concupiscenza nel fare una cattiva azione, afferma: Non sono io a farla, ma il peccato che abita in me. ( Rm 7,20 )

62.73 - Ancora sulle testimonianze di S. Ilario

Lo stesso Giobbe non tace i suoi peccati e a cotesto nostro amico piace giustamente che l'umiltà non sia messa dalla parte della falsità.

Quello dunque che confessa Giobbe, ( Gb 1,1 ) adoratore verace di Dio, è certamente detto da lui con sincerità.

Anche Ilario spiegando il testo del salmo dove è scritto: Tu disprezzi chi abbandona i tuoi decreti, ( Sal 119,118 ) dice: "Se Dio disprezzasse i peccatori, disprezzerebbe tutti, perché nessuno è senza peccato.

Disprezza invece coloro che lo abbandonano e li chiama apostati".15

Vedete come non dice che nessuno è stato senza peccato, in riferimento al passato, ma che nessuno è senza peccato: e da che dipenda questo io certo non ho dubbi, come ho già dichiarato.

Ma chi non si arrende all'apostolo Giovanni, il quale pure non afferma: Se dicessimo che siamo stati senza peccato, bensì afferma: Se dicessimo che siamo senza peccato ( 1 Gv 1,8 ), come sarà disposto ad arrendersi al vescovo Ilario?

Io sto gridando a favore della grazia del Cristo senza la quale nessuno è giustificato, contro chi dice che è sufficiente il libero arbitrio della natura.

Anzi a difesa della grazia grida il Cristo stesso; ci si arrenda a lui che dichiara: Senza di me non potete far nulla. ( Gv 15,5 )

Indice

11 Lattanzio, Div. instit. 4, 24
12 Lattanzio, Div. instit. 4, 25
13 Ilario, Comment. in Mt. 4, 7
14 Ilario, Tract. in Gb, fr. 2
15 Ilario, In ps. 118, 15, 10