Summa Teologica - II-II

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Articolo 3 - Se l'avvocato pecchi nel difendere una causa ingiusta

Pare che l'avvocato non pecchi nel difendere una causa ingiusta.

Infatti:

1. Come guarire una malattia disperata dimostra l'abilità di un medico, così la capacità di difendere una causa ingiusta dimostra la perizia di un avvocato.

Ora, il medico che guarisce una malattia disperata viene lodato.

Quindi l'avvocato che difende una causa ingiusta non pecca, ma merita di essere lodato.

2. Desistere dal peccato è sempre lecito.

Invece l'avvocato che abbandona la propria causa viene punito dai Canoni [ Decr. di Graz. 2, 2, 3, app. can. 8 ].

Quindi l'avvocato che ha preso a difendere una causa ingiusta non pecca nel patrocinarla.

3. Pare un peccato più grave servirsi di un'ingiustizia nel difendere una causa giusta - p. es. producendo falsi testimoni o allegando leggi false - che patrocinare una causa ingiusta: poiché là il peccato verte sulla forma, qui invece sulla materia.

Eppure agli avvocati è permesso servirsi di tali astuzie: come sono lecite le imboscate ai soldati.

Quindi un avvocato non pecca nel difendere una causa ingiusta.

In contrario:

Sta scritto [ 2 Cr 19,2 ]: « Si doveva forse recare aiuto a un empio? Per questo lo sdegno del Signore è contro di te ».

Ma l'avvocato che difende una causa ingiusta presta aiuto a un empio.

Quindi merita, peccando, l'ira del Signore.

Dimostrazione:

È sempre illecito per chiunque cooperare al male, sia con l'opera, sia con il consiglio, sia con l'aiuto, sia con ogni altro consenso: poiché chi consiglia e coopera in qualche modo compie l'azione; e l'Apostolo [ Rm 1,32 ] insegna che « meritano la morte non solo gli autori del peccato, ma anche quanti approvano chi lo fa ».

Per cui sopra [ q. 62, a. 7 ] abbiamo anche dimostrato che tutti costoro sono tenuti alla restituzione.

Ora, è evidente che l'avvocato presta aiuto e consiglio alla persona di cui difende la causa.

Se quindi egli difende scientemente una causa ingiusta, senza dubbio fa un peccato mortale; ed è tenuto a riparare il danno incorso ingiustamente dalla parte contraria per il suo intervento.

Se invece difende una causa ingiusta per ignoranza, cioè pensando che sia giusta, allora è scusato nella misura in cui può scusare l'ignoranza.

Analisi delle obiezioni:

1. Il medico che cura un infermità disperata non fa torto a nessuno.

Invece l'avvocato che prende a difendere una causa ingiusta danneggia colui contro il quale rivolge il suo patrocinio.

Perciò il paragone non regge.

Sebbene infatti egli possa mostrare così la perizia nella sua arte, tuttavia pecca per l'ingiustizia del suo volere col quale abusa di essa per il male.

2. Se un avvocato in principio crede che la sua causa sia giusta e poi si accorge che è ingiusta, non deve denunziarla in modo da aiutare la parte avversa, o da rivelare ad essa i segreti della sua parte.

Tuttavia può abbandonarla; oppure può indurre il suo cliente a cedere, o a venire a una composizione senza danno per gli avversari.

3. Come sopra [ q. 40, a. 3 ] si è detto, al soldato o al capitano di un esercito è lecito in una guerra giusta ricorrere a degli stratagemmi nascondendo con prudenza i propri piani, ma non ricorrendo alla falsità e alla frode: poiché, come ricorda Cicerone [ De off. 3,29 ], « si deve essere leali anche col nemico ».

Perciò all'avvocato che difende una causa giusta è lecito nascondere con prudenza quanto potrebbe nuocere alla propria causa, ma non è lecito ricorrere a delle falsità.

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