Summa Teologica - II-II

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Articolo 9 - Se la carità esiga necessariamente che si mostrino ai nemici segni e atti di benevolenza

Infra, q. 83, a. 8; In 3 Sent., d. 30, q. 1, a. 2; De Virt., q. 2, a. 8; Expos. in Decal., c. De Dilect. Prox.; De perf. vitae. spir., c. 14

Pare che la carità esiga necessariamente che si mostrino ai nemici segni e atti di benevolenza.

Infatti:

1. S. Giovanni [ 1 Gv 3,18 ] scrive: « Non amiamo a parole né con la lingua, ma coi fatti e nella verità ».

Ora, uno ama con i fatti mostrando segni e atti di amore verso la persona amata.

Quindi la carità esige che si mostrino questi atti e questi segni verso i nemici.

2. Il Signore [ Mt 5,44 ] dà insieme questi due comandi: « Amate i vostri nemici », e « Fate del bene a quelli che vi odiano ».

Ma amare i nemici è strettamente imposto dalla carità.

Quindi anche far loro del bene.

3. Con la carità non si ama soltanto Dio, ma anche il prossimo.

Ora, S. Gregorio [ In Evang. hom. 30 ] afferma che « l'amore di Dio non può essere ozioso: opera infatti grandi cose, se è [ autentico ]; se cessa di operare, non è amore ».

Quindi anche la carità verso il prossimo non può stare senza le opere.

Ma la carità esige l'amore di qualsiasi prossimo, anche se nemico.

Perciò la carità esige che noi estendiamo i segni e gli atti di benevolenza anche ai nemici.

In contrario:

A commento delle parole evangeliche [ Mt 5,44 ]: « Fate del bene a quelli che vi odiano » la Glossa [ ord. di Agost. ] afferma che « fare del bene ai nemici è l'apice della perfezione ».

Ora, ciò che appartiene alla perfezione della carità non è una sua stretta esigenza.

Quindi la carità non esige necessariamente che uno mostri ai nemici segni e atti di benevolenza.

Dimostrazione:

Gli atti e i segni di benevolenza derivano dall'affetto interiore e sono proporzionati ad esso.

Ora, verso i nemici è imposto rigorosamente un affetto interiore in generale, mentre nei casi particolari l'obbligo non è rigoroso se non come disposizione d'animo, secondo le spiegazioni date [ a. prec. ].

E lo stesso si dica per gli atti o i segni di amore da dare esternamente.

Ci sono infatti dei benefici o dei segni di amore che si danno comunemente a tutti: p. es. quando uno prega per tutti i fedeli, o per tutto il popolo; oppure quando accorda un beneficio a tutta una comunità.

Ora, prestare ai nemici questi favori o questi segni di affetto è uno stretto dovere: se infatti essi venissero negati, ciò rientrerebbe nel livore della vendetta, contro il comando del Levitico [ Lv 19,18 ]: « Non ti vendicherai, e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo ».

Ci sono invece dei favori o dei segni di affetto che si danno in particolare ad alcune persone.

E questi non si esige che vengano mostrati ai nemici se non secondo la predisposizione dell'animo, cioè nel caso in cui essi si trovassero in necessità; come si legge nei Proverbi [ Pr 25,21 ]: « Se il tuo nemico ha fame, dagli pane da mangiare; se ha sete, dagli acqua da bere ».

- Che invece uno fuori dei casi di necessità offra ai suoi nemici questi favori appartiene alla perfezione della carità: poiché così uno non solo si guarda dal « lasciarsi vincere dal male », che è un obbligo di stretta necessità, ma vuole « vincere il male con il bene » [ Rm 12,21 ], il che appartiene alla perfezione.

Egli cioè non solo si guarda dal cedere all'odio per l'ingiuria subita, ma cerca con i suoi favori di portare il nemico al proprio amore.

Sono così risolte anche le obiezioni.

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