Summa Teologica - II-II

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Articolo 1 - Se la prudenza della carne sia un peccato

In Rom., c. 8, lectt. 1, 2

Pare che la prudenza della carne non sia un peccato.

Infatti:

1. La prudenza è una virtù più nobile delle altre virtù morali, in quanto le guida.

Ora, nessuna giustizia o temperanza è peccato.

Quindi non lo è neppure alcuna prudenza.

2. Agire con prudenza per un fine che può essere amato lecitamente non è peccato.

Ma la carne è amata lecitamente poiché, come dice S. Paolo [ Ef 5,29 ], « nessuno ha mai preso in odio la propria carne ».

Perciò la prudenza della carne non è un peccato.

3. L'uomo, come è tentato dalla carne, così è tentato pure dal mondo e dal demonio.

Ma tra i peccati non troviamo una prudenza del mondo, o del demonio.

Quindi non va enumerata tra i peccati neppure una prudenza della carne.

In contrario:

Nessuno è nemico di Dio se non per una iniquità, poiché sta scritto [ Sap 14,9 ]: « Sono ugualmente in odio a Dio l'empio e la sua empietà ».

Ma come dice S. Paolo [ Rm 8,7 ], « la prudenza della carne è in rivolta contro Dio ».

Quindi la prudenza della carne è un peccato.

Dimostrazione:

La prudenza, come si è visto [ q. 47, a. 13 ], ha per oggetto i mezzi ordinati al fine di tutta la vita umana.

E così per prudenza della carne si intende propriamente quella di colui che considera i beni della carne come il fine ultimo della propria vita.

Ora, è evidente che questo è un peccato: poiché distoglie l'uomo dal fine ultimo, che non consiste nei beni del corpo, come sopra [ I-II, q. 2, a. 5 ] si è dimostrato.

Quindi la prudenza della carne è un peccato.

Analisi delle obiezioni:

1. La giustizia e la temperanza implicano nella loro nozione l'oggetto che le rende degne di lode, cioè l'uguaglianza e la moderazione delle concupiscenze: quindi non vengono mai usate in senso cattivo.

Invece il termine prudenza deriva, come si è visto [ q. 49, a. 6, ad 1 ], da prevedere: e ciò può estendersi anche al male.

Sebbene quindi la prudenza senza specificazioni venga presa in senso buono, tuttavia con l'aggiunta di qualche specificazione può essere presa in senso cattivo.

E in questo senso si dice che la prudenza della carne è un peccato.

2. La carne è per l'anima come la materia è per la forma e lo strumento per l'agente principale.

Quindi la carne è amata lecitamente quando è ordinata come al suo fine al bene dell'anima.

Se invece si costituisce l'ultimo fine nel bene stesso della carne, allora l'amore è illecito e disordinato.

E in questo modo è ordinata all'amore della carne la prudenza della carne.

3. Il diavolo non ci tenta sotto forma di oggetto appetibile, ma di causa suggestionante.

Siccome quindi la prudenza implica l'ordine a un fine appetibile, non si può parlare di una prudenza del diavolo come si parla di una prudenza in rapporto a un qualche fine cattivo, nel modo in cui ci tentano il mondo e la carne, in quanto cioè vengono presentati al nostri appetiti i beni del mondo o della carne.

Per cui si parla di prudenza della carne, e anche di prudenza del mondo, come in quel passo evangelico [ Lc 16,8 ]: « I figli di questo mondo verso i loro pari sono più prudenti dei figli della luce ».

L'Apostolo tuttavia abbraccia ogni cosa sotto il nome di prudenza della carne perché anche le realtà esterne del mondo sono da noi desiderate per la carne.

Si può anche dire però che, dal momento che la prudenza è in certo qual modo denominata sapienza, come sopra [ q. 47, a. 2, ad 1 ] si è visto, in base alle tre tentazioni si può parlare anche di tre tipi di prudenza.

Infatti S. Giacomo [ Gc 3,15 ] afferma che c'è una sapienza « terrena, carnale e diabolica », come sopra [ q. 45, a. 1, ad 1 ] si disse, parlando della sapienza.

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