Summa Teologica - II-II

Indice

Articolo 2 - Se la contumelia, o insulto, sia un peccato mortale

Infra, q. 158, a. 5, ad 3; In Gal., c. 3, lect. 1

Pare che la contumelia, o insulto, non sia un peccato mortale.

Infatti:

1. Nessun peccato mortale può essere un atto di virtù.

Ma l'insultare è l'atto di una virtù, cioè dell'eutrapelia, alla quale secondo Aristotele [ Ethic. 4,8 ] spetta il saper ben insultare.

Quindi l'insulto, o contumelia, non è un peccato mortale.

2. Il peccato mortale non si riscontra nei perfetti.

Eppure costoro talora dicono degli insulti.

L'Apostolo, p. es., dice ai Galati [ Gal 3,1 ]: « O stolti Galati! ».

E il Signore [ Lc 24,25 ] esclama: « O stolti e tardi di cuore nel credere! ».

Quindi l'insulto, o contumelia, non è un peccato mortale.

3. Sebbene quanto nel suo genere è un peccato veniale possa divenire mortale, tuttavia un peccato che nel suo genere è mortale non può mai diventare veniale, come sopra [ I-II, q. 88, aa. 4,6 ] si è detto.

Se quindi l'insulto o contumelia fosse un peccato mortale per sua natura, ne seguirebbe che in tutti i casi sarebbe un peccato mortale.

Ma ciò pare essere falso: come è evidente nel caso di chi insulta per leggerezza, o senza riflettere, oppure per un lieve moto di collera.

Quindi l'insulto, o contumelia, non è nel suo genere un peccato mortale.

In contrario:

Nulla all'infuori del peccato mortale merita la pena eterna dell'inferno.

Ora l'insulto, o contumelia, merita la pena dell'inferno, secondo le parole evangeliche [ Mt 5,22 ]: « Chi dice al suo fratello: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geenna ».

Perciò l'insulto, o contumelia, è un peccato mortale.

Dimostrazione:

Come si è già detto [ a. prec., ad 1 ], le parole possono danneggiare il prossimo non in quanto sono dei suoni, ma in quanto significano qualcosa.

Ora, questo significato dipende dagli affetti interiori.

Perciò nei peccati di parola si deve considerare specialmente con quali disposizioni d'animo uno si esprime.

E poiché l'insulto, o contumelia, per sua natura implica una menomazione dell'onore, se l'intenzione di chi lo esprime è quella di distruggere con le parole l'onore di una persona, allora si ha propriamente e direttamente un insulto, o una contumelia.

E questo è un peccato mortale non meno del furto o della rapina: una persona infatti ama il proprio onore non meno dei suoi beni materiali.

Se invece uno dice parole di insulto o di contumelia senza l'intenzione di disonorare il prossimo, ma o per correggere o per altre cose del genere, allora egli dice una contumelia non formalmente e propriamente, bensì per accidens e solo materialmente, cioè in quanto usa un'espressione che potrebbe essere un insulto o contumelia.

Per cui in certi casi questo fatto può dar luogo a un peccato veniale; e in altri a nessun peccato.

- Però in questi casi occorre discrezione, in modo da fare uso di queste parole con moderazione.

Poiché l'insulto potrebbe essere così grave da compromettere, sebbene venga inflitto per leggerezza, l'onore di chi è insultato.

E allora uno potrebbe peccare mortalmente anche senza l'intenzione di disonorare una persona.

Come non è esente da colpa chi nel colpire un altro per gioco lo ferisce gravemente.

Analisi delle obiezioni:

1. Rientra nella virtù dell'eutrapelia il dire qualche leggero insulto non per disonorare o contristare la persona colpita, ma per ricreazione e per gioco.

E ciò può essere fatto senza peccato, osservando le debite circostanze.

Se però uno non teme di contristare chi è oggetto di tali contumelie giocose pur di far ridere gli altri, allora si ha un atto peccaminoso, come nota lo stesso Aristotele [ ib. ].

2. Come è lecito percuotere o privare di qualcosa il prossimo per correggerlo, così per lo stesso motivo gli si possono rivolgere parole ingiuriose.

Ed è per questo che il Signore chiamò stolti quei discepoli, e l'Apostolo chiamò stolti i Galati.

- Tuttavia, come nota S. Agostino [ De serm. Dom. in monte 2,19.63 ], « si devono usare i rimproveri raramente e per gravi motivi, e non con l'intenzione di imporci, ma per l'onore di Dio ».

3. Siccome il peccato di insulto o di contumelia dipende dall'animo di chi lo esprime, può capitare che si tratti di un peccato veniale se si tratta di un insulto leggero che non disonora gravemente, e viene proferito per leggerezza o per un lieve moto d'ira, senza il fermo proposito di umiliare una persona: come quando uno mira soltanto a mortificarla lievemente.

Indice