Summa Teologica - II-II

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Articolo 4 - Se uno debba restituire anche ciò che non ha preso

Supra, a. 2, ad 4; In 4 Sent., d. 15, q. 1, a. 5, sol. 2, ad 3, 4

Pare che uno debba restituire anche ciò che non ha preso.

Infatti:

1. Chi ha inflitto un danno è tenuto a ripararlo.

Ma in certi casi uno danneggia il prossimo più di quanto riesca ad asportare: p. es. quando uno dissotterra dei semi, danneggia chi li aveva seminati in tutto il futuro raccolto: quindi è chiaro che è tenuto alla sua restituzione.

Quindi uno può essere tenuto alla restituzione di cose che non ha preso.

2. Chi trattiene il danaro del suo creditore oltre il termine fissato, lo defrauda di tutto il guadagno che avrebbe potuto fare con esso.

Tuttavia egli non ha rubato nulla.

Perciò uno può essere tenuto a restituire cose che lui non ha preso.

3. La giustizia umana deriva dalla giustizia divina.

Ora, a Dio uno è tenuto a restituire più di quanto da lui ha ricevuto, secondo l'espressione evangelica [ Mt 25,26 ]: « Sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso ».

Quindi è giusto che uno restituisca anche all'uomo cose a lui non tolte.

In contrario:

La restituzione appartiene alla giustizia in quanto ristabilisce l'uguaglianza.

Ma se uno restituisse ciò che non ha preso, si avrebbe una sperequazione.

Quindi tale restituzione non è giustificabile.

Dimostrazione:

Chiunque danneggia una persona le toglie le cose di cui la defrauda: il danno infatti, secondo il Filosofo [ Ethic. 5,4 ], consiste nel fatto che uno ha meno di quanto dovrebbe avere.

Perciò uno è tenuto a restituire le cose alle quali si estende il suo danno.

Due però sono i modi in cui uno può essere danneggiato.

Primo, mediante l'asportazione di ciò che possiede in atto.

E questo danno deve essere sempre restituito con un compenso equivalente: se uno, p. es., danneggia una persona distruggendole la casa, è tenuto a dare quanto vale l'edificio.

- Secondo, uno può danneggiare una persona impedendole di conseguire ciò che era sul punto di acquistare.

E questo danno non è necessario ripararlo in tutto.

Poiché avere qualcosa virtualmente, o potenzialmente, è meno che averlo in atto.

Se quindi si restituisse in modo da procurare un possesso attuale, la roba rubata non verrebbe restituita nella stessa misura, ma moltiplicata: il che non è necessario, come si è visto [ a. prec. ].

Tuttavia si è tenuti a dare un qualche compenso, secondo le circostanze delle persone e degli affari.

Analisi delle obiezioni:

1-2. Sono così risolte anche le prime due obiezioni.

Chi infatti ha seminato possiede il raccolto non in atto, ma solo in potenza; parimenti chi detiene attualmente del danaro non ha ancora il guadagno in atto, ma lo ha solo virtualmente: cose entrambe che possono essere frustrate in molti modi.

3. Dio non richiede altro che il bene da lui stesso seminato in noi.

Perciò quell'affermazione è conforme alla cattiva opinione del servo infingardo, il quale riteneva di non aver ricevuto da altri.

Oppure va intesa nel senso che Dio richiede da noi i frutti dei doni, frutti che derivano da lui e da noi, sebbene i doni stessi derivino da Dio senza di noi.

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