Summa Teologica - II-II

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Articolo 2 - Se la restituzione del mal tolto sia necessaria per salvarsi

Infra, q. 79, a. 3, ad 2; In 4 Sent., d. 15, q. 1, a. 5, sol. 2; Quodl., 12, q. 16, a. 3

Pare che per salvarsi non sia necessario restituire il mal tolto.

Infatti:

1. L'impossibile non è necessario alla salvezza.

Ma talora è impossibile restituire ciò che si è tolto: come quando uno, p. es., ha sottratto un membro, o la vita.

Quindi non è indispensabile per la salvezza restituire il mal tolto.

2. Commettere un peccato non può essere indispensabile per la salvezza: altrimenti uno rimarrebbe perplesso.

Ma talora non si può restituire il mal tolto senza un peccato: come quando uno ha tolto la fama a un altro dicendo la verità.

Perciò la restituzione del mal tolto non è indispensabile alla salvezza.

3. Non si può far sì che ciò che è accaduto non sia accaduto.

Ma talvolta uno viene a perdere l'onore per il fatto che ha subito ingiustamente l'insulto di un altro.

Perciò non è possibile che gli venga restituito il mal tolto.

Quindi restituire il mal tolto non è indispensabile per salvarsi.

4. Chi impedisce a una persona di raggiungere un bene, è come se glielo avesse sottratto: poiché, secondo Aristotele [ Phys. 2,5 ], « quando manca poco, pare che non manchi nulla ».

Ora, quando uno impedisce a una persona di ottenere una prebenda, o altre cose del genere, non pare che sia tenuto alla restituzione: poiché spesso non potrebbe neppure farlo.

Quindi restituire il mal tolto non è necessario per salvarsi.

In contrario:

S. Agostino [ Epist. 153 ] ammonisce: « Non è rimessa la colpa se non si restituisce ciò che si è sottratto ».

Dimostrazione:

La restituzione, come si è visto [ a. prec. ], è un atto della giustizia commutativa, la quale consiste in una perequazione, o uguaglianza.

Quindi restituire implica la riconsegna del mal tolto: con essa infatti si ricostituisce l'uguaglianza.

Se invece una cosa è stata tolta giustamente, allora restituirla sarebbe una sperequazione: poiché la giustizia consiste nell'uguaglianza.

Poiché dunque osservare la giustizia è indispensabile per salvarsi, ne segue che restituire il mal tolto è di necessità per la salvezza.

Analisi delle obiezioni:

1. Nelle cose in cui non ci può essere un compenso equivalente basta un compenso nei limiti del possibile: come è evidente, al dire del Filosofo [ Ethic. 8,14 ], « per l'onore dovuto a Dio e ai genitori ».

E così quando ciò che è stato sottratto non è restituibile con qualcosa di uguale, va restituito nei limiti del possibile.

Se uno, p. es., ha mutilato una persona, deve fare una restituzione o in danaro, o mediante qualche onore, considerata la condizione rispettiva delle persone, secondo il giudizio di un uomo dabbene.

2. Uno può togliere la fama a una persona in tre modi.

Primo, dicendo la verità e con giustizia: come quando uno ne denunzia il crimine osservando l'ordine prescritto.

E allora non è tenuto alla restituzione della fama.

- Secondo, dicendo il falso e ingiustamente.

E allora si è tenuti a restituire la fama confessando di aver detto una menzogna.

- Terzo, dicendo la verità, ma ingiustamente: p. es. quando si denunzia il crimine di un altro senza rispettare l'ordine prescritto.

E allora uno è tenuto a restituire la fama nei limiti del possibile, però senza mentire: cioè affermando di aver parlato male, o di aver diffamato il prossimo ingiustamente.

Oppure, non potendo restituirgli la fama, lo deve compensare in altri modi, come si è detto per gli altri danni [ ad 1 ].

3. Nessuno può fare in modo che l'azione di chi ha offeso non ci sia stata.

Tuttavia si può fare in modo di rimediare al suo effetto, che è la minorazione della dignità personale nell'opinione altrui, mediante dimostrazioni esterne di rispetto.

4. Si può impedire in più modi che uno abbia una prebenda.

Primo, con giustizia: nel caso cioè che uno, per l'amore di Dio e per il bene della Chiesa, procurasse di farla assegnare a una persona più degna.

E allora non si è tenuti in alcun modo alla restituzione, o a un qualsiasi compenso.

- Secondo, ingiustamente: nel caso, cioè, che uno lo facesse con l'intenzione di danneggiare un candidato per odio, per vendetta, o per altri motivi del genere.

E allora chi impedisce che una prebenda sia concessa a un individuo meritevole consigliando di non concederla prima che sia stabilito il conferimento, è senza dubbio tenuto a un certo compenso, tenuto conto delle condizioni delle persone e del beneficio, secondo l'arbitrato di una persona esperta; tuttavia non è tenuto a dare l'equivalente, poiché il candidato non aveva ancora conseguito la prebenda, e poteva esserne impedito in molte modi.

- Se invece fosse stato già stabilito il conferimento della prebenda a una certa persona, e uno per un motivo ingiusto ne procurasse la revoca, sarebbe come se gliela rubasse quando già la possiede.

Perciò è tenuto a restituire l'equivalente: tuttavia secondo le sue possibilità.

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