Summa Teologica - I-II

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Articolo 4 - Se un peccato veniale possa divenire mortale

Infra, a. 2, 6; In 2 Sent., d. 24, q. 3, a. 6; d. 42, q. 1, a. 4; De Malo, q. 7, a. 3

Pare che un peccato veniale possa divenire mortale.

Infatti:

1. S. Agostino [ In Ioh. ev. tract. 12 ], commentando quel passo di S. Giovanni [ Gv 3,36 ]: « Chi non obbedisce al Figlio non vedrà la vita », scrive: « i peccati più piccoli », cioè quelli veniali, « se vengono trascurati uccidono ».

Ma un peccato viene detto mortale per il fatto che uccide spiritualmente l'anima.

Quindi un peccato veniale può divenire mortale.

2. Si è visto sopra [ q. 74, a. 8, ad 2 ] che un moto di sensualità prima del consenso della ragione è peccato veniale, mentre dopo il consenso è peccato mortale.ù

Quindi un peccato veniale può divenire mortale.

3. Il peccato veniale e quello mortale differiscono, come si è detto [ a. 1 ], come una malattia curabile e una incurabile.

Ora, una malattia da curabile può divenire incurabile.

Perciò un peccato veniale può trasformarsi in mortale.

4. Una disposizione può divenire abito.

Ma un peccato veniale è disposizione al mortale, come si è dimostrato [ a. prec. ].

Quindi un peccato veniale può divenire mortale.

In contrario:

Cose che differiscono infinitamente tra loro non possono mutarsi l'una nell'altra.

Ma il peccato mortale e quello veniale differiscono tra loro in questo modo, come sopra [ q. 72, a. 5, ad 1; q. 87, a. 5, ad 1 ] si è dimostrato.

Quindi un peccato veniale non può divenire mortale.

Dimostrazione:

In tre modi si può intendere il cambiamento di un peccato veniale in mortale.

Primo, nel senso che un identico atto prima è peccato veniale e poi mortale.

E ciò è impossibile.

Poiché il peccato, come ogni atto morale, consiste principalmente nell'atto della volontà.

Per cui non si può parlare di un'unica azione morale se la volontà cambia, anche se l'azione ha una continuità fisica.

Se poi la volontà non cambia, è impossibile che un peccato veniale divenga mortale.

Secondo, si può intendere nel senso che quanto nel suo genere è veniale può divenire mortale.

E ciò è possibile: o perché si ripone in esso il fine ultimo, o perché viene indirizzato a un peccato mortale, secondo le spiegazioni date [ a. 2 ].

Terzo, si può intendere nel senso che più peccati veniali possono costituire un peccato mortale.

E questo, se lo si intende nel senso che da molti peccati veniali messi insieme si forma un peccato mortale, è falso.

Infatti tutti i peccati veniali del mondo non possono raggiungere il reato di un solo peccato mortale, come è evidente in base alla durata della pena: infatti il peccato mortale merita una pena eterna, mentre il peccato veniale, come si è detto [ q. 87, aa. 3,5 ], merita una pena temporale.

Ed è evidente anche in base alla pena del danno: poiché il peccato mortale merita la perdita della visione di Dio, alla quale nessuna pena è paragonabile, come dice il Crisostomo [ In Mt hom. 23 ].

È evidente infine anche in base alla pena del senso, quanto al verme della coscienza: sebbene quanto alla pena del fuoco le pene non siano del tutto incomparabili.

- Se però ciò viene inteso nel senso che molti peccati veniali producono una colpa mortale come disposizioni, allora può essere vero, come si è visto sopra [ a. 3 ], in base alle due maniere in cui un peccato veniale può disporre al mortale.

Analisi delle obiezioni:

1. S. Agostino intende parlare nel senso che molti peccati veniali predispongono al mortale.

2. Quel moto di sensualità che ha preceduto il consenso della ragione non potrà mai diventare un peccato mortale, ma potrà diventarlo solo l'atto della ragione che vi acconsente.

3. Una malattia corporale non è un atto, ma una disposizione continuata: perciò, pur restando la stessa, può mutare.

Invece un peccato veniale è un atto transitorio, che non può essere ripetuto.

E da questo lato non c'è somiglianza.

4. La disposizione che diviene abito è come un'entità imperfetta della medesima specie: come diviene abito la scienza imperfetta che si perfeziona.

Invece il peccato veniale è una disposizione di genere diverso, come l'accidente rispetto alla forma sostanziale, nella quale non potrà mai trasformarsi.

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