Summa Teologica - II-II

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Articolo 5 - Se si debba sempre restituire alla persona da cui si è preso

In 4 Sent., d. 15, q. 1, a. 5, sol. 4

Pare che non sia sempre necessario restituire alla persona da cui si è preso.

Infatti:

1. Siamo tenuti a non nuocere a nessuno.

Ma in certi casi la restituzione diretta porterebbe un danno, o alla persona dalla quale si è avuto qualcosa, oppure ad altri: come se uno, p. es., restituisse a un pazzo la spada depositata.

Quindi non sempre si debbono restituire le cose alla persona da cui sono state ricevute.

2. Chi ha dato una cosa illecitamente non merita di ricuperarla.

Ma in certi casi uno dà illecitamente cose che anche l'altro illecitamente riceve: come è evidente nel caso della simonia.

Perciò non sempre uno è tenuto a restituire le cose alla persona da cui le ha avute.

3. Nessuno è tenuto all'impossibile.

Ora, spesso è impossibile restituire alla persona da cui si è avuta una cosa: o perché è morta, o perché è troppo distante, oppure perché è sconosciuta.

Quindi la restituzione non sempre va fatta alla persona da cui abbiamo avuto la cosa da restituire.

4. Si è tenuti maggiormente a compensare coloro da cui si è ricevuto un beneficio più grande.

Ora, ci sono delle persone dalle quali si è ricevuto ben più di un prestito o di un deposito: p. es. i genitori.

E così in certi casi si deve provvedere a queste persone piuttosto che restituire alla persona da cui si è avuto qualcosa.

5. È inutile restituire una cosa quando essa con la restituzione ritorna a chi la restituisce.

Ora se un prelato, avendo tolto qualcosa alla sua chiesa, la restituisse, quella ritornerebbe a lui, essendo lui il custode delle cose della chiesa.

Quindi egli non è tenuto a restituire alla chiesa da lui defraudata.

Quindi non sempre si deve restituire a colui da cui si è preso qualcosa.

In contrario:

Sta scritto [ Rm 13,7 ]: « Rendete a ciascuno ciò che gli è dovuto: a chi il tributo, il tributo; a chi le tasse, le tasse ».

Dimostrazione:

Mediante la restituzione si ristabilisce l'uguaglianza della giustizia commutativa, la quale consiste in una perequazione reale, come si è detto [ a. 2; q. 58, a. 10 ].

Ora, questa perequazione reale non sarebbe possibile se chi ha meno di ciò che è suo non venisse compensato con ciò che gli manca.

Dunque per tale compensazione è necessario restituire al legittimo proprietario.

Analisi delle obiezioni:

1. Quando la cosa da restituire è evidentemente pericolosa per la persona a cui va riconsegnata, o per altri, al momento non va restituita: poiché la restituzione è ordinata all'utilità di colui a cui viene fatta, dato che tutto ciò che si possiede ricade sotto la nozione di cosa utile.

Chi però è in possesso della roba altrui non deve appropriarsene, ma deve o trattenerla per riconsegnarla a tempo opportuno, oppure consegnarla ad altri perché venga più sicuramente custodita.

2. Si può dare illecitamente per due motivi.

Primo, per il fatto che la stessa donazione è illecita e contraria alla legge: come è evidente nel caso di chi dà qualcosa per simonia.

Costui merita di perdere ciò che ha dato: quindi a lui non va fatta la restituzione.

Siccome però anche chi ha avuto il compenso l'ha ricevuto illegalmente, egli non deve ritenerlo per sé, ma devolverlo in opere pie.

- Secondo, uno dà illecitamente per il fatto che dà in compenso di una cosa illecita, sebbene la donazione stessa non sia illecita: come quando uno dà alla meretrice il compenso per la fornicazione.

In questo caso la donna può trattenere il compenso offertole: se però avesse estorto qualcosa di più con la frode o con l'inganno, sarebbe tenuta a restituirlo.

3. Se la persona a cui si deve fare la restituzione è del tutto sconosciuta, uno deve restituire come può, facendo cioè delle elemosine per la salvezza di quella persona, sia che sia morta, sia che sia viva; però dopo averne fatto una diligente ricerca.

- Se invece chi ha diritto alla restituzione fosse morto, si deve fare la restituzione ai suoi eredi, i quali sono computati come un'unica persona con lui.

- Se poi fosse molto distante, gli si deve spedire ciò che gli è dovuto: specialmente se si tratta di cose di grande valore, e se è possibile spedirle comodamente.

Altrimenti uno deve depositare la cosa in un luogo sicuro, e avvisare il legittimo proprietario.

4. È con i beni propri che uno deve ricompensare maggiormente i genitori, o altri da cui ha ricevuto i più grandi benefici, non già con i beni altrui: come avverrebbe invece se desse all'uno ciò che deve all'altro.

A meno che non si tratti di casi di estrema necessità, in cui uno potrebbe e dovrebbe persino prendere la roba altrui per soccorrere il proprio padre.

5. Un prelato può sottrarre in tre modi i beni di una chiesa.

Primo, usurpando i beni che sono concessi non a lui, ma ad altri: p. es. quando un vescovo usurpasse i beni del capitolo.

E allora è chiaro che deve restituirli, riconsegnandoli a coloro a cui spettano per diritto.

- Secondo, passando ad altri, p. es. a parenti o amici, il dominio sui beni della chiesa affidati alla sua custodia.

E allora deve restituirli alla chiesa, e vigilare perché vengano consegnati al proprio successore.

- Finalmente un prelato può sottrarre i beni della chiesa solo spiritualmente, cioè quando inizia a pensare di possederli come beni propri, e non in nome della chiesa.

E allora deve restituirli deponendo questo pensiero.

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